LA POLITICA SCOLASTICA DEL FASCISMO
Riforma Croce e riforma Gentile
Recentemente quando la stabilità del sen. Gentile, nel ministero Mussolini, pareva - ma non era - infirmata dagli assalti combinati di fascisti e di antifascisti, scese in lizza, a difendere il ministro della P. I. e l'opera sua, anche Benedetto Croce.
Noi crediamo che il Croce autore della nota lettera al Giornale d'Italia, anziché il Croce rinnovatore fortunato della coltura italiana e riformatore meno fortunato della scuola italiana, fosse l'uomo politico che vota a favore", il liberale rassegnato, per timore di peggio, alla odierna realtà fascista, fatale frutto della somma di "bestialità" commesse un po' da tutti e un po' dappertutto dopo la guerra.
In quanto a noi che passammo per Crociani e che, a suo tempo, della riforma Croce fummo sostenitori e non dei più tiepidi, ma che ora non "facciamo" della politica, e non temiamo il peggio e non siamo né rassegnati né captati da nessuna "realtà", se pure durante "l'offensiva" recente ci siam tenuti in disparte, non ci sentiamo, se ci poniamo ad esaminare l'attività scolastica del ministero Mussolini, di confondere la riforma Gentile con la riforma Croce e di difendere in quella questa.
Capisaldi di quella che si chiamò la riforma Croce erano i seguenti:
- rispetto del "groviglio" di scuole e di ordinamenti scolastici sorti in modo occasionale e contradditorio - all'inglese anche - in Italia della legge Casati in qua.
- istituzione dell'esame cosidetto "di stato" inteso come "ammissione" ai gradi superiori e come saggio di maturità e di abilità concreta dell'esaminando (lettura di testi, esposizione di opere, illustrazione di documenti, conversazione in lingua straniera, esercitazioni, classificazioni, analisi).
- soppressione di istituti governativi spopolati, sdoppiamento di istituti pletorici e remora alla creazione di nuove scuole regie e pareggiate.
Per la riforma Croce attuata sul serio si sarebbe trasformata la scuola da "accademia" in "laboratorio"; si sarebbe ridotto l'intervento dello stato nel campo scolastico e favorita, con ciò solo, l'attività dei privati in questo campo; questa riduzione sarebbe avvenuta immediatamente e specialmente nel campo della scuola classica, cioè nel campo dove la scuola privata in Italia era più preparata ad agire utilmente e dove la reazione di interessi offesi si presumeva meno vasta ed era meno legittima; il rispetto alla realtà effettiva e storica della scuola avrebbe permesso di far l'esperimento delle "novità" in condizioni di stabilità e di relativa tranquillità.
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Il Fascio di Educazione Nazionale, che fu definito per dileggio, e gli era sommo onore, "il fascio per l'esame di stato", passato al fascismo - nelle persone de' suoi capi - avanti la marcia su Roma, e assurto, dopo la marcia, al governo della scuola italiana, doveva, per difendere il suo passato e coonestare il suo "presente", attuare anzitutto e sovratutto la riforma Croce, specie in quello che aveva di più liberale e di meno "democratico", cioè nella demolizione del monopolio scolastico governativo.
È risaputo che della riforma Croce questa fu appunto la parte che i suoi sedicenti realizzatori per primi buttarono a mare. All'atto dell'approvazione della riforma il Direttore Generale dell'Istruzione Media dichiarava pubblicamente "che il numero degli istituti governativi aumenterà non appena la riforma avrà fatto sentire i suoi benefici effetti". A riforma pienamente attuata, il 24 ottobre '23, La Corrente, Giornale della scuola secondaria in un articolo redazionale faceva questa edificante constatazione: "né si dica che le scuole governative sono state ridotte di numero. Ormai dopo gli ultimi decreti dubitiamo assai che questa affermazione sia vera. Sono state soppresse molte scuole normali, ma sono stati aperti a cura del Governo 5 nuovi istituti tecnici, 10 licei femminili, 37 licei scientifici, 50 istituti tecnici inferiori... Le classi transitorie messe a disposizione degli allievi maestri, i corsi d'integrazione delle complementari, i corsi aggiunti di ruolo concessi dai decreti del 29 e del 30 settembre portano le nuove scuole ad un numero altissimo; perfino qualche scuola normale, che nel passato aveva appena un corso, é stata costituita sulle basi di due corsi inferiori, e lo stesso fatto si è ripetuto su più larga scala nelle scuole classiche". Circa lo stesso tempo L'Istruzione Media, Giornale della federazione degli insegnanti medi notava che, per la riforma Gentile, il numero delle classi di ruolo nelle scuole medie era aumentato e non diminuito. Il 15 novembre u. s. l'on. Gentile, difendendo la sua riforma davanti al Consiglio Superiore della P. I. faceva notare con soddisfazione che "i criteri di riduzione quantitativa erano stati in genere applicati con tale larghezza da far quasi sospettare che le cose non fossero mutate gran che".
