PER LA STORIA DEL COSTUME
Dal paradiso terrestre...Il neo-misticismo propugnato da Manacorda e dai suoi seguaci non é un movimento originale il quale trovi la ragione del suo essere nelle presenti condizioni del nostro Paese, ma é essenzialmente un ritorno al passato, un fenomeno anti-storico ed uno spatriamento; perché ha trovato la sua origine un po' dappertutto ed i suoi precursori nelle più diverse epoche. In Italia, recentemente, esso ha trovato il suo precedente storico nell'idillismo pascoliano e in certi atteggiamenti pseudo-mistici dell'ultimo D'Annunzio. È chiaro che un movimento il quale sia privo di addentellati storici e nazionali, non può essere che un vagolamento astratto di poeti e di sentimentali (e tali la maggior parte sono coloro che compongono il gruppo neo-mistico facente capo al Giornale di Poesia): una posa dilettantesca e letteraria. Conferma la nostra osservazione il fatto che tutti i neo-mistici: hanno creduto d'arrivare alla fede mediante un'iniziazione estetica; e nessuno, che si sappia, ha ancora creduto doveroso integrare codesta fede con un atto d'adesione piena ai dogmi della Chiesa; o, che é ancor meglio, col conformare le azioni delle lor vite "risorte" ai nuovi veri. Evidentemente chieder ciò sarebbe chieder troppo; poiché si tratterebbe d'obbligarli ad andar oltre la posizione che si sono volontariamente scelta, facendo intervenire la logica - e l'etica - dove sovrana domina la fantasia lirica. Per dirla vichianamente la posizione del neo-misticismo é il ritorno all'età infantile dell'umanità "quando tutto era canto e bella era la vita senza pianto". Ciò spiega come spesso torni alla mente l'innocenza del fanciullino pascoliano; al modo stessi che diventano chiare certe sanfrancescanerie, legittimi certi riferimenti, inevitabili certi sbocchi. E' il mondo al disotto (il Manacorda s'ostina ad affermare il contrario, ma sbaglia) della moralità e della logica quello che affiora ai sentimentalismi dei nuovi mistici; ed é inevitabile quindi che s'adagi nell'idillico sogno d'un primitivo comunismo, poiché non ad altro può guidare l'infantilismo: vero, o senile che sia. L'anarchismo puro, cioé astratto (e perché non pratico in un esaltatore dell'esperienza?) del Manacorda, trova pertanto in esso la sua giustificazione, o la troverebbe ancor più se venisse allargato sino al limite massimo di cui é suscettibile: vale a dire, alla socializzazione delle donne e dei corpi, come ha propugnato quel bel tipo d'anarchico che fu il dott. Rossi fondatore al Paranà nel Brasile della colonia comunista sperimentale Cecilia. Il Manacorda si ferma invece davanti a queste conseguenze estreme, ma logiche; per soltanto riconoscere nella famiglia il portato d'un atto satanico; lasciando con ciò intravvedere la sua medievalistica mentalità, spingendosi sino a riecheggiare la vecchia paura del peccato originale. È evidente che anche solo con ciò la posizione dei neo-mistici cambia: poiché non é più attività lirica - amorale ed alogica - questa che inverte gli istituti sociali della famiglia, dello Stato e della patria, per disintegrarli e distruggerli; ma attività politica che é al disopra di questa lirica, perché ha in più l'esigenza della moralità e della logica, che sono poi la stessa cosa. Questa é la contraddizione del Manacorda e di qualcuno degli amici suoi: dire di volersi affidare solo al sentimento ed al cuore nel loro desiderio d'espansione e d'amore; e servirsi tuttavia del pensiero, che si sa esercitare, per sua natura, funzioni delimitanti: come se si potesse nell'istesso tempo amare il serpente tentatore e l'innocenza tentata, il paradiso terrestre e l'anno 1923. Occorre scegliere. Non é in nostro potere il rimaner sempre ragazzi, come non é affatto vero che il fanciullino di cui parla il