LA POLITICA SCOLASTICA DEL FASCISMO
L'insegnamento religioso
Ormai tutti, io credo, siam d'accordo con Benedetto Croce nel ritenere che per adesso in Italia la questione dell'insegnamento religioso non sia una questione di filosofia e neanche una questione di pedagogia, ma sia invece unicamente una questione di politica.
La presenza del catechismo tridentino nella Scuola di Stato, non sarebbe, insomma, altro che un pretesto: come un pretesto è la precedenza del matrimonio civile su quello religioso, pretesto lo stato civile, pretesto la "chinea", pretesto il modo e la precedenza delle "investiture": tutti pretesti più o meno futili: la vera, la grande questione è ancora quella secolare della competizione fra Impero e Chiesa. Investitura, cavalli, registri, campanello del S. Viatico, catechismo sono simboli o imprese o leggende, o "atti o corpi che hanno naturali rapporti" all'idea, unica dominante in questo problema, della contesa di supremazia fra Impero e Chiesa. E' la lotta delle investiture che continua attraverso i secoli, sempre quella in modi diversi; e dei due competitori la Chiesa si presenta in lizza sempre la stessa, unica e immutata di poco, mentre al posto dell'Impero è l'astrazione internazionale dello Stato laico, concretata nelle realtà nazionali dei singoli stati moderni, imbelle come tutti gli organismi associati, potente come tutte le astrazioni e le universalità.
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Questa competizione, come ognuno sa, è capace di tre soluzioni precise e radicali, due medioevali e dispotiche, una moderna e liberale: la soggezione della Chiesa all'Impero (Enrico III) - la soggezione dell'Impero alla Chiesa (dictatus Papae) - la separazione della Chiesa dallo Stato (Combes). Veramente vi è pure una quarta di soluzioni, quella cosidetta conciliatorista, tornata ora di moda in Italia (il nome da mettersi in parentesi me lo suggerisca l'intelligente lettore); ma codesta è una roba tutta da ridere, e noi, che siamo per natura nostra piuttosto propensi a malinconia, non intendiamo occuparci, in questa lugubre rivista, di cose tanto sollazzevoli.
Le soluzioni radicali di questioni cosiffatte ognuno sa che non sono, in pratica, possibili, e che, ad ogni modo, non sono durature; quasi sempre la secolare questione fra Chiesa e Impero fu risolta con dei compromessi o concordati, stretti tra le due parti stanche di lotta, e firmati con il tacito mutuo proponimento di osservarli il meno possibile e di violarli e lacerarli alla prima occasione. Nella alterna vicenda della competizione succede talvolta che l'uno dei due avversari impedito o distratto in qualche modo, si mostra all'altro meno vigile e temibile, ed allora questo s'arrischia sul luogo del vicino nemico: una zolla oggi, un solco domani, gl'invade il campo e il dominio; su dura l'impedimento e prevede un pericolo da un'altra parte, il defraudato e conculcato tollera, finge di non vedere e, in attesa di rivalersi, sopporta, tacendo, soverchierie; ma una cosa non s'induce mai a fare nè l'uno nè l'altro dei due avversari, per quanto miserabili e precarie sien le sue condizioni: la rinunzia esplicita a' suoi diritti, il riconoscimento giuridico della spogliazione; quando o Stato o Chiesa in un pubblico documento riconoscessero comunque una, sia pur lievissima, rimozione, del "termine", per questo solo sia lo Stato che la Chiesa firmerebbero, come potenze, il loro atto di morte.
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La lotta fra Stato e Chiesa continua, abbiamo detto, anche ora e la questione del cosidetto insegnamento religioso ne è un episodio. La soluzione radicale, e, per noi laici, ideale, di questa subordinata questione è, si capisce, quella moderna o liberale della separazione, della "mutua ignoranza": "io Stato, nella scuola mia, insegno a leggere, scrivere e procedere da galantuomo, tu Chiesa, nel tuo tempio, fai pregare: tu pensi al mondo di là, io penso al mondo di qua, e siamo pari". Ciò posto ci affrettiamo a riconoscere che una soluzione cosiffatta forse non è de hoc mundo, e che ad ogni modo, nell'ora che volge, lo Stato laico in Italia non è in grado di fare il valente di fronte alla Chiesa, la quale invece, per molte ragioni, si trova ad essere, come antagonista, "in buona forma". E' innegabile però che della questione dell'insegnamento religioso nel 1923 in Italia lo Stato poteva offrire alla Chiesa diverse soluzioni, le quali, pur essendo per la Chiesa tutte quante vantaggiosissime, non venivano a costituire per lo Stato laico una rinuncia ai più gloriosi attributi della sua, non dico sovranità, ma indipendenza.