Si capisce che col sacrificio di quel punto della riforma Croce, il parlare di "libertà e di incremento di scuola privata" diventa un'ironia, perché ognuno intende che questo incremento e questa libertà non si possono avverare se non con l'abolizione effettiva del monopolio scolastico governativo, cioè con la riduzione del numero delle scuole di stato.
Il tradimento di questo caposaldo della riforma Croce avvenuto da parte dei Gentiliani passati al fascismo, se può addolorare chi sinceramente credeva nelle idee bandite nel Manifesto del Fascio di Educazione Nazionale. Non deve stupire chi ricorda la concezione Spavento-Gentiliana dello Stato Dio, dello Stato "che avvia alla civiltà", dello Stato "che realizza se stesso nella scuola": come non deve stupire chi pensi che, in Italia, oggi come ieri, l'attuazione concreta di questo ideale teorico non può essere che lo Stato omnibus, lo Stato burocratico, lo Stato "vacca da latte", lo Stato dei demosociali di ieri e dei fascisti di oggi.
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Buttata a mare, dopo breve esitazione e dopo non lunga resistenza, questa parte essenziale della riforma Croce, l'idealismo attuale, realizzato nel fascismo, invece di porre subito tutte le sue cure nella preparazione e attuazione dell'altro caposaldo del cosidetto "esame di Stato", si buttò tutto alla manipolazione di quella che é la parte più originale e nuova della riforma Gentile: demolizione della scuola media esistente e costruzione della "nuova scuola".
Per ciò che riguarda la scuola media - e l'essenziale della riforma é tutta qui - oramai tutti sanno che le novità di questa riforma sono principalmente queste: riduzione dell'antica tecnica in "complementare" fine a se stessa - conservazione dell'attuale ginnasio immutato - abbinamenti di vecchi insegnamenti e creazione di nuovi insegnamenti nel liceo - creazione dell'istituto tecnico inferiore a immagine e somiglianza del ginnasio - creazione di licei scientifici autonomi in luogo dell'antico liceo moderno e dell'antica sezione fisico-matematica dell'istituto - trasformazione del corso "complementare-normale" in ginnasio-liceo-magistrale - istituzione di licei femminili.
Quale sia l'idea inspiratrice di queste "novità" noi vedremo in appresso: per ora anzitutto notiamo come di tutte queste "novità" non vi sia traccia né nei disegni di legge Croce e neanche, se non forse per le magistrali, nel manifesto del Fascio di E. N.; e poi vediamo in che stato queste "novità", in tre mesi elaborate, in altri tre mesi eseguite, abbian ridotta la scuola media italiana, nell'anno in cui essa si prepara ad affrontare la prova di quell'altra, davvero formidabile, "novità" che é l'esame di Stato.
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Nell'attuazione della riforme le "formule" sono state due: "tutto e subito" la prima, e la seconda "dalla scuola al maestro".
Per la prima si é voluto fare in modo che la riforma deliberata il 23 aprile, fosse col primo ottobre attuata in pieno, di guisa che, p. es., le scuole di nuovo tipo (istituto tecnico inferiore, liceo scientifico) anziché incominciare, come sempre s'è visto fare, col primo anno, per andar poi gradatamente crescendo e compiendosi, funzionassero subito, in questo primo anno, integralmente, "in pieno", su tre corsi, su quattro corsi ecc., secondo il disegno preventivo completo: e per modo che, a fare un altro esempio, le discipline introdotte ex novo negli istituti riformati, poniamo il latino, anziché essere anche qui insegnate solamente nei primi anni, fossero di botto insegnate in tutto il corso, in tre, in quattro classi, contemporaneamente e nello stesso modo a gente che é appena entrata e a gente che sta per andarsene, a gente che é digiuna di quella materia e a gente che l'ha già studiata magari per quattro anni. Delle quali singolarità di esecuzione e impazienze di indugi se quest'ultima riesce tutt'al più a rendere assolutamente buffo ed inutile l'insegnamento appunto di quelle materie che nella mente del legislatore dovevano esser più giovevoli e più serie, la prima, ponendo una quantità immensa di difficoltà tecniche e pratiche di edifici, di aule, di gabinetti, di personale direttivo insegnante inserviente, di materiale didattico, bibliografico ecc., ha posto tutti o quasi i nuovi istituti nella condizione o di non funzionare affatto, o di funzionare, per quest'anno e per chissà quanti in avvenire, in modo precario e caotico e approssimativo.
