NOTA ALLA CRONACA
Contrariamente a quanto egli stesso ama prospettarsi, i discorsi dell'on. Mussolini piacciono a tutti, contentano tutti. Il bacio dell'on. De Nicola riassume questo consenso generale: e certo l'illustre Presidente della Camera, dietro cui stanno generazioni di servitori della Corte borbonica e di scaccini antenati, l'avrebbe volentieri deposto, anziché sulla guancia, sulla mano, se l'on. Mussolini, con un cenno del capo, gli avesse fatto comprendere che i servitori devono baciar lì. Il contento della Camera era troppo grande, perché il Presidente dell'Assemblea potesse esitare. Convien dire che anche da parte dei più fieri antiparlamentaristi si abbonda in complimenti: e l'Impero, tutto ancora vibrante dell'entusiasmo che agitò l'aula di Montecitorio, chiedeva bonariamente: "Riconciliamoci?". Domenica scorsa, in realtà, la Camera si é dimostrata soddisfattissima, perché l'on. Mussolini ha, per la prima volta, rinunciato alle apparenze di atteggiamenti demonici, eroici, e ha presentato il suo metodo in tutta la sua luce: governo paternalistico-plebiscitario, conforme alle abitudini delle plebi. "Io giro fra il popolo senza preoccupazioni di sorta e lo ascolto (vive approvazioni). Ebbene, il popolo italiano, sino a questo momento, non mi chiede libertà (approvazioni da Destra; commenti). A Messina la popolazione che circondava la mia vettura diceva: "Toglieteci dalle baracche". L'altro giorno i Comuni della Basilicata chiedevano l'acqua perché, o signori, ci sono milioni d'italiani che non hanno l'acqua, non dico per il bagno... ma nemmeno per levarsi la sete". (Rumori vivaci all'Estrema Sinistra; commenti). In Sardegna accorsero a me degli uomini dalla faccia patita, vorrei quasi dire accartocciata; mi circondarono, mi mostrarono una distesa dove un fiume imputridiva fra le canne palustri e mi dissero: "La malaria ci uccide. Non mi parlarono di libertà, di Statuto e di Costituzione". Ecco il segreto del regime. Ecco quello che la popolazione italiana, da lunghi anni piegata sotto una armatura di pubbliche libertà e di istituti politici che arieggiavano il moderno, ansiosamente attendeva. Ed oggi che l'armatura le è tolta di dosso, si distende al sole di tutti i suoi bassi puorti, ed applaude. Alla luce della massima proclamata dall'on. Mussolini, tutto il Risorgimento apparirebbe come un enorme errore. Che cosa premeva ai cafoni di Basilicata e ai pastori di Sardegna della "libertà", dello "Statuto" per cui si agitarono e combatterono ben poche migliaia di borghesi? Nulla importava. Quando i principi di Borbone o i Cardinali Legati viaggiavano in berlina per il Regno di Napoli o per le Romagne, facendosi precedere dalla sbirraglia che gridava a squarciagola: "Levaberretta! Levaberretta!", e gettando manciate di tarì e di carlini dagli sportelli, nessuno dei sudditi fedelissimi chiese mai libertà. In Roma papalina, l'elemosiniere di Sua Santità, nell'onomastico del Papa, sotto un baldacchino di broccato, porgeva, con una paletta d'argento, una monetina di mezzo baiocco a tutti coloro che si presentavano; né mai - le cronache del Vaticano lo attestano - né mai alcuno dei gloriosi trasteverini chiese libertà, statuto, costituzione. Queste domande non sono del popolo, né ora, né allora. Il popolo italiano, di cui l'on. Mussolini si compiace di raccogliere settimanalmente gli applausi, non le ha fatte mai. Esso si é sempre crogiolato nelle limosine e nelle processioni dell'antico regime, e furono sempre gli esuli - i più tragici di tutti gli esuli, gli esuli in patria - che gl'imposero questa fatica nuova: di costituire uno Stato moderno, di imparare a reggersi con il regime dei partiti, di crearsi una passione politica; necessità non meno imprescindibili delle baracche, o delle bonifiche, o delle manciate di spiccioli gettati da una molle mano prelatizia alla plebaglia forlivese o faentina. È innegabile che tutta la opposizione al governo dell'on. Mussolini é stata fatta fin qui su una base assolutamente falsa. Sulla base che il popolo italiano si senta oppresso, aneli alla libertà, ecc. Un uomo di alto ingegno, come l'on. Amendola, ha talmente indulto a questo andazzo polemico, da affermare che l'Italia é patria di un popolo che vuol essere libero. Impostando così la critica, si agevola enormemente la risposta all'on. Mussolini: "Ma questo popolo non mi chiede mai libertà": Bisogna invece avere il coraggio di affermare