LA RIFORMA IN ITALIA
Conscientia nel riportare qualche periodo del mio articolo Sagre e Palli (R. L. n. 34) travisa sostanzialmente il mio pensiero, facendomi dire quel che non ho mai pensato, e cioè: "che l'accomodantismo sociale italiano si spiega, sia per la deficienza industriale italiana che contribuisce alla mancanza di una viva coscienza di classe, tanto capitalistica che proletaria, "sta pel mancato avvento del radicalismo evangelico il cui fallimento "si" deve "alla" Chiesa cattolica che dopo Costantino, "si" spaccia come cristianesimo e non fu (sic) effettivamente altro che paganesimo travestito". Ora, quest'appunto che la Chiesa sia essa la responsabile della mancata attuazione del radicalismo evangelico, é la tesi protestante, ma non é la mia; perché mia é invece quella che vede in Costantino il trasformatore del radicalismo cristiano, il quale da elemento di disgregazione e di rivolta, mercé sua divenne prima un elemento e poi l'intera sostanza dell'ordine costituito e dello Stato. Quindi, non alla Chiesa, ma a Costantino si deve la "immunizzazione" del radicalismo cristiano primitivo. Questo per quanto riguarda la responsabilità della "immunizzazione" medesima. In quanto poi alla illazione che da ciò ricava il mio chiosatore, e cioè: che tutti i mali della società politica italiana, derivino da quel primo supposto tradimento, io non mi sono mai sognato di pensarla; poiché invece credo che la Chiesa, in quanto diretta erede della romanità, abbia avuto ed abbia una missione di civiltà, la difesa della quale rientra più che nei suoi diritti, nei suoi doveri; avendo essa avuta la necessità di farsi valere anche come potenza civile e temporale quanto tale fu da Costantino in poi. Come tale io l'ho considerata senza sentire il bisogno di entrare in lizza per combatterla quale depositaria della Divina Rivelazione. Naturalmente se anche con ciò io vengo a riconoscere alla Chiesa il suo carattere temporalistico e civile, nondimeno io posso dimenticare che dessa é sempre la Maestra delle genti in quanto depositaria della verità divina, per accettare il pensiero unilaterale del Soffici che la considera esclusivamente sotto il primo aspetto. Tanto meno poi posso accettare le sue conclusioni letterariamente feroci; giacché dopo aver ammesso quanto sopra io posso col Croce riconoscere la legittimità dell'Inquisizione quale strumento e mezzo di difesa non della fede, ma del romanesimo, dopo però aver riconosciuti i molteplici meriti di esso romanesimo nel perpetuarsi delle libere istituzioni romane e del sentimento nazionale, prima attraverso i Comuni che come il Solmi ha dimostrato sono di origine latina e romana, e non feudale-teutonica; poi attraverso la lotta per le investiture, succeduta all'incoronazione di Carlo Magno ed alla creazione dell'Impero d'Occidente; infine nella promossa rinascenza umanistica, che fu il vero antidoto della Riforma, nonché la più valida difesa della latinità e della nazione. Noi vincemmo la Riforma colla superiorità della nostra cultura, al tempo stesso che la superstite romanità impedì la possibilità di una occupazione politica dell'Italia, da parte di una nazione barbara. Se allora un magnifico despota avesse attuato il pensiero unitario, italiano e laico del Machiavelli, l'Italia si sarebbe risparmiata quattro secoli di servitù, ed oggi potrebbe senza scherzi essere alla testa dell'Europa e della civiltà. Purtroppo invece la Contro-Riforma, quando già l'arte, la letteratura, il pensiero e lo spirito sereno del più romano dei Santi, il fiorentino S. Filippo Neri, avevano incorporata e sorpassata l'esigenza riformistica in una più armonica visione della vita, sorse e si accanì contro gli esigui residui del movimento riformatore, non riuscendo colla sua cieca persecuzione che ad essicare le fonti della latinità ispiratrici di bellezza e di libertà, ed a distruggere il po' di carattere civile che era rimasto nei nostri istituti politici e amministrativi, per determinare la contraffazione dei valori, la mancanza di una coscienza politica unitaria, e lo scetticismo che rese possibile la nostra servitù. Alla Contro-Riforma dobbiamo perciò il periodo d'oscuramento del sei e settecento, annullatore così della nostra coscienza e libertà politica che dell'originalità della nostra cultura e del nostro pensiero; e noi possiamo ben dire che quello fu per noi il vero medioevo, durante lo svolgimento del quale i pochi che serbavano nei loro petti il ricordo e l'amore della libertà furono necessariamente degli isolati, poiché non trovarono nella società una rispondenza qualsiasi. Non bisogna d'altra parte credere che proprio tutto durante esso fosse galante morte e fastoso squallore: oscuri preparatori lavoravano nell'ombra per tener viva e rinsaldare, mediante le innovazioni amministrative dei Comuni, l'allargamento e l'accelerazione dei mezzi di comunicazione, la razionalizzazione dell'agricoltura, il passaggio dall'artigianato all'industria, ecc., la coscienza unitaria e politica latente; di modo che quando l'armata napoleonica varcò le Alpi per conquistare l'Italia, trovò già quasi del tutto sviluppata