In virtù della seconda formula, quella del partir dalla scuola per arrivare al maestro, si capisce che il criterio dell'esecuzione della riforma sia stato quello di considerare come unica cosa viva e degna di riguardo, l'edificio della nuova scuola disegnato negli articoli del decreto legge 6 maggio 1923, n. 1054, e come materia inerte e trattabile ad arbitrio le persone del maestro e dello scolaro, le quali dovevano esse adattarsi al tipo della nuova istituzione non questo ad esse.
Onde é successo quello che é successo; per esempio questo: che nelle complementari popolari son state poste a domare quei diavoli scatenati di "tecnicotti" ed a legger loro... Omero, Plutarco, Virgilio, le insegnanti "sine titulo" reiette dalle magistrali; che a insegnar latino nei ginnasi inferiori, negli istituti tecnici inferiori, nelle magistrali inferiori e superiori, nei licei scientifici, a insegnar greco nei ginnasi superiori, son stati mandati (stavo per dir "condannati") insegnanti di tecniche, di istituti tecnici, di complementari, di normali che da anni non insegnavano più, o che non avevano mai insegnato, né il latino né tampoco il greco; nel liceo, il meno disturbato di tutti gli istituti scolastici, l'insegnamento di latino p. es. è privato di una classe, mentre gratificato di questa classe é l'insegnante d'italiano, il quale, se, onestamente, si dichiara impreparato, é punito... con la nomina a Preside in un ginnasio del mezzodì; e in tutti gli istituti, insomma, senza distinguere, dove più dove meno, tutti gli insegnanti, senza tener conto sia di titoli né di concorsi, proprio mentre più feroci sono fatti i concorsi e il titolo viene imposto anche agli insegnanti privati, sono spostati come cose, senza aver di ciò il conforto di sapersi disturbati almeno per dei motivi filosofici, perché i famosi "abbinamenti" sono stati inventati e variati per mere ragioni d'orario e di compensi, e senza aver neanche la consolazione di veder così tolte almeno le famose "sperequazioni", perché per una che ne é scomparsa due se ne son create, e se il professor di matematica e fisica nel ginnasio-liceo é gravato di 22 ore settimanali, e di altrettante é caricato quel di fisica e matematica nel liceo scientifico, per contro l'insegnante di scienze naturali nel liceo resta con sole 8 ore d'insegnamento settimanali, mentre quello di disegno nel liceo scientifico, con pari stipendio del collega sovraccaricato, ha un orario di 9 ore di - diciamo così - insegnamento.
Intanto, per rialzare il morale ai professori, si toglie loro ogni garanzia ed ogni autonomia giuridica, e per vieppiù legarli e affezionarli alla scuola, ridotta o tolta la possibilità di guadagnare con l'insegnamento privato, si regala loro il grado di tenente, di capitano e, al massimo, di maggiore, e si fan saltar sulla corda l'assegno di studio, la retribuzione per ruolo d'onore, ed il caro viveri per soprammercato.
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Abbiamo detto che i criteri che guidarono i legislatori nell'elaborazione della riforma della scuola media furono quelli espressi nei motti "tutto e subito" e "dalla scuola al maestro"; ne avevamo dimenticato un terzo di criteri, quello dell'"improvvisazione".
Chi ha seguito un po' da vicino l'elaborazione della riforma ha avuto l'impressione che gli artefici di essa procedessero nel loro lavoro a strattoni, a sbalzi, fra esitazioni e pentimenti continui, e che la legge, lodata anche dagli avversari, come qualcosa di organico e di "palladico" per la sua origine, sia invece stata messa insieme boccone a boccone, giorno per giorno, oggi scritta domani cancellata, finita a marzo, ad aprile rifatta, ricorretta fra il 27 aprile ed il 6 di maggio, e l'allora in qua, ancora, di settimana in settimana, rabberciata e ritoccata e riveduta.