Poteva, per esempio, lo Stato, come aveva per l'educazione fisica costituito un E. N. E. F., così promuovere per l'educazione religiosa la costituzione di un E. N. E. R., di un ente, cioè il quale provvedesse, in sede idonea, a impartire l'insegnamento religioso riconosciuto dallo Stato come obbligatorio, ed a rilasciare di questo ottenuto insegnamento un certificato, dichiarato dallo Stato indispensabile per il conferimento del titolo di proscioglimento. Poteva lo Stato ristabilire l'insegnamento religioso nelle magistrali e nelle università, in modo da crearsi lui i suoi maestri di religione per le sue scuole. Poteva, perfino lo Stato far questa dichiarazione: "io rinuncio, per ora, ad impartire direttamente l'insegnamento elementare e delego a ciò, io Stato, delle associazioni culturali presiedute sia pure dai Vescovi e amministrate sia pure dai parroci. Queste ed altre soluzioni poteva scegliere lo Stato, le quali sarebbero state tutte, o più o meno, un ritorno a tempi che si ritenevan per sempre passati, ma per le quali lo Stato avrebbe pur mantenute intatte le sue prerogative di nominare senza altrui controllo i proprii funzionari, o di delegare, spontaneamente e revocabilmente, una delle sue funzioni ad un ente da lui riconosciuto come suo vicario.
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Qual'é invece la soluzione che della delicatissima quistione ha escogitata e attuata - o accettata e subita? - lo Stato fascista nell'Italia del 1923? La risposta è nell'articolo 3 del famoso R.D. 1° ottobre 1923. Il quale articolo incomincia così: "A fondamento e coronamento della istruzione elementare in ogni suo grado è posto l'insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta nella tradizione cattolica" e finisce così: "Per l'idoneità ad impartire l'istruzione religiosa così dei maestri come delle altre persone il R. Provveditore agli Studi si atterrà al conforme parere della competente Autorità Ecclesiastica". Il che praticamente significa che ormai, in Italia, un maestro elementare, formato nella scuola di Stato, eletto dopo un esame di Stato, nominato in una scuola dello Stato, potrà dallo Stato essere ammesso a impartire in questa scuola l'insegnamento che è "fondamento e coronamento della istruzione elementare", solamente quando a ciò sia stato riconosciuto idoneo... dal Vescovo del luogo: se no, no; se non avrà la fede di battesimo, il certificato di moralità cristiana, l'attestato d'idoneità rilasciato dalla Curia, l'ottimo dei maestri italiani non potrà né fondare nè coronare il suo insegnamento in una scuola ormai del tutto "statizzata", e se il Vescovo, poniamo di Santa Severina, dichiarerà, puta caso, che secondo lui nessuno dei maestri insegnanti nella sua diocesi è idoneo a impartire l'insegnamento religioso, nessuno di quei maestri di Stato sarà dal R. Provveditore agli Studi di Cosenza ammesso a insegnar nello scuole di Stato la materia dichiaratevi fondamentale.
Fra otto secoli lo storico d'Italia racconterà come in Italia, otto secoli dopo il concordato di Worms, sessantadue anni dopo la fondazione del Regno d'Italia, essendosi, nell'universal debolezza, una fazione impadronita a mano armata del governo, questa stessa fazione, per assicurarsi poi in definitiva il potere così ghermito, fece intervenir ancora una volta nelle cose secolari della sua patria, il braccio ecclesiastico, a cui concesse, in compenso dell'ottenuto sussidio, il diritto di investitura degli educatori nazionali.
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M'han detto, certi amici, ch'io sono un esagerato. La cosa mi ha tanto impensierito, che se una volta, prima di dire o scrivere una cosa io ci pensavo sette volte, adesso, dopo quel rimprovero, io ci penso sette volte sette. Su questa poi io ci ho pensato ancora di più: ho interrogato congiunti, amici, colleghi: e insomma più la guardo e più la riguardo e più mi par grossa. Grave per sé mi appare, come ho già spiegato: grave più ancora se, invece di considerarla per sé sola, la metto in rapporto con altri significativi episodi della recentissima storia d'Italia: p. es., discorso Mussolini alla Camera in cui è riaffermato e ribadito un principio che già nel '48 in Piemonte era parso a troppa gente una rinunzia ad una delle più grandi conquiste del secolo: "religione dello Stato è la cattolica, gli altri culti saranno tollerati" - ricostituzione, sotto gli auspicii del Governo Nazionale, di un movimento politico cattolico clericale contrapposto al movimento popolare - salvataggio fatto, con danari della Nazione, di un istituto di credito confessionale, finanziatore di organismi giornalistici ed economici e politici di marca clericale - discorso del Cardinale Vannutelli, con relativa esaltazione di "chi per qualità eminenti d'uomo di governo, per lucido intelletto, per incrollabile energia, è designato ad essere il principale fattore della comune salvezza" - allocuzione del Re di Spagna al Pontefice in Vaticano, in cui l'ospite angusto parla, nella capitale del Regno d'Italia, di "nuove crociate per la nostra Santa Religione".
