MUSSOLINISMO
A un anno di distanza dalla Marcia su Roma del Fascismo, abbiamo avuto la marcia su Roma dell'on. Mussolini. Le astuzie guerriere di un anno fa, sono state sostituite dalle astuzie oratorie e mitingaie di questo anno: tipica quella usata in Piazza Belgioioso a Milano, dinanzi alle camicie nere, cui l'on. Mussolini fece urlare tre grandi, clamorosissimi "Si" con delle domande bellicose, come quella della ripresa della marcia, se occorresse: e dopo aver allenati gli ascoltatori a dir bene di "si", a dir si colla bocca, cogli occhi, con il moschetto, con tutto se stesso, presentò una domanda insidiosa circa il mantenimento della disciplina: e le camicie nere risposero urlando di si anche a quella, perché ormai l'avvio era dato. Procedendo quindi giù per la Penisola, l'on. Mussolini sciolse a Perugia il suo Canto d'Amore a tutti gli italiani, vincitori e vinti e svelò senz'altro il segreto della rivoluzione fascista, dichiarando ben forte che le mitragliatrici piazzate un anno fa contro i conquistatori di Roma si sapeva che non avrebbero sparato. Rivelazione sconcertante: non sappiamo se più sconcertante per gli inetti che proclamarono lo stato d'assedio contando su quelle mitragliatrici come su armi veramente pericolose o per gli eroi che credettero di affrontare la morte nella identica supposizione. Tutta la epicità della Marcia riposa, nella mente dei celebranti, su questa finzione delle mitragliatrici: l'on. Mussolini, senza pietà, ne strappa i purpurei veli, e si presenta, non come celebratore, ma come liquidatore di una finzione. E questa, in fondo, è tutta la morale dell'anno trascorso. Lentamente, nella opinione del volgo, l'on. Mussolini ha subito una trasformazione: da capo di una sollevazione di partigiani, è diventato colui che vuole disfarsi dei suoi partigiani. Da uomo ferreo, è diventate uomo furbo. L'ammirazione per lui, la sua popolarità sono cresciute per questo: in Italia, la furberia è sempre stata infinitamente più apprezzata della energia inesorabile e intransigente. Il volgo, non soddisfatto delle prove palesi di scaltrezza che l'on. Mussolini dà fin sulle piazze, altre ne favoleggia, più tenebrose e riposte: per esempio, nessuno leverà di testa a una quantità di lettori del Corriere della Sera che Mussolini, "furbo", ha influenzato i giudici di Milano perché escludessero la diffamazione nel processo Farinacci - Giustizia, e così rovinassero l'on. Farinacci. Interpretazione di cui non esiste la minima prova, e pur corrente nel pubblico: tale è l'idea che il volgo si fa della "furberia" dell'on. Mussolini: e tale è anche la bassezza, della morale degli italiani: i quali non hanno nessuna difficoltà ad ammettere che il capo del governo influisca sulla magistratura per certi suoi tenebrosi disegni, e che la magistratura obbedisca al gesto di "apri l'occhio". Il mussolinismo, contrapposto al fascismo, è tutto qui: si radica in questa "furberia" dell'on. Mussolini, e porta il segno della bassezza morale di troppi italiani. Molta gente in Italia fu giolittiana, non perché vedesse nell'on. Giolitti l'uomo di un certo sistema politico: no. Semplicemente perché l'uomo di stato piemontese era il più furbo, di tutto il parlamento: e si creava attorno a lui quel mito, quella leggenda di una scaltrezza macchiavellica, irresistibili per gli italiani. Ma, ai tempi di Giolitti, v'erano pur dei gruppi di oppositori, di "uomini di carattere", di "idealisti", come amavano chiamarsi, i quali combattevano Giolitti: trovavano, si, dio era furbo: ma deploravano appunto ch'egli corrompesse i partiti, ch'egli governasse senza principii, ch'egli eccellesse nel trasformismo. Ebbene gli uomini che fecero parte di questi gruppi, uomini, oggi, sui quarant'anni, sono mussoliniani anche loro: e quando odono qualcuno rivolgere all'on. Mussolini le critiche che essi vent'anni fa, rivolgevano all'on. Giolitti, fanno la faccia del prefetto italiano, la faccia cioè, da macchiavellino: e rispondono che per governare uno Stato bisogna precisamente far così: corrompere i partiti, governare senza principii, eccellere nel trasformismo. Dove si vede, ch'essi