SAGRE E PALLII

    È curioso il fatto che le elezioni in provincia rassomigliano all'occupazione d'una città da parte d'un esercito nemico! Tutti hanno l'impressione che un flagello stia per piombare sulla loro vita e sui loro averi, e danno il loro voto collo stesso sentimento con cui i cittadini di Roma antica offrivano agli Dei i loro sacrifici. La stessa paura e lo stesso sentimento utilitaristico forse determinano il voto propiziatore dell'elettore alla lista del partito dominante; e l'elemosina propiziatrice del credente superstizioso ai portatori di reliquie di santi, rimessi in giro: come le varie sagre patriottiche rassomigliano alle nostre sagre religiose rifiorite in quest'anno di congressi eucaristici.

    A ben considerarle però, presto ci si accorge della loro vanità; poiché se, in fondo, i preti ed i governanti, per i loro fini, credono di poter fare assegnamento sulla paura e debolezza dei credenti e dei sudditi, questi alla loro volta, per i proprii, hanno l'illusione di "gabbare lo santo" col dare ai loro atti ed alla loro esterna adesione, il valore d'una "graziosa" concessione all'ascoso - odiato - potere dei tiranni. La reciproca disistima ed il reciproco odio certo divide ed accomuna dominatori e dominati, preti e credenti, mentre un identico scetticismo evidentemente li inspira.

    Ciò non ostante è difficile che detto scetticismo sbocchi in una rivoluzione religiosa o politica, perché il comune trasformismo escogiterà sempre nuovi sistemi di compromesso e nuovi riti ricalcati sugli antichi.





    Manca al nostro popolo la serietà puritana-calvinista, e nel non aver avuto l'Italia un efficace movimento di riforma religiosa, sta forse la spiegazione del presente scetticismo. Si è sempre preferito ridere sulle cose di Chiesa e sui riti del tempo stesso che ci si assoggettava; e soltanto degli isolati sono stati i pochi che abbiano seriamente messo in discussione i dogmi e le credenze del cattolicesimo, senza peraltro mai trovare nella folla un'adesione qualsiasi.

    Occorrerebbe riagitare la questione della Riforma per dare alla nostra vita religiosa un significato ed una moralità, come pure occorrerebbe che i fascisti cominciassero ad esercitare sul serio una inesorabile dittatura di classe, per conferire austerità e serietà alla nostra vita politica.

    Siamo viceversa molto lontani da ciò che pur sarebbe il principio della vera aristocrazia, poiché in tanto fraseggiare anti-democratico, mai come ora la "democrazia" (proprio quella cattiva che dicono di combattere i fascisti, e che altro poi non è che giolittismo e demagogia) ha trionfato: sotto le specie dell' utilitarismo piccolo-borghese ed operaio, e del paternalismo sindacale monopolista che dominatori e dominati accomuna nel compromesso e nell'insincerità.

    Noi dobbiamo ancora credere che quella che ci governa sia una aristocrazia, poiché non vediamo che sia l'espressione precisa d'una classe economica o politica, ma piuttosto un'oligarchia di rivoluzionari pentiti fortunatamente assurti ai fastigi del potere; mentre l'odierna vita politica italiana non altro forse è che un sistema di oligarchie parallele che favorisce l'accomodantismo del nostro popolo: aiutando nel campo religioso il perpetuarsi del paganesimo, e nel campo politico, quello del suo correlato utilitarista; null'altro ottenendo per resultato che la negazione dei valori morali e spirituali contenuti nella concezione religiosa e nella lotta politica, e una sempre maggiore degenerazione del carattere.





    Il lamentato accomodantismo si spiega forse, in parte, coll'ancor debole sviluppo preso dall'industria nel nostro paese, quanto esso mancato sviluppo spiega la mancanza d'una viva coscienza di classe tanto capitalistica che proletaria, e il fallimento dell'ideologia sindacalista soreliana: uguale, sotto certi rapporti, come bene ha notato il Berth su queste stesse colonne, al fallimento del radicalismo evangelico contenuto nella predicazione degli apostoli e negli scritti dei Padri, dovuto all'addomesticamento su di esso esercitato da Costantino.

