SPIRITO E REALTÀ

    In un momento in cui il dovere dei partiti é di organizzarsi e di rimanere fermi alle proprie idee, alle posizioni intransigenti per creare i quadri della lotta politica di domani, il libro di Luigi Sturzo Popolarismo e fascismo riuscirà uno degli atti di coerenza e di battaglia che corrispondono allo spirito e all'educazione politica per cui la Rivoluzione Liberale da due anni lavora. Che uno dei più importanti capitoli del libro compaia per la prima volta sulla nostra rivista è dunque un fatto che ha il suo significato e il suo stile, ferme rimanendo le riserve e le obbiezioni che noi potremmo opporre alle tesi qui esposte. Ricordiamo ai lettori che il volume sarà mandato entro gennaio a tutti quelli che spediranno vaglia di lire 10 all'editore Gobetti in Torino.

    1. Della realtà fascista come di tutta la realtà umana, si può dire bene o male, secondo i punti di vista e secondo le varie fasi di questo enorme tentativo che non é senza conseguenze sulla vita del nostro Paese.

    La esaltazione giovanile e la rinascita dello spirito nazionale, così tormentato e depresso nel periodo bolscevizzante, non possono non lasciare notevoli traccie nella coscienza collettiva. Però altre notevoli traccie non buone si trovano nello spirito pubblico che, abituato nel periodo bellico alla violenza e all'uso delle armi per una causa di difesa nazionale, non prova tutta la ripugnanza morale della violenza usata in lotte interne e in conflitti economici e politici, la seminazione dell'odio e del rancore, che dalla violenza e dalla prepotenza nasce in quanti ne soffrono, non può non dare effetti perniciosi per la educazione morale e politica del nostro popolo.





    Più volte ci si domanda la ragione perché si continua e in vari luoghi si esaspera questo sistema di minacce, di violenze e di oppressione; e mentre si comprende (benché non si possa giustificare) tale metodo del fascismo prima di arrivare ad essere governo e a tentare l'assimilazione dello Stato; dopo che potere politico, militare e regio sono stati concordi nella consacrazione dell'avvenimento, e che la gran parte delle forze economiche e della stampa si sono orientate alla nuova vita, non si trova una ragione politica (se ragione vi possa esser mai) che il metodo di violenza abbia a continuare.

    Alcuno osserva che per una concezione esagerata della realtà fascista, la tendenza prevalente é quella della trasformazione totalitaria di ogni e qualsiasi forza morale, culturale, politica, religiosa in questa nuova concezione: "la fascista". E poiché le menti non si piegano né le coscienze si trasformano, é fatale che si pieghino le teste e le ginocchia con l'uso della forza esterna. In questa tendenza c'è anzitutto un errore sostanziale, quello di credere che il movimento fascista abbia una teoria che convinca le menti e attragga i cuori; pur troppo la contingenza del suo movimento é dato dalla mancanza di una concezione teorica che comunque possa attrarre le menti e disporre gli animi ad una confidenza e sicurezza nella sua realtà. Perché la realtà vera non é materia, ma spirito; non é fatto ma idea; non é corpo ma anima.

    Nessuno vuole fare il processo alle idee e alle teorie che il fascismo, dal 1919 ad oggi ha messe avanti e poi ha ritirato dalla circolazione, perché essendo esso un movimento convulso e un'espressione sentimentale di stati d'animo e di interessi contrastanti, non poteva fare altro che fissare nella sua lastra fotografica le impressioni esterne del momento, e ingrandirle sullo schermo di proiezione, per determinare la folla a suo favore.





    Oggi l'ultima forma assunta, nel periodo del primo anno di governo, é la clerico-nazonalista e la egheliana; ma ci avvertono di non essere conseguenziarii, e di non arrivare quindi a tutte le applicazioni pratiche di simili teorie, che l'indole del capo del fascismo, non comporta. Questi per giunta ha introdotto nel suo sistema il corporativismo, che é un elemento contrastante e non riducibile, come sembrò in un primo tempo, né alla dialettica della risultante del superiore interesse economico delle due classi, né alla risultante degli interessi nazionali come superiore alle ragioni della classe e dell'interclasse. Il movimento fascista ci si presenta pragmatista ed insieme egocentrico; sperimentale ed insieme egheliano; personalista ed insieme totalitario; perciò nega la libertà e ne conserva una particella; combatte la democrazia, e non sopprime il Parlamento, cerca i consensi generali, ma mantiene l'arma di una forza estralegale; ha tendenze repubblicane ed é monarchico; rispetta la Chiesa e ne vuole asservite le forze morali a scopo di dominio.

