REVISIONE LIBERALE
CONCLUSIONEScriveva, or sono alcuni mesi, A. C. Jemolo su di una rivista gentiliana e fascista, il cui redattore capo evidentemente soffre di gravi distrazioni: "Nessun uomo di buon senso può credere che la storia dell'umanità si arresti o subisca deviazioni fondamentali in questi anni turbinosi: le idealità che uniscono tutti i popoli, i valori morali e culturali che superano le frontiere, quell'aspirazione alla fratellanza umana in cui tutti abbiamo creduto, saranno domani come furono ieri. Quelle idealità supernazionali possono essere oggi disconosciute, come reazione al fatto che esse coprirono in un ieri prossimo un erompere di odii scomposti, possono essere disconosciute perché le nazioni in una crisi di miseria e di dolore credono di potersi salvare sol col più mostruoso egoismo e ripetono il gesto del naufrago che immobilizza e trae a morte il salvatore: ma non é che un momento e la Chiesa che si crede eterna non può considerarlo che come un attimo che vola. S'essa saprà dare la sua impronta a quel sogno di fratellanza umana che é ancora il più grande e il più bello dei sogni che possano illuminare il cuore degli uomini, e di cui domani gli uomini stanchi di guerra sentiranno ancora l'accorato bisogno che sempre sentirono, la Chiesa sarà la trionfatrice al domani; ma se non oserà, allorché l'ardire é la virtù dell'ora, se lascerà che altre ideologie ed altre dottrine tengano a battesimo la immancabile rinascita dell'amore, essa sarà la grande sconfitta del secolo" (La Nuova Politica Liberale, n. 2, A. C. Jemolo: Un anno di Pontificato). Assai di lontano, geograficamente e spiritualmente Heinrich Mann nella Neue Rundschau del luglio; dopo aver parlato delle miserie dei nazionalismi europei, della nostra paurosa impotenza a creare un nuovo ordine del dominio della forza bruta, non illuminata da nessuna luce spirituale; si chiede: "In tale situazione molti che ne sono fuori pensano alla Chiesa. Si domandano se essa si ricordi della sua grandezza. Si contano e si spiano i segni della sua inquietudine per la decadenza della nostra civiltà. Se essa si mettesse a capo della lotta per la nostra unità ci si potrebbe domandare se le forze le sarebbero bastanti, ma non se nella lotta essa diverrebbe più forte di quel che é stata negli ultimi due secoli. Pronunci essa la sua volontà e la sua parola contro il Nazionalismo, per la pace mondiale; le masse guarderebbero a lei, presentendo la luce. "Essa avrebbe finalmente con sé - dopo tanto tempo - l'ideale, la segreta e confusa speranza dei più; quella dichiarata dei migliori. "Essa che dominò ed asservì dovrebbe di nuovo lottare, ed anche - o quale ventura - soffrire, per la sua antica missione: l'unità spirituale dell'Europa. Tale missione le verrebbe offerta una seconda volta in circostanze più difficili ed alte. Ha ancora fede in se stessa? È ancora capace di preferire lo spirito delle tempeste alla sua vecchia saggezza mondana? Non la invocano amatori del passato, come un secolo fa, all'inizio dell'era borghese. Amore dell'avvenire é quello che ci rende capaci o Chiesa di sacrificarti anche l'intelletto, e, Dio lo sa, questo sacrificio lo riserviamo per ultimo". Voci come queste si colgono ormai ovunque spiriti ansiosi dell'avvenire soffrano per quanto accade intorno a noi. Ed il sacrificio della ragione appar lieve in cambio d'una certezza morale. Il dogma non atterrisce più alcuno. II gesuitismo sì, ed il lassismo, tutte le concezioni che la saggezza mondana ha consigliato alla Chiesa per non sgomentare la nostra debolezza, e le diplomatiche riserve verso lo stato erede dell'eresia, e la sconcertante politica della Curia di Roma, tutto questo sconforta e rende pensosi. Nello stesso numero della Neue Rundschau trovo un dialogo tra un saggio cinese ed André Gide sull'eterno tema europeo. Dice l'orientale allo scrittore francese: "Non crede Lei che tutti i mali dell'odierna Europa provengano da questo fatto, che essa ha scelto (tra la Religione e la Civiltà) la Civiltà, ed é tuttavia legata ad una Religione che nega questa