    Quello che la Chiesa, dopo Costantino, spacciò come cristianesimo non fu effettivamente altro che paganesimo travestito; come, sotto un certo aspetto e fatta la dovuta proporzione, il fascismo non é che l'applicazione di ciò che Sturzo chiama lo Stato panteista (accentratore e demiurgico: di elaborazione socialista) tenuto a battesimo da Giolitti e varato sotto l'egida della Monarchia.

    Tutto ciò d'altronde non è vero che in parte, perché noi crediamo che, meglio d'una deficienza storica quella che sopra abbiamo constatata, essa sia una deficienza di razza, giacché non é d'una sola classe, ma di tutte indistintamente.

    Troppo sangue straniero è stato immesso, attraverso venti secoli di servitù politica, nel nostro sangue; da troppo tempo noi viviamo sulle idee, per sentire la nobiltà del sacrificio per esse; e sembra che troppa storia si sia sdipanata sotto i nostri occhi, per non ritenerci in diritto di essere scettici e beffardi!

    L'esempio multisecolare del Papato ha indubbiamente valso a corrompere l'anima politica della nostra nazione, quanto lo scetticismo derivato dalla mancanza di una coscienza religiosa della vita, ha indubbiamente valso a farci tollerare i varii governi stranieri succedutisi nei secoli: e molto probabilmente la Chiesa ha combattuto Voltaire solo perché Voltaire ha coraggiosamente espresso con parole il concetto pagano della religione "anestetico della libertà" che la Chiesa da Costantino in poi ha sempre attuato colla sua politica.





    Spiegabilissimo il fatto che oggi tenti di riapplicarlo nei riguardi del fascismo, in questa guerra fatta di reciproci tentati avvolgimenti, nella quale 1a Chiesa finge di aiutare lo Stato, e lo Stato tenta, a sua volta, d'imbottigliare la Chiesa: mentre il popolo, pur fingendo di partecipare col cuore alle loro cerimonie, ironicamente e considera la schermaglia, nel tempo stesso che anche lui s'ingegna di trasformarsi da vittima designata ad usufruttuario, coll'incuneare le esigenze del suo interesse immediato in margine al campo di lotta delle due oligarchie.

    Conseguenza di tutto ciò si è che il popolo perde la fede nella verità religiosa, e il rispetto delle classi che dovrebbero dirigerlo; cosicché c'è quasi da temere che, così il fascismo come la Chiesa, anziché essere gl'instauratori dell'attività e della gerarchia e i distruttori della democrazia, come dicono, siano invece i preparatori dell'anarchia e dell'indisciplina.

    Noi d'altra parte sappiamo troppo bene che cosa siano l'autorità e l'ordine per schierarcisi romanticamente contro; soltanto, per nostra disgrazia, noi vediamo la rivoluzione dove altri vedono l'ordine; e per un destino abbastanza grottesco, tanto falsa è la situazione politica italiana!, ci tocca di rappresentare le parti di Cassandra e di Danton!

    La conclusione a cui dobbiamo arrivare con questo scritto è che i pochi che ancora sentono la dignità dell'uomo libero e del cittadino, in questo speciale momento hanno il dovere di agire come conservatori: di volere cioè salvare dagli attacchi degli improvvisati difensori dell'ordine, quanto di buono la storia ha realizzato negli istituti sociali e nel regime politico. Prima fra tutte merita d'essere salvata la reciproca libertà dei due maggiori istituti politici d'Italia; per evitare la confusione delle lingue e i pericoli di dannose sommessioni.

    Dobbiamo impedire che l'Italia, frustrando l'insegnamento e l'opera di Cavour, torni ancora ai voli giobertiani del neo-guelfismo, o acceda alla paradossale utilitaristica e pagana concezione nazionalista dello Stato-Primo etico signore e donno della Chiesa.

A. CAVALLI.