sentivano mancanza, in Giolitti, non di carattere, ma di retorica: non di principii di governo, ma di arte scenografica. Essi si abbandonano al loro mussolinismo ingenuo, perché hanno finalmente trovato un Giolitti più giovane, che indossa volentieri divise sgargianti, pronuncia alati discorsi, e va a cavallo: dà insomma al loro "idealismo" ciò che Giolitti fu mai capace di dare. Per sondare completamente tutto il vuoto di una certa politica collaborazionista, basta pensare che essa punta sulla "furberia" dell'on. Mussolini, presentando quest'ultimo come un grande uomo di Stato: e fa credere che la libertà, la libertà dei cittadini, la libertà che è decoro, la libertà che è intransigenza, possa scaturire dalla coltivazione intensiva del mussolinismo, dalla vittoria della furberia, vera o supposta, dell'on. Mussolini, combinata colla furberia, sopratutto supposta, dei suoi ammiratori non fascisti. In verità, c'é da restare più offesi a discutere queste allusioni e questi progetti che non ad avere intronate le orecchie delle apoteosi dell'on. Mussolini, "uomo inviato da Dio", "uomo divino", fatte dagli scrittori dell'Impero. Si dispera meno, è tutto dire, della serietà italiana. Il mussolinismo è oggi l'opinione politica degli "uomini savi": e dal Guicciardini in poi, questa designazione ha avuto un significato letale per la vita politica italiana: e, sempre, quando gli "uomini savi" han pullulato in Italia, l'Italia si ridusse ad essere paese di maschere e di chierici. Si: c'é la tendenza a combinare una specie di blocco antifascista. I promotori più zelanti sono appunto gli "uomini savi", gli ammiratori della furberia dell'on. Mussolini, i mussoliniani che criticano Farinacci. Gli amatori della libertà germinata sulla furberia. Essi dichiarano faziosi e malinconici coloro che credono che la libertà germini su altri legni più nobili. Ma i partigiani del blocco antifascista si reclutano in tutti i campi: dal Corriere della Sera che manda in avanscoperta gli scrittori delle Lettere del Pubblico, a qualche massimalista che ha il cattivo gusto di nascondersi dietro le lettere di Rossetti. Nella mente dei promotori, l'uomo del blocco antifascisti dovrebbe essere precisamente l'on. Mussolini. Ebbene: per la pulizia, se non per l'onore, del nostro paese, bisogna far saltare questo blocco in germinazione. Bisogna denunciarlo. Bisogna scindere ogni tacita connivenza con gli adoratori della furberia, con "uomini savi". Che ci sia un blocco fascista, non importa, e sopratutto non compromette l'avvenire. E' il blocco antifascista che minaccia. E' il mussolinismo, che se prevale terrà veramente l'Italia 12 anni moltiplicato 5, come l'on. Mussolini ha predetto in piazza Belgioioso a Milano: e la lascerà sfibrata, politicamente diseducata, perfettamente scettica: piena di "uomini savi" e di mitragliatrici che non sparano. Chi ha l'onore della rinuncia, chi non teme di stare all'opposizione, che stima il fascismo e il suo dominio dannosi, non speculi sulla furberia di Mussolini, non spii le scissioni interne del Fascismo, non vada almanaccando macchinazioni patriottiche all'ombra di qualche medaglia d'oro dispersa, non attenda la secessione delle Associazioni ora asservite al regime. Questi sono espedienti da "uomini savi", che non valgono di fronte a un uomo scaltro come l'on. Mussolini, il più "savio" di tutti; colui, che fra tutti gli italiani guicciardiniani, ama e vuole di più il suo "particular", il suo successo personale. Nessuna coalizione, nessun blocco. Ciascuno per suo conto: e tutti facciano oltre che una questione di principii, una questione di persone. Ad hominem. Su questa base, la loro vittoria è talmente sicura, che se io fossi tiranno potente ad ottenerla fin d'ora con un cenno non vorrei per questo privare me e loro dell'orgoglio di vederla lentissimamente maturare. E ben lungi dal fare quel cenno, ordinerei a parecchi italiani di mia conoscenza di prendere immediatamente la tessera del partito dominante, perché la finissero di essere antifascisti e mussoliniani. GIOVANNI ANSALDO.
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