Civiltà? Con quali cavilli riuscite a conciliarle? Ma in realtà non vi riuscite. Vivete in un compromesso; la Chiesa stessa é costretta a far compromessi per non perdere contatto e potere; essa deve adattarsi a fare i conti con tutti "i progressi dello spirito" poiché si é sempre più allontanata dal puro spirito del Vangelo. "Ho viaggiato molto. Ho visto Maomettani e Buddisti, ho visto dappertutto costumi, istituzioni, il carattere stesso della civiltà informati dalle credenze religiose: dappertutto, meno che presso i popoli cristiani. Proprio la religione che dice agli uomini: "Perché vi affannate?", che vieta loro di possedere cosa alcuna in terra, che ordina loro di amarsi e di aiutarsi a vicenda, di non voler aumentare la loro statura di un cubito, di porgere la guancia destra a chi vi percosse la sinistra, proprio questa religione ha formato i popoli più irrequieti, più ricchi, più civili, più colti (tutte forme, anche queste, della ricchezza), più acuti e più furbi, più trafficanti ed amanti delle novità, più violenti; popoli, che cercano di estendersi e di crescere ogni giorno più, popoli, il cui sentimento d'onore voi definite vivissimo e che perciò si trova più di frequente in contrasto con l'umiltà e colla mitezza... Non crede Lei che si celi in qualche parte un errore, un equivoco, una illusione, una contraddizione - non so quale - che vi conduce all'abisso?". André Gide risponde al cinese col vecchio argomento che l'idealismo ha fatto suo per riconciliarsi col Cristianesimo. Il Cristianesimo (Cattolicesmo e Protestantesimo in ugual misura) é la miglior scuola dell'individualismo. Ma alla replica del Cinese che ciò appunto caratterizza gli Europei e gli distingue dagli Asiatici: la ricerca della personalità; lo sforzo di formare degli individui, il francese riflette, si ricorda della parola dell'Eucrate di Montesquieu nel colloquio con Silla: "La produzione ne é troppo cara" e conclude dentro di sé (il perspicace Cinese non deve sentire certe confessioni). "La produzione degli individui é troppo cara ed il titolo della triste commedia, che si rappresenta in Europa, potrebbe essere appunto questo: l'aspirazione all'individualità, ovvero il sacrificio della felicità. Di fronte alla tragedia dell'uomo occidentale "il cui cuore é diviso" e che é "incostante in ogni cammino" la Chiesa ha oggi al suo attivo tutta la parte più mistica, radicale e negativa, del messaggio Cristiano, ha al passivo tutte le concessioni successive fatte alla "civiltà" ed ai "progressi dello spirito". Ma in quest'ora di disperazione quelle transazioni e quei compromessi potrebbero essere agevolmente perdonati e dimenticati, se essa osasse e sapesse irrigidirsi sulle sue premesse iniziali. È giunto per Essa il momento di affermare, di fronte al fallimento della libertà "liberale", dello stato, della società moderna, il fondamento religioso della libertà, della società, l'eternità della sua missione divina in confronto all'effimera caducità dei regni della terra, che non sono fine a sé stessi ma strumenti dell'eterna salute. Non si tratta di dialettizzare con cautela l'antitesi coll'eresia, ma di proclamarla risolutamente, di negare recisamente tutti i cosidetti valori della nostra civiltà; ed é facile impresa, poiché basta fare udire ai popoli stanchi di lotta, ai delusi del Progresso, della Scienza, della Storia e della Filosofia, della Società e della Prassi, la parola rivoluzionaria dell'umiltà e della carità. Avrà essa tanta fiducia in se stessa? Ancor oggi, come alla vigilia di tutte le eresie, si invoca nella Chiesa dagli spiriti più vigili, un ritorno alle origini. E la sua secolare esperienza dovrebbe farla avvertita di questo odierno riaccendersi del fascino mistico delle origini cristiane, lievito immancabile dell'eresia nascente. Non gioverà domani, se nuove forze si faranno interpreti di questo bisogno di unità e di amore, la interna disciplina formale, l'aiuto esterno del braccio secolare. Il campo sarebbe sgombro per il suo trionfo. Lo stato liberale e le società nazionali, questi nemici tenaci, nell'Occidente