LA VITA REGIONALEPerché soffre la BasilicataIl malanno più grave di cui soffre la Basilicata è la povertà dipendente dalle magrissime risorse del proprio territorio,vasto fin che si vuole, ma pochissimo suscettibile di produzioni copiose e costanti. Perché queste affermazioni non siano giudicate la espressione del convincimento di persona per natura incline al pessimismo, ma siano riconosciute conformi a verità, basterà una succinta documentazione statistica. La produzione agrariaIl valore attuale complessivo della produzione lorda agraria italiana è valutato dal Serpieri in 36 miliardi. Il Franciosa, limitando il calcolo di valutazione ai prodotti principali delle colture erbacee ed arboree, arriva invece a 26 miliardi, perché nel computo non comprende i prodotti delle industrie agricole da cortile (pollame, ecc.), e i prodotti delle piante legnose da frutto minori. Con tale procedimento, facile del resto a ripetersi, il Franciosa arriva per la Basilicata a 427 milioni di lire. Arrotondando pure a 450 milioni, per rendere la cifra confrontabile col computo Serpieri, si può giungere a conclusioni interessanti, che giova esaminare separatamente. ***
La media produzione lorda agraria del Regno è di circa 140 mila lire per ogni cento ettari di superficie agraria e forestale; la produzione media della Basilicata è invece di lire 47.500 circa, sempre per ogni chilometro quadrato di superficie. La Basilicata cioè produce la terza parte in media in confronto alla produzione del Regno, e non ha altre risorse che quelle della sua misera agricoltura! Quanto misera e anemica sia l'economia rurale (e quindi generale, perché mancano industrie manifatturiere ed anche l'artigianato vi ha poca importanza) della Basilicata, in confronto ad altre regioni, lo dicono le poche cifre e i confronti seguenti: La Liguria, che è una tipica regione industriale e commerciale, con 372 mila ettari di superficie agraria e forestale, in gran parte collinare e accidentata, dà una produzione agraria lorda complessiva, a detta del Franciosa, di 400 milioni, cioè poco meno della Basilicata, che pure è tre volte più vasta, e non tenendo conto alcuno dei fiori e delle frutta minori che pure tanta importanza hanno in Liguria! Una regione di pianura fertile come l'Emilia, avente un clima con pioggia estive, ha una produzione lorda complessiva di circa 3 miliardi, ossia di 170 mila lire per ogni cento ettari, il che è quanto dire 4 volte la Basilicata! La Sardegna, che è una tipica regione pastorale e rurale (a parte la zona mineraria dell'Iglesias), dà una produzione lorda complessiva di 700 milioni circa, ossia lire 55.000 per ogni cento ettari: produzione sensibilmente superiore a quella di Basilicata, con l'aggravante che nei computi del Franciosa non è valutato affatto il reddito del pascolo permanente, che rappresenta nientemeno che il 78 per cento della superficie agraria e forestale in Sardegna, mentre non è che il 40 per cento in Basilicata; con l'aggravante ancora che in Basilicata vi sono 50 abitanti per ogni 100 ettari, mentre in Sardegna non ne vivono che 37 nello stesso spazio. Invece nei documenti ufficiali del Ministero delle finanze si continua purtroppo a commisurare la potenzialità economica delle regioni italiane al loro territorio. Quale iniquità risulti, per le regioni poverissime come la Basilicata, un tal modo di procedere, lo si può vedere subito tenendo presente queste sole cifre ricavate da quelle più sopra citate. Per territorio, la Basilicata, coi suoi 952.000 ettari di superficie agraria e forestale, rappresenta una ventesima parte circa di quelle del Regno (vecchi confini); la sua produzione lorda complessiva, anche arrotondata ulteriormente al limite non raggiungibile di 500 milioni, si ragguaglia a mala pena a una settantaduesima parte della produzione totale del Regno. ***
E perché il quadro della povertà sia completo, occorre aggiungere, anche per sfatare la leggenda che vi siano ricchezze inoperose amanti dei quieti impieghi, i seguenti dati e confronti: Risparmio delle Casse postali e ordinarie: media per ogni abitante del Regno lire 364; della Toscana lire 527; della Lombardia lire 528; del Piemonte lire 655; media per ogni abitante della Basilicata lire 280. I prestiti nazionali di guerra ebbero un investimento medio per ogni abitante del Regno di lire 761; dell'Emilia di lire 689; del Piemonte di lire 1059; della Lombardia di lire 1420; della Liguria di lire 2172; della Basilicata di lire 267. Di buoni del tesoro possedevano in media al 31 ottobre 1923 ogni abitante del Regno L. 959, del Piemonte lire 1344, della Lombardia lire 2261, della Liguria 