    In questa permanente e intima contraddizione il capo del fascismo é unico centro, fonte di autorità nel suo partito, la persona che desta simpatie e fiducia anche fuori del partito; onde molti distinguono il fascismo da Mussolini; e, per l'abitudine italianissima di voler vedere più gli uomini che le idee, oggi si guarda a questo uomo con la medesima fiducia di molti e con la stessa asperità di pochi, come guardarono per anni e decenni a Depretis e a Giolitti, i quali poterono dominare al disopra dei propri partiti e al di fuori delle proprie idee politiche, da dittatori senza dirlo, domando parlamenti e disintegrando partiti, accarezzando o minacciando la Chiesa, arte di politica non teoria né fede.





    Così non pochi pensano che sia ovvero desiderano che fosse l'on. Mussolini, nel superamento delle violenze verbali e del razzismo locale; le prime ridotte a stile parlamentare ma sostanzialmente le stesse; e le seconde riportate al livello dei mazzieri di De Bellis e dei camorristi di Peppuccio Romano o dei maffiosi di Vittorio Emanuele Orlando. Come si vede, una concezione paesana e passatista, di marca giolittiana e di stile meridionale.

    Oggi governa l'Italia l'agrariismo della Val Padana e l'industrialismo lombardo-ligure; i loro metodi sono più in grande; si spendono milioni per mantenere giornali, e per sfruttare lo Stato. Ieri gli industriali lombardo-liguri facevano lo stesso aiutando i socialisti, per far da contrappeso alle correnti della piccola borghesia, che finiva per pagarne i costi e concorrere a determinare i profitti politici della grande industria parassita. Oggi, capovolte le situazioni, é il fascismo che giova, e concorre a creare uno spirito pubblico in sostanza analogo al precedente, che superando le aberrazioni violente dei rossi (la solita biscia che morde il ciarlatano) é servita e serve alla medesima industria parassita e alla stessa speculazione bancaria. Così nel fondo si ritrovano i medesimi attori e i medesimi interessi, che né Giolitti ieri dominò né oggi Mussolini domina.

    2. - Ciò non ostante convengono quasi tutti i partiti e tutti gli uomini politici a che l'esperimento Mussolini, sia o no identificabile e identificato col fascismo, e sia o no il fascismo un semplice fenomeno contingente o una teoria in formazione, che l'esperimento Mussolini debba avere il suo naturale sviluppo e il suo ciclo; e quindi sconsigliano tanto le opposizioni decise e implacabili, quanto il fronte unico o il blocco della libertà.





    In politica non c'è nulla di definitivo e quindi questo modo di valutare il fenomeno Mussolini oggi può essere realistico ed esatto e domani non più. In generale questa concezione mussoliniana parte da due presupposti, che Mussolini sia l'uomo forte di fronte agli altri che ancora si trovano sulla ribalta politica, e che Mussolini sia un elemento politico per sé stante al di fuori della vitalità che a lui ha dato il fascismo.

    Questo modo di valutare l'uomo e il fenomeno sembra voglia prescindere da tutto quel complesso che oggi é insieme partito-governo-Stato. Per questa ragione la gran massa del popolo italiano (al di fuori dei militanti nei varii partiti) non ha oggi un orientamento chiaro, non vede, fuori del fascismo stesso, altri nuclei che facciano punto di polarizzazione e di opposizione insieme. Quindi é naturale che da moltissimi si pensi che Mussolini come capo del partito fascista debba fare il suo esperimento e debba sviluppare ancora di più le sue attività.

    La espressione della volontà popolare, sia pure alterata, da una legge arbitraria, e sia pure agitata da paure di violenze e da speranza di vantaggi, sarà un elemento di maggiore chiarezza di idee, di responsabilità, di posizioni politiche.