Pascoli rimanga sempre lo stesso mentre noi invecchiamo. La pretesa di negare il tempo é insomma la pretesa non confessata, dei nuovi mistici; in fondo in fondo di nient'altro desiderosi che di creare una nuova frateria di contemplatori, nonostante l'ostentato disdegno della pigrizia e l'affermato amore dell'esperienza e della vita. Non si ritorna così a Copernico, come dice il Manacorda, ma a Tolomeo; dato che, secondo i nuovi mistici, il mondo dovrebb'essere un vasto giardino schiuso dinanzi agli occhi dei redivivi Abeli: i quali, dopo la negazione del tempo vorrebbero giungere in tal modo alla negazione dello spazio, per arrivare alla beatitudine nirvanica ed alla pace. La pace!, ecco il grande sogno di questi uomini stanchi desiderosi d'innalzare il loro contingente stato d'animo alla dignità d'una fede e di un'idea: quanto in ciò moderni, e quanto in ciò uguali a molti altri più di loro fortunati! Anche il neo-misticismo, in fondo, e sotto certi riguardi, é un postumo di guerra. La mentalità neo-mistica si rivela d'altra parte lontana dal Cristianesimo, perché non basta dire come fa il Manacorda "noi amiamo l'esperienza", ma occorre invece affermare "noi vogliamo amare l'esperienza"; senonché é proprio quest'elemento volitivo quello che impronta, da ordine, logica e durata, carattere e redenzione, alle disordinate sensazioni ed agli oscuri istinti della nostra anima, col trasformarli in idee. Ogni attività é redentrice, e la sola volontà é il bene. Cristo non amò soltanto gli uomini, ma volle anche lui esser uomo, per redimerli. L'avvenimento del Golgota é la chiave di volta di tutta la storia, senza della quale é impossibile capire la vita; e, ciò che é più importante, viverla; poiché tale avvenimento e la croce che l'esprime non sono che l'origine e il simbolo di quanto deve avvenire in noi non appena dal buio degl'istinti e dall'indeterminato della fanciullezza, il pensiero fa nascere la personalità, la durata-valore e l'io. Di conseguenza, che significato ha l'affermazione del Manacorda "noi crediamo in Dio" quando non s'indica qual'é il Dio in cui si crede? Dire di credere o di non credere non é la stessa cosa di fronte alla vita che é tutta fede nell'attuazione delle sue esigenze? Dopo Kant il solo modo di credere é quello che consiste nell'agire per scoprire, attuare nella vita, mediante il corpo e tutto ciò che con lui sta in rapporto, la verità e il bene. ...A manhatta (1)Il futurismo ha inteso portare nell'arte contemporanea due arricchimenti e due rivoluzioni: una, formale, consistente nelle parole in libertà, nel teatro sintetico, nel dinamismo plastico e nella musica senza quadratura; e l'altra contenutistica consistente nell'esaltazione dell'epoca moderna traverso le macchine e l'industrialismo, perché ritenuta capace di fornire agli artisti la materia per nuove ispirazioni e nuovi simboli. In quanto alla forma ha avuto i suoi precedenti storici nelle ricerche degli artisti e letterati francesi degli ultimi anni dell'800; e in quanto alla sostanza ha avuto il suo precursore massimo nel Whitman; mentre come stato d'animo rampolla dal dannunzianesimo di sinistra: dilettantismo, esaltazione esasperata della vita. Dalla fusione di questi elementi - non escluso un zinzino di teosofismo elementare - é risultata la filosofia ottimistica del futurismo, che, dato il suo carattere anti-tradizionale, ha trovate i suoi più caldi propugnatori fra i giovani figli della piccola borghesia industriale e faccendiera, amante degli sport e della vita all'aperto. Non per caso il futurismo ha il suo quartier generale nella capitale morale d'Italia. Dire quanto bene esso abbia fatto e quanto male é forse ancora troppo presto se non inopportuno: dato anche che in questi ultimissimi tempi ha assunto addirittura un