2612, della Basilicata 73. La pressione tributariaUna regione tanto povera é soffocata dal peso complessivo dei tributi erariali e locali; tira innanzi, ma senza poter rinascere, unicamente in forza della proverbiale frugalità dei suoi abitanti. Sopratutto l'attaccamento che conservano verso la terra nativa i moltissimi basilicatesi viventi all'estero, fa si che notevolissimi siano e continui i sussidi che arrivano in patria, perché possa vivere chi é rimasto... La pressione tributaria è greve, oggi più di ieri: sono quasi 30 milioni annui che vengono sottratti dallo Stato e dai Comuni, cioè una sensibile parte di quello scarso capitale liquido che dovrebbe servire ad iniziare i necessari miglioramenti agrari. E, purtroppo, si minaccia alla provincia di Potenza un nuovo salasso. ***
Il tributo fondiario erariale, portato già alla cifra complessiva di lire 2.693.022, sarà ulteriormente elevato con la compiuta revisione degli estimi catastali? Se, come pare, l'imponibile complessivo si è creduto di potere aumentare quasi del 50 per cento (ecco il vantaggio fiscale di avere avuto il catasto del 1866!...), giustizia vuole che si abbassi l'aliquota in modo almeno da non aumentare l'attuale tributo erariale. Se veramente si arrivasse, portando l'imponibile dai 12 milioni attuali ai 18 milioni lire oro, da moltiplicarsi per 4, se non per 5, per avere lire carta, arrivando a 72 e forse anche a 90 milioni di lire carta, anche applicando l'aliquota dell'8,80 per cento, si verrebbe a triplicare e a quadruplicare l'attuale imposta erariale. Sarebbe la fine della terra di Basilicata! Chiedere un trattamento speciale di giustizia, non di favore, per ciò che riguarda l'aliquota nuova da applicarsi agli estimi aggiornati, vuol dire consentire alla terra di Basilicata, che deve pur sopportare gli altissimi pesi dei tributi locali, di non essere soffocata del tutto. ***
Una speciale considerazione richiede la nuova imposta sui redditi agrari, la quale per il modo come si è voluta applicare, minaccia di minare alla base il progresso agricolo della regione, già stentato e difficile. Dalle stesse cifre ufficiali risulta ben chiaro che il fisco si è accanito proprio sopra quegli agricoltori (proprietari conduttori diretti, coloni compartecipanti), i quali si sarebbero dovuti invece premiare per il loro interessamento personale alla produzione, sacrificandosi a vivere in campagne desolate e prive di qualsiasi conforto di vita civile. Se il problema non meno importante è di sfollare i luridi centri abitati, inducendo i proprietari di ceto civile e contadini a vivere sulla terra che coltivano per ottenere maggiori produzioni (quando però la malaria non li decimi), il nuovo balzello che si è abbattuto sull'agricoltura, colpendo di preferenza il proprietario che coltivi i proprii fondi e il contadino che si è stabilito in campagna a coltivare come colono un podere che si avvia a una graduale intensificazione culturale attraverso difficoltà di ogni genere, il nuovo balzello recide proprio alla radice il progresso agricolo. Bisogna non conoscere per niente la mentalità del contadino, per non comprendere l'influenza deleteria di una tassa che grava su una minoranza esigua di loro, i pionieri del progresso, e non già sui profitti più o meno reali, conseguiti o da conseguire, ma sul frutto del proprio lavoro! E' una iniquità vera e propria. Rinunci lo Stato a colpire i 12.109 agricoltori, di cui 744 coloni, con la nuova tassa fruttante al fisco lire 1.292.160, e farà opera di pura giustizia. Eviterà di punire, anziché premiare, i più meritevoli agricoltori, grandi e piccoli, di Basilicata, e favorirà maggiormente la trasformazione della cultura agricola da intensiva e discontinua in continua ed intensiva. ConclusioneLe rapide note che precedono ci inducono alle stesse conclusioni che gli scrittori meridionali espongono da anni, seguendo l'esempio del più forte e del più appassionato di loro, il senatore Fortunato. La Basilicata (lo stesso deve dirsi del Mezzogiorno intero) può rinascere soltanto se potrà risparmiare d'iniziare e condurre a termine le costose trasformazioni agrarie. Però ogni speranza di risparmio e quindi di rinascita è vana fino a che la politica tributaria italiana graverà come una cappa di piombo sulla produzione agricola, e fino a quando la protezione accordata a tutte le industrie, elevando eccessivamente il costo di quello che i produttori agricoli debbono comprare, dagli attrezzi alle macchine e alle vesti, inciderà profondamente lo scarso reddito. Per ora, tutto il resto é parola. EUGENIO AZIMONTI
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