    Il tormento post-bellico dell'Italia di trovare il suo assetto, la sua vita, la sua finalità non é finito, anzi é all'inizio; i fenomeni post-bellici del bolscevismo e del fascismo hanno una base economica interna e paesana; e sono destinati a finire col non trovare sé stessi, e col generare altri fenomeni più complessi e più travagliati. Mussolini é l'uomo di stare al disopra del suo stesso partito in evoluzione, e cogliere i momenti che passano per realizzare la novità dello spirito del nuovo popolo?





    Se ciò sarà, il suo esperimento potrà dirsi conclusivo; ma egli dovrà poter superare tanto l'illegalismo della sua massa, quanto l'affarismo degli industriali e degli agrari, che premono sul suo partito, e dovrà tentare di assurgere ad un'idea. Egli purtroppo é tratto dal suo stesso egocentrismo a ipervalutare i vantaggi della dittatura, perché non ne conosce e non ne sente gli svantaggi. Il suo esteriorismo lo allontana dalla ricerca e dal senso realistico di un'idea. La speranza quindi che egli sappia sollevarsi a dominare, con un'idea, sulla quale far convergere i consensi, non sembra, almeno oggi, realizzabile; tanto più che egli non può trovare altra idea fondamentale che non sia la libertà nel grande significato tradizionale e storico.

    Si é voluto, in questo caos intellettuale, trovare un'antitesi pratica fra libertà e autorità; come se questi due elementi costitutivi dell'unità organica dello Stato potessero esser posti in antitesi di negazione reciproca; invece debbono trovarsi sul medesimo piano di concretezza e rivalutarsi a vicenda. Invocare l'autorità per comprimere la libertà é un errore di impostazione e contraddice alla storia dei popoli. Autorità e libertà sono invece i due poli del mondo politico: il prevalere dell'un elemento sull'altro ha generato sempre il disordine. Lo spirito di dittatura che oggi pervade l'Italia, é un elemento di disordine morale e sociale. Il processo psicologico e politico dei popoli può subire delle involuzioni; ma queste a lungo andare si scontano.

    3. - Mentre scrivo viene annunziato che la sessione parlamentare é chiusa, e si diffonde la voce che questo atto preludii lo scioglimento della Camera dei Deputati e le elezioni politiche a non lunga scadenza. Non so se le induzioni giornalistiche siano esatte, o se fra non guari non venga cambiato avviso. Ma siano o no prossime le elezioni politiche, una cosa é sicura, che presto o tardi questa larga consultazione del paese dovrà avvenire, e che allora il governo di Mussolini guarderà l'avvenimento come un altro passo verso la legalizzazione della sua posizione politica. La nuova legge elettorale altera la volontà del paese a vantaggio di un partito o di un blocco; e quindi é lesiva del giusto fondamento costituzionale. Ciò non ostante la ricerca della formula esterna di volontà popolare, e la rinnovazione dei comizi elettorali, indicano di per sé il tentativo di un avvicinamento del governo alla legalità costituzionale e al principio democratico.





    Lo spirito sarà contrastante alla realtà; ma questa avvince a sé anche coloro che la vogliono negare.

    La morsa in cui é stretto Mussolini é questa fortissima realtà democratica che non é isolabile in Italia per poterla distruggere, ma che vive e lotta in tutto il mondo moderno, nel cui ritmo non può non vivere l'Italia, oggi più di ieri, per lo spostamento di ricchezze e di economie avvenute in Europa per causa della guerra; e per la ripresa di interessi morali e politici che debbono aver per base la solidarietà internazionale.

    Il movimento nazionalista chiuso in sé, la corrente agrario-reazionaria, il culto della violenza post-bellica sono anacronismi di popoli vinti e poveri; non possono essere la base della politica italiana senza retrocedere di un secolo.

    Per queste considerazioni, dal punto di vista della politica italiana, l'esperimento Mussolini non può avere uno sbocco imperialista, egemonico, dittatoriale: ma deve avere uno sbocco liberale-democratico, cioè deve percorrere le fasi involutive del fenomeno fascista; e dopo avere operato una specie di massaggio sul corpo della nazione, ritornare al punto di partenza. Occorre rinunciare allo spirito totalitario e riconoscere la necessità e le funzioni dei partiti; - disdire l'illegalismo dei fatti e l'illegalismo dei decreti e ritornare alla legge atto di parlamento e alla eguaglianza di tutti i cittadini avanti alla legge; - comprimere la tendenza alla violenza come diritto del più forte e come metodo persuasivo, e rivalutare i consensi morali e dare all'ordine statale la forza della disciplina nazionale: - togliere la confusione tra partito-governo e Stato, e ridurre a piena espressione statale ogni organizzazione di forza armata; - rimettere nella sua realtà libera e non alterata, la volontà popolare espressa nelle elezioni politiche.





