I "GUELFI" DI HANNOVER
Sotto l'antico regime, non si poteva in nessun modo parlare di un movimento autonomista hannoverano. Il Landrat prussiano e il gendarme prussiano ci pensavano loro che i "Welten" (i Guelfi) non si raccogliessero, non si organizzassero e non si agitassero. Li si considerava tutti, e in blocco, partigiani dell'antica dinastia, cattivi sudditi degli Hohenzollern, particolaristi traditori del Reich germanico. Nei decreti e nelle circolari ministeriali prussiane, i Guelfi erano messi allo stesso livello con i socialdemocratici, e le Kriegervereine (Unioni di ufficiali in congedo) si rifiutavano di accettarli, come: "rossi", in seguito ad istruzioni ufficiose. Non é quindi da stupire, se la catastrofe del' 19 portò un vivace impulso al movimento hannoverano. Il Deutsch-hannoversche Partei (D. H. P.) o partito tedesco-hannoverano, prese forte incremento, ed è, a tutt'oggi, il più forte dei partiti non socialisti nell'Hannover (450.000 voti nelle ultime elezioni). Il desiderio di forti gruppi della popolazione, di risolvere immediatamente, dopo la rivoluzione di novembre, la questione hannoverana, non fu però adempiuto. Sopra le trattative che allora, fra l'altro, furono condotte con Leinert (ministro socialdemocratico prussiano), pende ancora oggi un mistico velo. I tedesco-hannoverani si dovettero contentare che fosse introdotto nella costituzione di Weimar l'art. 18, e puntarono su questo articolo per ottenere una risoluzione legalitaria, sia pure rimandata di due anni, fino al 12 agosto 1921. Il lavoro del partito fu indirizzato con energia a questo scopo: ma quando giunse il 12 agosto 1921, la situazione di politica estera, sempre peggiorante, fece apparire il plebiscito come inopportuno; e il Direttorio del partito si dichiarò pronto, dinanzi al ministro del Reich, Gradnauer, di rimandare ogni iniziativa plebiscitaria fino alla composizione della questione dell'Alta Slesia. Sul movimento hannoverano, si può dire questo. Se lo si considera dal punto di vista grettamente provinciale, esso è subito giustificato. Nessuno ha interesse ad aiutare una parte della popolazione tedesca a combinare un nuovo Stato, per ragioni strettamente alimentari, e accrescere di una unità il numero delle repubbliche-intestinali del Reich. L'affare si presenta ben diversamente, dal punto di vista pantedesco: se consideriamo l'autonomia hannoverana come una tappa al completo Neugliederung, o nuovo ordinamento territoriale del Reich. C'è uno stato di fatto da considerare che molti uomini in Hannover, i quali non sono né separatisti né particolaristi, richiedono l'applicazione dell'art. 18, perché vogliono mantenere viva la questione costituzionale del Reich, che a loro avviso non é affatto risolta. Soltanto il piccolo fatto che l'Agenzia Wolff e al suo seguito la maggioranza dei giornali tedeschi, parlano continuamente di deputati "guelfi" e non dei deputati tedesco-hannoverani, testimonia di una mancanza di obiettività. Sicuro: nell'Hannover c'è ancora qualche nobile, qualche contadino, e anche qualche borghese, superstiti del 1866, che con incrollabile, sassone fedeltà sono attaccati alla vecchia dinastia guelfa. Non si può quindi smentire, che entro il partito tedesco-hannoverano ci sia anche un gruppo che ha delle nostalgie per la restaurazione del trono guelfo. Ma questo gruppo è assolutamente in minoranza, non ha importanza risolutiva. La sua base, il suo dominio caratteristico è l'Hannover del Nord-Est (Luneburger-heide), dove comanda la nobiltà fondiaria che risiede sulle proprie terre, e dove il movimento nettamente guelfo trova aderenti fra i contadini, e isolatamente anche fra i piccoli borghesi provinciali, segnatamente fra pastori e maestri. Nella maggior parte delle città, e sopratutto nell'Hannover del Sud (circoli industriali di Hannover, Hildesheim, Gottinga), gli hannoverani "guelfi" hanno un seguito molto debole. Ad ogni modo, la corrente monarchica, in Hannover, non è più forte che nelle altre parti del Reich. Ma anche molti di quelli che, nel campo