che il regime delle democrazie moderne deve essere imposto agli italiani, i quali, abbandonati al loro umore e alle loro abitudini, ne farebbero a meno con grande letizia e sparo di mortaretti sulla pubblica piazza. L'on. Mussolini ha detto benissimo: "Io non sono un tiranno, io giro in mezzo al popolo". Continuando gli oppositori a dipingerlo e a combatterlo come tiranno, si espongono a delle solennissime e patenti smentite. Di tiranni, l'Italia moderna ne ha avuto uno solo: Carlo Alberto. Uomo cui la presenza della folla inspirava repulsione fisica, uomo da gabinetti segreti e che aborriva dal girare fra il popolo. E tiranno due volte: quando, dopo essersi consigliato col suo confessore, ordinava a Galatesi le fucilazioni di Alessandria, quando, dopo essersi consigliato col suo confessore, ordinava a Sclopis e a De Ambrois la formulazione dello Statuto del Regno. Ma tiranno fiero più la seconda che la prima volta. On. Amendola, voi non vi accorgete, quando brandite lo Statuto, che fate paura a tutta l'Italia ciociara con uno strumento di oppressione e di tirannia! Messici su questo terreno di sincerità e di spregiudicatezza, saremo anche meglio preparati per discutere la politica estera dell'on. Mussolini, di cui presto egli ci parlerà. Qualunque possa essere l'apparato e l'inscenatura, nessun dubbio che tale politica, ben lungi dall'essere imperialista o nazionalista, sarà essenzialmente quietista e alienissima da una attiva partecipazione italiana alle grandi questioni internazionali. L'on. Mussolini, che gira fra il popolo, può interrogare a sazietà cafoni di Puglia e pastori di Sardegna: nessuno, mai, gli chiederà che l'Italia faccia udire la sua voce nel conflitto della Ruhr, nessuno gli domanderà mai che Roma prenda posizione contro l'imperialismo dei macros della nuova Cartagine, che pompano negri in un immenso impero africano per guarnire i postriboli di Parigi e le guarnigioni del Reno. Queste sono cose, che - al pari della libertà - i cafoni e i pastori non conoscono: essi chiedono baracche, essi chiedono acqua: e se l'emigrazione in America é chiusa, sono pronti anche ad arruolarsi nella Legione Straniera. Regime paternalistico all'interno, equivale a rinuncia a grandi piani di politica estera. Solo le grandi democrazie, travagliate dai partiti, allenate a tutti i contrasti di idee e di passioni, sono portatrici di imperialismo: gli antichi regimi erano pacifisti e rinunciatari. Chi é andato - come il Senatore Corradini - a scuola da Maurras, può credere sul serio che si possa essere ancien régime all'interno e imperialisti all'estero; ma chi guarda la vita, vede la più grande democrazia del mondo, l'America, muovere in guerra al cenno di un mediocre profeta, con un entusiasmo mistico che nessun antico regime conobbe mai. Quella stessa passione, che non consente ai singoli di starsene paghi alle elargizioni del governo, ma li spinge a chiedere e a sostenere il peso della libertà nello Stato moderno: quella stessa passione si estrinseca fuori dei confini, con l'affermazione imperialistica e guerriera. Se dentro ai confini non v'ha altro che una popolazione di pastori e di cafoni chiedenti al capo del governo, ieri la manciata di baiocchi, oggi le baracche e il pane: se i governanti e le classi dirigenti, lungi dal temere questa remissività umile di sudditi, la ammirano e se ne vantano, tutte le affermazioni di una grande politica estera rimangono cartacce, elucubrazioni da letterati. Negli antichi regimi italiani fiorirono sempre le accademie, dove con sonetti e composizioni varie si esaltata il secolare primato degli italiani. Ma tutto restava lì. Tenendo presenti queste considerazioni, noi scongiuriamo gli oppositori dell'on. Mussolini a non commettere un nuovo errore tattico: a non volere, dopo averlo attaccato infondatamente come un tiranno, criticarlo ora come autore e preparatore di una politica estera imperialista. Non é su quel binario che possono correre i regimi paternalisti. Se l'on. Mussolini meditasse davvero vasti piani di politica etera, egli si dorrebbe che tutti gli umili sudditi del regno siano così remissivi e supplichevoli nelle loro richieste. Ma egli invece se ne compiace. E' inutile: bisogna che i suoi oppositori si rassegnino: alla politica imperialista ci sono più vicini essi, sostenitori dello Statuto del Regno, sostenitori della politica di partito, sostenitori della moderna democrazia. |