LA FILOSOFIA DI UN
FASCISTA MANCATO

I.

    È sorta una Lega Democratica. È sorta a Roma, vicino a Montecitorio, dopo che si é chiusa la sessione parlamentare. I maligni vogliono che sia il tentativo di salvataggio di Bonomi per le prossime elezioni. Altri vedendo che della nuova Lega é diventato organo il giornale romano L'Azione, settimanale di politica e di teatro e in buona parte antologia di scritti già pubblicati, parla addirittura del prolungamento di una azienda giornalistica. Queste malignità fanno sdegno: chi conosce l'animo nobile e sopratutto candido di Quadrotta fa fede che egli é incapace, per natura di qualunque buon affare.

    No, la Lega Democratica di Bonomi e di Quadrotta "vuol raggruppare energie di pensiero e di azione sorte nel paese", "é qualche cosa che assomiglia ad un movimento di idee, ad una corrente di pensiero". E noi siamo ingiusti a lamentarci che il fascismo non ci abbia almeno liberato da Bonomi e dagli altri politicanti. Noi non abbiamo visto quale stoffa di teorico ci fosse in questo presidente fallito, in questo collaboratore mancato di Mussolini. Noi cinici crudeli constatavamo che Bonomi dall'ottobre 1922 al luglio 1923 non aveva detto una parola contro il fascismo; noi spingevamo la nostra malignità a credere che egli studiasse il tempo e i modi di offrire la sua respinta collaborazione ai nuovi signori, dei quali, per i suoi meriti dal 6 luglio 1921 al 26 febbraio 1922, lo considerammo benignamente padre putativo. Risulta che invece nella solitudine I. Bonomi studiava qualche cosa che assomiglia ad un movimento di idee. Eccoci costretti senza colpa nostra a sollevare il tono della discussione e a discorrere di idee per una materia che noi credevamo riservata alle ironie. Ma tant'è, dopo la rivoluzione fascista, attualista, dinamica, anche i giocolieri sono diventati filosofi.

II.

    "La Democrazia - incomincia il programma di Bonomi - ricorda che essa volle l'intervento italiano nella grande guerra non soltanto per compiere l'unità della Patria, ma anche per sconfiggere la concezione imperiale di Stati militaristici, che minacciavano le democrazie occidentali". Qui c'è tutta la filosofia della storia di I. Bonomi, autore delle Vie nuove dei socialismo, ministro della guerra con Giolitti, interventista della guerra dei tre mesi.





    Ossia I. Bonomi dimentica che la classe militarista in Germania al momento della guerra si trovava in pieno processo di decadenza, e non capisce come sia ora di smetterla coi più buffi luoghi comuni dell'interventismo socialista e mussoliniano.

    La Germania che combatteva contro di noi era la Germania democratica. Di una democrazia ben più fine e matura che non quella di Bonomi. E non si possono fissare le ragioni e le cause della guerra in modo così tendenzioso e filisteo: chi oserà distinguere il mondo degli innocenti da quello dei colpevoli? La filosofia della storia di Bonomi partecipa della mentalità faziosa di quelli che volevano processare Guglielmo II. O non sarebbe invece l'ora di recitare il mea culpa? Tutti colpevoli, tutti responsabili! Bonomi non fondava prima della guerra il partito riformista e non contribuiva, indebolendo il socialismo, a scatenare le cieche forze del nazionalismo retore e infantile?

    Ed ecco infatti che la democrazia di Bonomi predica e promuove la peggiore tattica imperialista e guerraiola giustificando l'intervento armato negli affari interni di uno Stato nel caso in cui si tratti di combattervi le classi dirigenti militariste. Proprio la tattica reciproca e identica degli Junker spodestati!

III.

    "Essa (democrazia) ricorda altresì che nel torbido dopo-guerra mantenne fede contro i traviamenti di folle illuse, al sentimento e alla pratica della libertà, combattendo ogni dittatura di classe, di partito e di fazione e ripudiando ogni appello alla violenza".

    Ecco il fascista mancato che vuol riconosciuti i suoi meriti nella lotta contro il bolscevismo! E resti intanto assodato che la democrazia di Bonomi non fa differenza tra il periodo della violenza operaia e quello delle camicie nere; non distingue tra bolscevismo e fascismo, secondo la tesi ufficiosa e prediletta di Mussolini.

    Certo la democrazia di Bonomi é quella, candida ed evangelica, dell'uomo naturalmente buono: la rivoluzione francese é stata per nulla; ed é troppo sottile distinguere tra la violenza in cui si realizza un'idea o trionfa una rivendicazione e la rivolta di una turba di reduci disoccupati. Bonomi mette sullo stesso piano la rivoluzione e il manganello.





IV.

    Questa, ora detta, é la filosofia e la storia democratica. In pratica la Lega si propone "nel campo della politica internazionale di propugnare tutte quelle soluzioni che possono ridare tranquillità e continuità alla grande opera di ricostruzione a cui i popoli, nessuno escluso, debbono collaborare con uno spirito di sincera pacificazione". Dove vedete un wilsonismo che fa onore a colui che nel 1919 fece solenne sacrificio di tutto il suo wilsonismo e di tutta la devota amicizia a Bissolati per la dura e disinteressata responsabilità del ministero dei lavori pubblici. La pacificazione deve essere sincera: è ammesso l'esame di coscienza con tutte le forme costrittive che permettono di constatare tale sincerità!

    Con queste premesse la lega democratica e l'Azione (che nel 1919 aveva come corrispondente da Fiume il nazionalista N. Fancello) si dichiareranno fautrici della politica ricostruzionista e tanto più ortodossi quanto più esigeranno di sincerità. Come, ahimè, far intendere che la sincerità qui non entra per nulla e che la politica ricostruzionista ha un senso per la sua necessità europea che s'impone a tutte le volontà dei singoli e fa a meno di esami di coscienza? Il fatto é che Bonomi scelse come suo ministro degli esteri la real-politik in persona: il marchese Pinocchio, il diplomatico Della Torretta!