tedesco-hannoverano, sono monarchici, non pensano seriamente a rimetter su il trono guelfo. La loro conoscenza degli elementi di fatto è troppo grande, perché possano correre dietro a simili utopie. Fra questi elementi di fatto, è essenziale quello che i socialdemocratici hanno nell'Hannover il due per cento di elettori di più che nelle altre provincie prussiane. Anche i democratici, con i loro 150.000 voti nelle ultime elezioni al Reichstag, hanno il loro peso. E infine non si può dimenticare che il Deutsche Volkspartei e i Deutschnationalen, in fondo sono si monarchici, però ben difficilmente aderirebbero ad una restaurazione guelfa. I partigiani dei tedesco-hannoverani, essi stessi, per una gran parte non sono poi monarchici, e nella loro grande maggioranza, sono avversi ad una politica avventurosa di autonomia che mettesse capo ad una restaurazione guelfa. Un obiezione più seria (contro una eventuale autonomia hannoverana) è quella, che il movimento tedesco-hannoverano, in tutta la sua impostazione culturale, è strettamente confessionale. Il partito, nella sua azione nelle questioni di Chiesa e scuola, è rigidamente ortodosso. Esso si chiama a buon diritto un "partito cristiano": e la sua ortodossia, é l'ortodossia luterana. Proprio negli ambienti dei pastori luterani, il movimento ha una delle sue colonne: e questi pastori sono, con poche eccezioni, rivolti all'antico. Questo pericolo non deve essere sottovalutato: ma si può però discutere sulle sue conseguenze pratiche. L'ordinamento scolastico è regolato, nelle sue linee generali, dal Reich, e per quella autonomia che è lasciata ai singoli paesi nell'esecuzione, sono i parlamenti dei singoli paesi che decidono (Landtag). Ora, in un Landtag hannoverano dell'avvenire, la reazione non avrebbe certamente la maggioranza: e per giunta, per la politica culturale, anche nei Deutsch nationalen si fanno sentire tendenze liberali. Per quanto riguarda la politica ecclesiastica, le ultime elezioni concistoriali hanno dimostrato una insospettata vitalità di nuclei liberali, e l'assoluta maggioranza degli hannoverani praticanti ha, in materia di costituzione ecclesiastica, opinioni democratiche. Riassumendo: un regime nettamente reazionario, in un Hannover autonomo incontrerebbe forti difficoltà. Il modo, con cui il governo prussiano cerca di impedire l'applicazione dell'art. 18, non è né costituzionale, né prudente. Come trattino senza riguardi i socialdemocratici al governo, lo si vede dalla condotta del signor Noske, Oberpraesident della provincia di Hannover. Egli arrivò fino a ricusare il riconoscimento di un Landrat inscritto al partito democratico ma eletto a maggioranza anche con i voti dei tedesco-hannoverani, motivando il suo rifiuto così: che non poteva portare la responsabilità della provincia, se un Landrat che aveva avuto i voti dei tedesco-hannoverani fosse rimasto in carica!... Il governo ha invece il più elementare dovere dell'obbiettività e non può lavorare con mezzi, che avrebbero fatto onore al gendarme dell'era guglielmina. Perciò è nell'interesse delle democrazie in una delle più ricche e più belle provincie del Reich, che il diritto di autodecisione sia applicato, e si affronti la prova del plebiscito. E' più che dubbio se i tedesco-hannoverani riusciranno a raggiungere il loro scopo. I conoscitori della situazione sono dell'avviso, che essi non riuscirebbero neppure a mettere insieme il terzo dei voti necessario perché il plebiscito sia stabilito: e meno che mai i tre quinti per il conseguimento della piena autonomia federale. Comunque completa tranquillità si può avere solo se il plebiscito é affrontato. E' evidente che anche dopo un plebiscito vittorioso, il partito tedesco-hannoverno sarebbe liquidato. Gli elementi, estremamente eterogenei, di cui è composto, si separerebbero: i democratici sinceramente autonomisti, da un punta di vista pantedesco, si staccherebbero dalla nobiltà e dal contadiname particolaristico e reazionario. Dr. WILHELM V. LANGE
corrispondente da Gottinga delia "Vossische Zeitung". |