Si misero a concorso nel marzo, in conformità della legge imminente, cattedre che poi nella redazione ultima della legge non esistevano più; il 7 aprile, data della deliberazione della legge, nulla era ancora predisposto alla Minerva circa i programmi così dei vecchi come dei nuovi istituti, e questi programmi, dati per fatti all'inizio delle vacanze estive, non vennero poi effettivamente pubblicati che ad anno scolastico già iniziato; istituti minacciati di soppressione si lasciarono in vita; corsi aggiuntivi pervicacemente negati furono concessi all'ultima ora; istituti, la cui creazione era già stata deliberata all'ultima ora non si aprirono più; scuole create per certi fini furono improvvisamente distorte a fini del tutto diversi.
Ma il documento più grave della imprevidenza e inconseguenza con cui fu attuata la riforma é, io credo, nel seguente specchietto, i cui dati noi abbiamo ricavati da documenti ufficiali:
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CATTEDRE
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VACANTI
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CATTEDRE A
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VINCITORI
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POSTI
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CONCORSO
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CONCORSI
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SCOPERTI
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Maggio 23
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Settembre 23
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Marzo 1923
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estate 1923
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1923-1924
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Italiano Licei
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26
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81
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7
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8
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73
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Latino e Greco Licei
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34
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84
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19
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25
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59
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Lettere Ginn. Sup.
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145
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190
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88
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96
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94
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Lettere Ginn. Inf.
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204
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278
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130
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125
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153
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Qui la cosa é evidente: al principio del '23 si predisponevano licenziamenti e reclutamenti di personale per una scuola di Stato "smobilitata", al settembre del '23 la scuola di Stato risultava, anziché ridotta, inturgidita ed esagerata, le misure prese al gennaio erano insufficienti, dagli abiti ritagliati troppo corti spuntavan fuori più che per due terzi, le braccia e le gambe del nuovo Aloide, e il cappellino gli copriva appena il cocuzzolo: la riforma Croce doveva abolire la piaga del supplentato, la riforma Gentile ha riempito la scuola di incaricati e di supplenti: con questo, che adesso neanche i supplenti non si trovan più, perché sono stati quasi tutti reclutatati dalle scuole private, a cui la riforma Gentile ha dato, con la libertà, l'obbligo di aver personale laureato.
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E su questa povera scuola di stato messa tutta così sossopra, senza locali, senza insegnanti, senza "morale", letteralmente devastata dalla suddescritta riforma, si abbatte, come un castigo di Dio, quella tremenda cosa che è l'esame di stato.
Il quale esame di stato, mentre non fu applicato quando e dove la sua applicazione era semplice e poteva riuscire provvidenziale, cioè nel luglio e ottobre del '23, per le ammissioni alle prime classi delle scuole medie (ed era il modo più elegante per eseguir la famosa "serrata"), invece par che debba calare inesorabile come una mannaia, subito quest'anno stesso, sul collo di tutti i licenziandi, cioè di tutti quegli studenti che, avendo fatto i loro non-studi nell'antico regime, avranno avuto a loro disposizione, per prepararsi alla formidabile prova, un anno, sebbene non intiero, della non-scuola che noi abbiamo descritto.
Come sarà ordinato codesto esame di stato precisamente noi non sappiamo: a giudicare dagli articoli della legge e dai programmi, si può presumere che esso sarà in pratica, per le scuole medie superiori, un esame, non di ammissione alle facoltà universitarie, ma di licenza (di coltura generale), in numero ristretto di sedi: soluzione che noi abbiamo sempre deprecata come farraginosa e infelicissima.
Quel che accadrà a luglio é purtroppo facile a prevedersi: o le cose si faranno sul serio e allora sarà la strage degli innocenti, e gli strilli delle vittime saliranno al cielo, e il maschio della riforma, l'esame di stato, sarà travolto per sempre con quel che sarà rimasto della riforma Gentile; oppure, come é più probabile, le cose non saran fatte sul serio, e allora l'esame di stato sarà morto ad ogni modo, e in guisa anche più pietosa, perché sarà morto annegato sotto l'onda del ridicolo.
Nell'un caso e nell'altro a noi, che fin da prima della guerra avevamo, in due o in tre, propugnate le linee essenziali di quella che fu poi la riforma Croce, a noi che per questa riforma ci siam battuti un tempo gratuitamente e disperatamente insieme con i gentiliani, non resterà che spargere una mesta lacrima sulla fine miseranda di una creatura a cui abbiam voluto un po' di bene, e ripetere, ripensando ai fascisti gentiliani sabotatori, sia pure involontari, della riforma Croce, on n'est jamais trahi que par les chiens.
AUGUSTO MONTI.
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