V.

    Giova sperare che l'ex presidente sia stato più felice negli affari della politica interna.

    "Nel campo sociale difendere il diritto di tutte le classi e tutti i ceti alla libertà della loro organizzazione sindacale, la quale, pur nella sua piena autonomia, deve educarsi a riconoscere i limiti della propria azione nell'eguale diritto delle altre organizzazioni e nella saldezza e prosperità della Nazione".

    Giustizia sociale! Ahimè! i limiti della propria azione sono nell'azione degli altri; l'iniziativa e il contrasto sono i soli giudici e i soli maestri autorizzati. Si possono migliorare i conflitti delle classi: per esempio i conflitti in Inghilterra si svolgono su un piano diverso dai conflitti italiani. Ma questo é problema di stile e lo stile non si impara; si conquista con gli esperimenti del'19 e del'20, tanto aborriti dai nostri democratici. Senonehé, questo é il punto, i democratici dell'Azione pensano di avere per il loro eroico buon senso il compito di supremi correttori e di illuminati moderatori della lotta politica. Le loro simpatie sindacali? Abbiano veduto all'opera Beneduce, ministro del lavoro! L'ideale del socialista Bonomi: educare le organizzazioni proletarie, addomesticarle al sacrificio della libertà sull'altare della patria!





    "Nel campo spirituale valorizzare il sentimento di Patria e di sacrificio, che é il maggiore retaggio morale della grande guerra, educando nel popolo, con un indirizzo saggio e ponderato della scuola, il sentimento della solidarietà e del dovere".

    Educare, educare!

    Per un socialista del secolo scorso é legittima questa paura di essere creduto antipatriota. Certo a Bonomi il nazionalfascismo ha insegnato qualcosa: e invece rimane dubbio che qualcosa abbia mai capito di marxismo, quando lo vediamo esaltare la patria con modi affatto garibaldini. Se la democrazia pretende di distinguersi dagli altri partiti valorizzando il sentimento della Patria non siamo per l'appunto davanti a una pretesa di monopolio simile a quella del Fascismo? Come se in politica si trattasse di Patria e non invece di Stato, e come se lo stesso Stato non fosse precisamente il presupposto e il termine di tutti i partiti nazionali o antinazionali, democratici o assolutisti.

    Niente Stato; esiste la patria e la patria tutti la ritrovano buona madre e saggia patrona nella scuola. Diamo atto a Bonomi della franchezza. Anche per lui come per i Gesuiti la scuola deve avere un fine: deve educare alla solidarietà e al dovere; posto il fine, chi penserà più alla libertà delle coscienze? Tutti i mezzi adatti saranno per ciò stesso santificati. La democrazia di Bonomi non assomiglia incantevolmente alle paterne teocrazie? Così é quando alla scuola si vogliono dare dei compiti oltre quello che le é proprio di metter cervelli accanto a cervelli; persone di fronte a persone, e di propor loro esercizi e imporre fatiche e suscitare difficoltà. La scuola educa l'anarchico e il monarchico; chi ha e chi non ha il senso della solidarietà; nella scuola non si insegnano i doveri, anzi se ne fa la critica e al di sopra del credere si pone il discernere. Ma i democratici hanno la loro verità in tasca e vogliono il potere per dettare le scomuniche e la scuola per educare le docili teste dei sudditi.





VI

    Ultimo compito: "Nel campo politico difendere gli istituti rappresentativi e tutte le libertà garantite dalla nostra costituzione (libertà di stampa, di riunione, di associazione) che sono il presupposto necessario dei regimi democratici nei quali il Governo é espresso, è controllato, é modificato dalla libera volontà dei cittadini, non coercita da "forze armate".

    I. Bonomi fu reazionario nel Partito Socialista, quando cercò di frenare la combattività col suo riformismo conservatore. Fu reazionario nel'19 quando acconsentì, mentre ne usciva Bissolati, a far causa comune con un ministero nazionalista, complice di Clemenceau a Versailles. Fu reazionario nel' 21 quando protesse la furia fascista contro le ultime resistenze che i suoi vecchi compagni traditi un decennio prima opponevano al terrore bianco.

    Oggi I. Bonomi, democratico, vuol tornare alle antiche concezioni della sana democrazia. Il sovversivo, il redattore-capo dell'Avanti!, lancia la parola d'ordine: difendere lo Statuto! Noi faremo notare senza malignità una piccola dimenticanza: il nostro Statuto non è democratico, é albertino. È del '48. Si dà proprio il caso che la questione non sia di difendere, ma di creare. Che cosa succederà del costituzionalismo conservatore nei nostri neo-democratici? Come si regoleranno trovandosi spuntata in mano l'arma più implacabile con cui volevano perseguitare, Michelino Bianchi? Altro che Statuto! Lo Statuto poteva essere invocato da Sonnino contro i sovversivi! Il socialista ha imparato bene l'arte dall'inglese!

***

    Questo é il parto laborioso del cervello di S. E. Bonomi, ex-presidente, ex-sovversivo, ex-riformista, dopo 14 mesi di solitudine, di astinenza, di silenzio appena interrotti dalla fugace apparizione estiva di una relazione proporzionalista.

    Non dunque la nostra malignità, ma solo il nostro ingenuo ottimismo ci inducevano a credere che egli studiasse in quei mesi il tempo e i modi di offrire la sua respinta collaborazione ai nuovi signori. Francamente il nostro candore é stato deluso. I. Bonomi non ha soltanto la mentalità, ma anche l'impotenza del fascista mancato.

p. g.