Europeo, della Chiesa Universale, sono vinti da niente altro che da loro stessi, per il loro stesso intimo svolgimento. E tale disfatta segna, come vedemmo, l'aspetto esteriore della interiore sconfitta dell'uomo moderno che eresse "un tempio al proprio Io per adorarne l'essenza". Né v'ha sconfitta più irreparabile e definitiva di una sconfitta interiore. Quale occasione per la Chiesa per tornare ad essere, come nel Medio Evo, alla sua maniera "liberale" contro un potere tirannico ed arbitrario, per apparire ancora agli occhi delle moltitudini fedeli degli umili e dei deboli, l'amante della giustizia e la nemica dell'iniquità, secondo la parola d'uno dei Papi più grandi? Anche la ragione umana ormai, dimessa la vana stoltezza di innalzarsi a religione, sta per tornare l'ancilla humilis di una Rivelazione, come al tempo della Scolastica. L'illuminismo nuovo che sorge contro i dogmi dello stato-Moloch creato dalla faziosità nazionalista, contro la degenerazione della società borghese come un tempo l'altro Illuminismo si levò contro le religioni intristite nelle lotte, degenerate nei patteggiamenti politici - non minaccia la Chiesa trascendente, e il patrimonio intangibile del suo dogma. La ragione ha ormai coscienza dei suoi limiti e non avanza pretese contro le fedi tradizionali, ma se mai rivendica i diritti del criticismo contro una filosofia che cerca, nei suoi contorcimenti dialettici, di superare quei limiti. Ciò potrebbe paradossalmente esprimersi dicendo che Hume e Kant lavorano, contro Hegel, per Sant'Agostino. La storia, lo sappiamo, non si chiude oggi; ma lo stesso affacciarsi sul primo piano della vita europea., dei popoli slavi al cui spirito, dualista e mistico, l'Immanentismo ripugna, ci assicura che le correnti spirituali dell'avvenire saranno sostanzialmente diverse da quelle che trionfarono negli ultimi secoli della Storia Europea, e che per una specie di illusione ottica, simile al persistere dell'immagine visiva sul nervo, appaiono ancor oggi predominanti. Né d'altra parte appare possibile, dopo tanto infuriare di odi tra nazioni, classi ed individui, che le passioni scomposte possano essere placate da ragionevoli voci umane invece che dal mistico appello dell'amore. Solo a uomini, la cui azione sia sostenuta dalla fede del Vangelo, é possibile oggi svolgere una durissima lotta economica senza spargimento di sangue, come pur avvenne in questi anni in una delle regioni più tormentate d'Italia, solo a dei francesi e a dei tedeschi; che si sentano affratellati dall'amore di Cristo, é lecito riunirsi a convegno a breve distanza dalla Ruhr contesa per invocare la pace sugli uomini di buona volontà. Non si scorga in questi riconoscimenti obiettivi un'indulgenza ad impulsi sentimentali, una debolezza spiegabile colla sofferenza e col travaglio dell'ora; lo storico che ne prende atto può anzi esser consapevole dell'illusione che si cela dietro questa rinata volontà d'amore, può preferire per suo controllo alle visioni beate del misticismo, un pessimismo austero e sconsolato; ma in ogni caso rifugge dall'opposta e ben più ridicola ingenuità di celebrare, oggi, "le magnifiche sorti e progressive". PIERO BURRESI. NOTAIl sentimento che sta alla base del pensiero di Burresi é apprezzabile e ricco di risonanze. C'è nella crisi presente un'irrazionalità che va al di sopra degli schemi facili del nazionalismo e dell'idealismo. Ma la parte più feconda di questa crisi e di questi contrasti non si può ridurre ad una teoria mistica o a una riaffermazione cattolica. La Chiesa rimane uno degli istituti dominanti della vita moderna: ma non abbandonerà la sua legge e la sua ragion di vita che si riducono a esigenze conservatrici. La ragione é implicita nella natura stessa degli organismi nati come Chiese. Certo il Cattolicismo può oggi contare sulla delusione di tutti gli uomini stanchi di lotta; come il fascismo esso può valersi delle ideologie di amore e di collaborazione di classe. Ma queste sono le ideologie degli schiavi e la Chiesa le ha sempre bandite per la sua complicità coi tiranni. |