Fatti specifici, a cui risponde, fatto più grave di tutti, un offuscamento generale del senso laico, così grave che p. es.: in un convegno antiblasfemo, a cui partecipavano anche dei liberali, rievocati i tempi leggiadri in cui ai bestemmiatori si strappava la lingua, dai presenti fu riconosciuta, fra l'altro, l'opportunità che la bestemmia fosse nuovamente perseguitata legalmente come delitto; e, a fare un altro esempio, in un giornale veramente liberale uno scrittore giungeva a proporre, con la massima indifferenza, che, per ragioni di economia, si tornasse ad affidare ai parroci nientemeno che la tenuta dei registri di stato civile - la quale eclissi di senso "laico" non è, come ognun capisce, che un lato dell'altro più vasto fenomeno del progressivo ottundersi del senso "liberale" in Italia.
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E ancora, quei tali episodi di politica interna italiana potrebbero essere ritenuti come meno preoccupanti se risultasse evidente che essi sono sintomi di un male locale, nostro, particolare, il quale, non avendo altre rispondenze nell'organismo europeo, finirà con guarire da sé, come son guariti tanti altri malanni nostrani. Invece il guaio si è che queste interferenze di potere religioso e di potere laico in Italia non sono, a rigore, un fatto di politica interna, come non è un fatto di politica interna il prepotere delle nostre correnti nazionalistiche: l'una cosa e l'altra sono, come è risaputo, fatti di politica internazionale, e, come il trionfo del nazionalfascismo in Italia forma catena con altrettanti avvenimenti svoltisi, o prima o poi, in Inghilterra, in Francia, in Ungheria, in Bulgaria, in Baviera, in Ispagna, ecc., così la ripresa di politica attiva cattolica in Italia forma sistema rigido con altri grandiosi avvenimenti di politica internazionale, quali, per esempio, il tentativo di una riorganizzazione della Germania da parte della cattolica Baviera - il sorgere d'una ipertrofica Polonia cattolica fra la Germania protestante e la Russia tra ortodossa e bolscevica - il dissolversi della monarchia austriaca, cattolica ma giuseppina, in una pluralità di staterelli ancora cattolici ma non più... giuseppini - e una certa misteriosa rinnovazione d'azione gesuitica e controriformistica - e certe autorevoli dichiarazioni sulla opportunità che la Chiesa possegga anche fuori d'Italia - e un mucchio di altri fatti insomma, più o meno appariscenti, ma che sono tutti indizi di un rinnovato fervore di attività politica da parte della Chiesa Cattolica.
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Insomma, devo dir la parola? a me par di vedere ormai chiaro e lampante che la Chiesa va ricostituendo in Italia e fuori il suo bravo e fiero Potere Temporale: il quale, di fatto, col 1870, non è stato abolito, ma si è solamente trasformato, rammodernato.
A pensare che ogni questione di potenza sia anzitutto una questione di territorio credo che oramai al mondo non ci sia più che i nazionalfascisti italiani: certo la Chiesa Cattolica questa idea l'ha messa in disparte da un pezzo: essa parla ancora di tanto in tanto della questione di Roma, "colui che detiene", "l'infausto XX Settembre", ecc., ma queste non sono che finte per distrarre l'avversario e tenerlo alla posta sulla "Roma intangibile"; anche gli Ebrei parlano di Sion e lasciano che viva un certo movimento sionista, ma il loro potere temporale se lo sono saldamente costruito nei secoli in altri luoghi ed in altri modi; dopo il 1870, ben presto anche la Chiesa di Roma si è messa per questa via, ponendo intanto a profitto da pari sua, la lezione del materialismo storico; e pur seguitando a parlare e a lasciar parlare - della sua Sion, città Leonina, accesso al mare, palazzi apostolici, ecc., ha atteso a ricostruirsi e ad ampliarsi, altrove e altrimenti, il suo nuovo impero temporale. Elusione della legislazione laica, ricostituzione di mani-morte, azioni di congressi, giornali, banche, organizzazioni bianche, asili, scuole, università, che cosa è appetto a tutto questo modernissimo impero l'antico e misero e fragile Stato Pontificio?
Avete visto, per rimanere in Italia, che cosa ha fatto il Vaticano quando la giolittiana nominatività dei titoli minacciava per lo meno di inventariare tanta parte di codesto ricostituito impero temporale economico? Ha fatto intervenire i suoi organi ufficiali, cosa inaudita, con una nota personale destinata a silurare Giolitti e ad impedirgli, con un ritorno al potere, la attuazione definitiva di quella legge.