l'anima nazionale, come risulta evidente dall'insegnamento e dall'esempio dell'Alfieri, nel pensiero del quale era già chiara la soluzione liberale del problema ecclesiastico, quale scaturì più tardi dall'opera legislativa del conte di Cavour. Ecco così a grandi linee indicata la giustificazione laica dello Stato monarchico, in difesa del quale io ho creduto di spendere la mia povera parola; fermamente credendo che, per contrapposto, dall'indipendenza dello Stato derivi l'indipendenza della Chiesa, la quale, finalmente libera da preoccupazioni temporalistiche, può pertanto, amata ed ascoltata, più efficacemente esplicare la sua benefica missione di carità e di amore. Ciò che poi nel mio articolo, molto inesattamente forse, chiamo paganesimo, é il fondo utilitaristico evidente nel modo e nello spirito con cui certi riti sono adempiuti dal nostro popolo, inguaribilmente rimasto egoista e bambino, anche nonostante il Cristianesimo, com'è noto a tutti gli studiosi di demopsicologia, d'agiografia e di folk-lore. Piuttosto da quanto ho detto sul perpetuarsi della romanità attraverso la coscienza unitaria e comunale si potrebbe ricavarne una conclusione in favore della teoria evoluzionista; cosa che io faccio per constatare che ciò che io chiamo l'accomodantismo fideista-utilitarista del nostro popolo é l'equivalente storico del paganesimo in quanto é fatto religioso-morale; e, in parte, del romanesimo in quanto é fatto politico, inevitabilmente contrastante con ciò che chiamo il radicalismo cristiano, il quale é rivoluzionarismo, sovvertimento della base dei valori sociali e politici, e in ultima analisi, comunismo; come lo dimostrano i ripetuti tentativi ereticali dei poveri di Lione, dei rigidi Fraticelli italiani del '200, degli Anabattisti di Münzer, ed ultimamente dei Doulihobors in Russia, ai quali s'è, com'è noto, ispirato il Tolstoi, il cui cristianesimo pacifista ed anarchico senz'alcun dubbio si riattacca al catarismo lombardo di origine orientale esso pure. Perciò il contrasto é ancora e sempre tra Roma (che innalzata all'universalità del simbolo potrebbe essere chiamata, secondo la terminologia agostiniana, la Città terrena), e l'Oriente: rigidamente ispirantesi all'insegnamento divino dell'eguaglianza fraterna in Dio, vale a dire la Città celeste; - dalla cui lotta non può non scaturire una sintesi, che è quella storica della nostra vita civile. Impostata in questi termini la questione si approfondisce e s'allarga, sin quasi a divenire una propedeutica della storia, di fronte alla quale le confessioni personali sono inutili. Destinata perciò a fallire la pretesa di voler artificiosamente creare un movimento riformista in seno al cattolicismo, se questo movimento non si prefigge di scalzare dalla radice la base religiosa e sociale della vita civile; se questo movimento non si ispira cioè alla pretesa disperatamente assurda ma logica del comunismo e dell'anarchia. Ora, soltanto se i protestanti italiani avranno il coraggio di dichiararsi comunisti, rivoluzionari ed atei, e tali farsi valere, potranno contare qualche cosa nella vita italiana ed essere degni di avere quel rispetto che si deve a qualunque persona conseguente e sincera; ma all'infuori di ciò poco o nulla possono sperare, perché se anche s'affannano a dichiararsi italiani, noi sentiamo nondimeno che sono, come educazione e come spirito degli stranieri. In Italia il partito popolare, ispirandosi alle idee sociali della Rerum novarum, ed ai principi politici della gloriosa democrazia cristiana, ha attuato il meglio dell'esigenza riformistica, col far rifluire nella vita politica italiana le ingenti masse cattoliche che l'odio dei settari multicolori del Risorgimento aveva isolate ed infamate! Devo infine aggiungere all'"occorrerebbe riagitare la questione della Riforma, ecc." del mio articolo, un giustificato punto interrogativo, immediatamente seguito da un reciso: No! con punto affermativo, giacché sono sicuro che gli egregi scrittori del periodico protestante di Roma si rifiuteranno di accettare l'inevitabilità della conseguenza scaturente dalla logica stesse della loro Protesta. ARMANDO CAVALLI. NOTAIl pensiero del Cavalli sulla Riforma non ci sembra del tutto chiaro. Certo non é il nostro. I dilemmi che egli pone tra cattolicismo e anarchia, l'identificazione di protestantesimo e comunismo ci lasciano incerti come tutti i dilemmi capziosi. E l'antitesi tra Città terrena e Città divina, tra Oriente e Roma non basta a illuminare i problemi storici affrontati da Cavalli. In effetto all'assenza di una Riforma in Italia non si può riparare con un tardivo fenomeno di imitazione, oggi che nel ritmo della vita sociale il fatto politico prevale sui fatti religiosi, ma continua a rimaner viva un'esigenza di protestantesimo come noviziato di libertà, di serietà morale, di educazione moderna. E anche Conscientia in quanto riprende le tradizioni laiche nazionali, in quanto illumina tutti gli sforzi storici durati per far entrare in Italia le idee di tolleranza, di libero esame, di moralità produttrice, di libertà politica ha la sua funzione evidente e proficua. |