    Tutto questo é democrazia, sana, vitale, insopprimibile la realtà che balza dalle cose e che non verrà annullata da nessuna volontà umana; ma dalla presente mortificazione trarrà vigore novello.

    È da augurare alla patria nostra che il conflitto fra democrazia e reazione rimanga nelle sfere della legalità. Il popolarismo che non ammette la violenza privata e che sostiene che il processo naturale dei popoli civili é nella propaganda delle idee, nella convinzione dei programmi, nella realtà delle cose, nella rispondenza degli istituti alla realtà; il popolarismo esclude dalla sua azione l'illegalismo; ma vuole agire moralmente per modificare la corrente fascista e determinare le forze più coscienti e in evoluzione verso più sani concetti di Stato costituzionale e verso più umana concezione del rispetto altrui.

    Però non si può negare che un tale processo sia lento; gli avvenimenti, nel loro insegnamento e nella loro necessità, concorrono con non breve scadenza a far rientrare nell'alveo sociale coloro che ne sono usciti.

    Però il fascismo del 1923 non può per l'Italia che essere una parentesi; quello del 1924 già sente i mutamenti attorno a sé dentro di sé. Ha la forza di vincersi e di modificarsi? Ancora é possibile sul fascismo l'opera di alcuni uomini quali Mussolini, dato che le idee non hanno in loro salda base di convinzioni e gli interessi che vi si son formati attorno sono ancora in un piano instabile?

    Il facile passaggio di masse socialiste, di democratici e liberali sotto il fascio littorio non contribuisce certo al rassodamento di direttive e alla formazione di idee; e quindi lo spostamento dei dirigenti e specialmente del capo, porta con sé troppo facilmente i gregari e determina nuove correnti. Per gli ottimisti, e non son pochi, c'è ancora speranza che il buon senso italiano si riprenderà di tutte le esagerazioni, e che la realtà vivente farà sentire le sue leggi e il suo influsso.





    Il vantaggio che dalla nuova esperienza dovrà trarre l'Italia é quello di potere con ogni sforzo superare forme esagerate di vita esteriore, e di poter comprendere che ogni indisciplina collettiva si sconta. Una classe dirigente verrà fuori che non sarà strettamente fascista, ma che avrà fatto giustizia di vecchi infrollimenti e di declamatori demagogici e retori, di esagerati nazionalismi e di turbolenze squadriste; e se le mancherà sufficiente preparazione, avrà avuto una esperienza notevole che ha inizio col 1915.

    Al disopra di vedute particolari di partito, l'augurio fervido di ogni italiano é che questa classe nuova dirigente porti la nostra patria ad un periodo di pace interna e di sviluppo estero, quale le condizioni morali dei popoli europei ci danno diritto.

    Ogni periodo ha il suo male e il suo bene: spetta agli uomini volenterosi e coscienti anche dal male trarre il bene e dalle convulsioni l'ordine. Un fenomeno nuovo e notevole é l'orientamento dello spirito pubblico verso i valori intellettuali morali religiosi. Il movimenta é generale ed é stato prodotto dalla grande guerra, il fascismo vi si é orientato più come forma esteriore che come interna evoluzione. Però, a parte ogni valutazione politica, per la vecchia mentalità anticlericale della borghesia democratica, si é rotto un incantesimo di pregiudizi e di avversioni, e si é superato, anche nella politica, un punto morto della vita italiana. Per i cattolici il fatto può avere una notevole importanza a una sola condizione, che si sappiano sviluppare i germi interiori per l'avvicinamento spirituale dell'anima italiana verso la Chiesa, e che le masse lavoratrici e le correnti democratiche non abbiano a temere, neppure per colpa od errore di uomini, che la Chiesa appoggi con la sua influenza correnti reazionarie o tentativi dittatoriali.

LUIGI STURZO.