Altro che "Roma intangibile"! Tutta la Città Leonina con i relativi trasteverini sarebbe il caso di regalare alla Chiesa, solo che essa fosse disposta a far il cambio con quell'altro "Patrimonio", che in questo mezzo secolo si è venuta adagio adagio ricostituendo, anche solo in Italia, all'ombra dell'odiato stato laico!
Ed ora pare che lo stato di fatto, in questo campo, si voglia costituire in stato di diritto; indizi di questa tendenza in Italia sono gli episodi che ho elencati più sopra; sintomo, a parer mio, gravissimo fra tutti, la disposizione dell'articolo terzo del R. D. 1 ottobre 1923, per cui il riconoscimento della idoneità del maestro di Stato a impartire l'insegnamento fondamentale nella scuola di Stato spetta in Italia alla "competente autorità ecclesiastica".
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È l'eterno pericolo, non mai svanito del tutto, e dopo la guerra aggravato, d'un ritorno offensivo dell'idea papale, teocratica, contro l'idea laica, liberale. Riparo contro questo pericolo, dice la storia, la Riforma. La quale Riforma se è, insomma, fusione di idea cristiana e di idea liberale, nell'Italia del dopoguerra poteva apparire ben rappresentata dal popolarismo, in quanto era contaminazione di cristianesimo e liberalismo (Sturzismo) e in quanto era contaminazione di cristianesimo e di socialismo (Migliolismo).
I governi imbelli del dopoguerra il pericolo lo avevano capito, e ne avevano anche, più o meno consapevolmente, escogitato il rimedio, col favorire il partito popolare nel tentativo di "svuotare" il cattolicismo del suo contenuto politico immettendo, senza riserve, nella vita dello stato laico e liberale italiano le forze prima irregimentate a esclusivo servizio della potenza cattolica.
Il governo forte, il governo della Marcia, il governo Nazionale, cercando ansiosamente aiuti alla sua impresa contro lo Stato liberale in tutte le forze reazionarie nazionali ed internazionali ed extranazionali, ha cercato e in parte ottenuto anche l'aiuto della Chiesa Romana: in compenso à fatto ad essa, a tutto detrimento della forza e autonomia dello Stato, quelle tali concessioni che abbiam detto; in compenso ha cercato di stornare dalla Chiesa il pericolo di quell'unica Riforma possibile, per ora, in Italia, rappresentata dal movimento della democrazia cristiana animatore del popolarismo più autentico. Nessuno dai tanto vituperati governi che l'Italia ebbe prima dell'Ottobre del '23, a risalire fino al marzo 1861, aveva mai dato segno di tanta debolezza e di così poca accortezza di fronte alle pretese e alle rivendicazioni della Chiesa Romana.
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Abbiamo voluto, cogliendo l'occasione di questa rassegna sulla politica scolastica del fascismo, illustrare la condotta del fascismo di fronte alla Chiesa, non per ispirito di settarismo, a cui noi siamo per indole e per origine repugnantissimi, ma per fedeltà al nostro programma, che è di preparare in Italia una riscossa di spirito liberale e moderno, e di indagare fino a che punto, nei vari campi, si sia col 1861 compiuta in Italia la rivoluzione liberale.
Questo, anzitutto; ma poi, siccome noi non vogliamo essere soltanto degli storici, ma siamo anche, purtroppo, dei politici, abbiam voluto dir queste cose non ieri, né domani, ma oggi, perché proprio oggi, annunziandosi nella metereologia politica internazionale un cambiamento notevole di tempo, anche in Italia sono visibili le manovre di chi, avendo gonfiate le sue vele coi venti che soffiavan a destra, non sarebbe neanche malcontento di tenderle o prima o poi anche ai venti che tornassero a soffiar verso sinistra.
C'è in Francia un uomo di Stato che, dopo esser stato a capo di una coalizione di destra, ora mostra di voler armeggiare in modo da farsi ritrovare, quando il vento sarà voltato, ritto e stabile sulle sue antiche posizioni di sinistra: ma quest'uomo in un punto non ha mai fatto concessioni alle correnti di destra: sulla questione dei rapporti dello Stato con la Chiesa; per la fedeltà che ha serbato a questa essenzialissima parte del programma liberale potrà forse Raimondo Poincaré, rifattasi una verginità politica, tornare ad esser gran parte di un governo di sinistra; ma chi, fuori di Francia, ha tradito anche su quella questione, l'idea dell'Impero, non dovrebbe più, a nostro modo di vedere, nutrire di queste speranze.
Ma l'Italia è un paese che ha così poca memoria!
Lo ha ripetuto, anche recentemente, Benito Mussolini.
AUGUSTO MONTI.
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