carattere politico. È stato forse, come il fascismo, una raffica, ed ha lasciato intatti i valori che ha trovati; innanzitutto perché troppo preoccupato nell'opera di distruzione, e secondariamente perché troppo povero di elementi e di contenuto. Bisogna comunque, anche se la cosa può sembrare un po' strana, riconoscere che molti pittori hanno imparato a dipingere, disimparando; come molti scrittori hanno imparato a scrivere, sillabando. Come le linee-forza hanno inculcato ai pittori l'amore della forma-colore nell'integrità del suo valore; altrettanto le parole in libertà hanno insegnato ai letterati l'amore della parola in sé, ed il suo valore, nell'economia della costituzione sintattica del periodo e del verso. Qualcosa quindi é restato; segno che anche un po' di bene il futurismo l'ha fatto. Ora, solo i tedeschi ed i russi - cioè a dire: i popoli giovani e barbari - prendono sul serio il vecchio movimento italiano d'avanguardia, mentre nessuno più pensa a comporre tavole di parole in libertà. Ancora in politica qualcuno se ne ricorda; forse per dimostrare che Wilde aveva ragione quando affermava la priorità dell'arte sulla vita. In arte col neo-classicismo é già tornato l'equilibrio: ora si comincia a scrivere ed a dipingere passabilmente; anche se il metafisicismo più che un'attuazione è una contingenza, ed un duro cilizio. Ma c'é, o si vede, un serio proposito di lavoro. Che questa serietà abbia affrettata ed affretti la morte del futurismo, potrà tutt'al più voler dire, che se fu una mascherata, ora il carnevale é finito. Sembrerà a taluni amaro quanto qui si dice, e che é la verità; ma non sappiamo cosa farci. Noi ci consoliamo in ciò: che il discorso Mussolini sulla legge elettorale sembra indicare l'avviamento verso la fine della sua copia politica: l'imperialismo rettorico delle aquile romane e degli "immancabili destini", chiusi nel pugno di... Erminio Spalla! ConclusioneIn conclusione noi diciamo che tanto il neo-misticismo che il futurismo sono espressioni crepuscolari dell'estetismo decadente, e del dannunzianesimo; non peraltro prive d'utilità e di possibilità evolutive. Anzi noi vorremmo che dalle nostre note il lettore avesse colta la constatazione di esse e l'auspicio d'una nuova realtà possibile: sintesi delle qualità positive espresse dai due movimenti considerati. Come il neo-misticismo guida ad un ritorno al naturalismo con mutato spirito o più vasto sentimento d'amore; e il futurismo tende ad inspirare nell'artista il senso vivo della storia mediante l'amore della moderna civiltà; noi vorremmo che, dalla fusione di queste due esigenze apparentemente antitetiche sorgesse il nuovo realismo desideroso di ricavare dall'attuale epoca storica nuovi veri e nuovi simboli. Se una dichiarazione di fede potesse giustificare una conclusione critica, noi diremmo che tendiamo, così nell'arte che nella vita, all'affermazione d'uno stile il quale sia l'espressione d'una seria esigenza etico-logica. Ecco perché movimenti apparentemente artistici sono stati esaminati in una rivista di studi storici e politici sotto l'aspetto di movimenti interessanti il costume; e sono stati criticati e combattuti in nome della morale sempre contraria alle deformazioni sentimentali che non possono non diventare in tutti i casi deformazioni pratiche. Sarebbe quindi desiderabile che anche il neo-misticismo venisse tradotto in espressione politica (comunismo anarchico) per ripetere la sconfitta subita dal futurismo sotto la specie dell'imperial-nazionalismo corradiniano. Le nostre note non sarebbero state inutili se, sotto quest'aspetto considerandole, ne avesse promossa la comprensione e affrettata l'evoluzione. ARMANDO CAVALLI. (1) Manhatta é il nome indiano di New-York.
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