Delizie indigene
L'ILLUSTRE DEMOGRAFO NAZIONALEIn un circolo di cultura che debbo chiamar passatista per la tendenza di considerar i problemi residuati dalla guerra mondiale senza tener conto del ritmo risolutivo che ha loro infuso la marcia su Roma, ho ascoltato nei giorni passati l'interessante comunicazione di un'illustrazione della nostra demografia che trattò il tema seguente: "Se l'Italia sia un popolo o una semplice popolazione". Parecchi tra gli intervenuti, fosse o suggestione del titolo o tendenziosa interpretazione caporettista del dopoguerra rosso e tricolore, pare si aspettassero dall'illustre demografo la dimostrazione che l'Italia non é ancora un popolo ma può diventarlo; e se e come lo potrà diventare. Egli invece studiò la popolazione italiana da naturalista imparziale, al lume dei grandi numeri delle recenti statistiche, come avrebbe studiato una varietà di formiche. E dimostrò, cifre alla mano, che le formiche italiane figliano molto e bene, che hanno ripreso a figliare come se niente fosse; che, sopratutto per merito della razza meridionale, han quasi colmati i vuoti della guerra e della spagnola; che figlieranno presumibilmente ancora, tanto da diventar infinitamente più numerose delle confinanti formiche francesi (1). E che più numerose saranno le formiche italiane e più, premute dall'appetito, sciameranno verso le terre più ricche delle formiche privilegiate, quali son proprio le confinanti francesi, che stan meglio perché figliano meno. E che sarà nell'interesse stesso delle formiche francesi, nonché nell'interesse generale, accettar di dividere i beni con le più sobrie formiche italiane, le quali, mentre valorizzeranno il territorio francese, renderan grande la propria patria italiana. E dunque si produrrà naturale penetrazione e colonizzazione. E Onàn e Malthus saranno un'altra volta scornati. A questo punto un'autorevole formica meridionale sorse a rammentar gli stenti, le epidemie di larve, le tragedie domestiche e forestiere dei formicai troppo numerosi e pose l'ingenua domanda se non fosse più semplice cercar di conseguire il benessere al quale aspira ogni umana collettività di formiche per opposto cammino; se, cioè, le formiche italiane e sopratutto le meridionali, invece di dargli sotto senza purtroppo esser consapevoli dei fini nazionali, non provvederebbero ugualmente a sé ed all'universale regolando la propria figliazione. E mostrò di preferire a un esercito di eroiche formiche affamate, una corporazione inoffensiva di formiche istruite. Al che replicò vittoriosamente il demografo che figliazione scarsa o figliazione abbondante son fenomeni dell'umano volere; che, appena conquistato il benessere, si può attendere fiduciosi che le cresciute esigenze diminuiscano automaticamente la figliazione. L'assemblea fece bene a non rilevare qui, l'antipatriottismo di un mormoratore affrettatosi ad affacciare che la lotta sociale crescendo il benessere delle più prolifiche classi operaie e contadine conseguirebbe appunto questo risultato. Seguì poi una formica umanitaria asserendo che siccome le formiche abbienti chiamano stretto necessario quel che le loro sorelle misere chiamano invece privilegio, quella asserita naturale penetrazione delle misere formiche italiane tra le opulente formiche francesi non avverrebbe per abbracci, ma piuttosto per morsi e sbrani, dimodoché guardar con simpatia alle molte culle tant'é simpatizzare coi cimiteri militari. Aggiunse che anche nella guerra testé risolta con la marcia su Roma, le formiche alemanne per aver dichiarato interesse generale la spogliazione dei formicai dell'unigenito francese, si trovaron contro mobilitati i formicai del mondo intero, compresi quelli italiani e che dunque non sarebbe prudente, se pure onesto, avviare un popolo proprio a plagiarne così tristo destino. Al che il professore replicò, temperatamente, che poteva anche darsi ci fosse del vero nelle sue parole ma che, ad ogni modo, la guerra era sempre esistita. Fu insomma una discussione serena e proficua. Debbo, però, deplorare che alla elevatezza nazionale dell'illustre scienziato non corrispondessero adeguatamente alcuni formichini appena neonati. Uno dei quali sostenne che le precoci fanciulle meridionali avrebbero diritto a esser informate nelle scuole ("Nozioni di diritti e doveri") dei gloriosissimi fini ai quali la demografia nazionale riserba i loro nati. Un altro dichiarò che le conclusioni del chiarissimo studioso coincidevano perfettamente con quelle di un ignoto demografo analfabeta da lui incontrato sulla via di Caporetto, il quale asseriva che i signori voglion la guerra per macellare la bassa plebe. L'ultimo, che aveva un esame di statistica l'indomani, osservò che essendo la guerra l'avvenimento più ricco di fenomeni demografici interessanti, non potrà mai aver contrario un professore di statistica che ami la propria materia. P. J.
(1) Si ricordi che la statistica é scienza nostra, scienza italiana!
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