REVISIONE LIBERALE
III.
La questione costituzionale
E passiamo ora alla questione politica e costituzionale. In una parola, quale è l'atteggiamento politico proprio del liberalismo? Quale è la forma di governo più coerente col liberalismo? Esso deve essere aristocratico, conservatore o democratico evoluzionista?
Vi sono dei liberali che sostengono che il liberalismo ha il compito di diffondete la coscienza della libertà nelle masse popolari ossia che il liberalismo deve essere lo stimolo perenne di tutte le rivoluzioni, intendendo per rivoluzione ogni forma di affermazione, di autonomia materiale e morale. Da ciò l'affinità fra il Liberalismo e il socialismo che appunto tende a dare alle masse la dignità di una coscienza autonoma. A me sembra che questa concezione non sia esatta o per lo meno sia parziale. Anche essa non tiene abbastanza conto del contenuto essenzialmente metodologico del liberalismo. Che cosa significa "coscienza autonoma", "coscienza libera" sia individuale che di classe? La libertà, l'autonomia, sono condizioni e non fini, la libertà per la libertà non ha un grande significato. Ecco perché la pura idea liberale ha raramente scosso le masse e provocato rivoluzioni. Ogni affermazione di autonomia verso un dogma, verso una vecchia verità, non è mai fatta in nome della libertà; ma in nome di una verità e di un dogma nuovi.
Ossia il fermento rivoluzionario sarà sempre dato, non da una coscienza autonoma, ma da una coscienza nuova la quale reclama appunto l'autonomia verso le vecchie forme di verità per poterne instaurare una nuova. Il lievito delle rivoluzioni consisterà sempre in un motivo mistico e religioso (ossia dogmatico) che avrà come spunto sentimenti sia individualistici che patriottici o classistici. La formazione di coscienze nuove (e perché nuove, autonome rispetto alle vecchie) va, secondo me, lasciata ai credenti di dogmi sostanziali e non deve interessare chi crede soltanto in un determinato metodo politico. E il liberalismo per se stesso resterà indifferente anche alla difesa degli interessi e degli ideali della classe dominante. Invece possono essere liberali tanto aristocratici conservatori che democratici evoluzionisti, purché gli uni e gli altri accettino i principi fondamentali della teoria liberale delle forme di governo. Quali sono, a mio parere, questi principi? E' noto che le teorie giuridiche sullo Stato si differiscono specialmente secondo il modo col quale si è risolto il problema dell'origine e della giustificazione dell'autorità politica. Ora di solito il liberalismo è compreso fra le teorie individualiste in quanto che per esso la sovranità risiede nella volontà individuale ossia popolare, intendendo per volontà popolare l'espressione del volere della maggioranza numerica dei cittadini riuniti in assemblea. Ossia la autorità dello Stato deriva dalla volontà dei cittadini e lo Stato si risolve nella pluralità degli individui. Da ciò le accuse alla concezione liberale di negare la personalità indipendente dallo Stato, di togliergli ogni garanzia di solidità e di continuità e di abbassare la suprema autorità sotto l'arbitrio della maggioranza. Ed essendo la maggioranza degli uomini malvagia ed ignorante (contrariamente a quanto credono gli ingegni liberali, cronici ottimisti) la concezione liberale dello Stato porterà alla peggiore delle tirannie; quella della massa bestiale. Senza dubbio questa critica è in parte giusta, ma tocca più la democrazia umanitaria che il liberalismo. In fatti il liberale più che al governo di tutti (ossia dei più) deve preoccuparsi della libertà di tutti, e perciò dovrà difendere le minoranze e i singoli individui dalla prepotenza della maggioranza. Il conflitto fra queste due esigenze è la causa del perenne equivoco fra liberalismo e democrazia. Il torto della concezione democratica umanitaria consiste appunto nella fede della bontà e capacità della maggioranza degli uomini che si considera come un qualche cosa di fisso, di statico. Il liberalismo invece tiene conto dell'intrinseco valore e della concreta capacità dei singoli individui, ossia, se democrazia significa governo dei più, liberalismo significa governo dei migliori. Secondo me il liberalismo è la teoria del dinamismo delle aristocrazie. Il governo dei più capaci sarà sempre un governo di minoranza per lo meno in quanto sarà composto e rappresentato da una minoranza, e una minoranza di capaci forma appunto una aristocrazia. Ecco in che senso la teoria liberale è favorevole al governo aristocratico.
Ma se la storia dimostra che il governo è sempre stato in mano ad una aristocrazia, la storia insegna anche che le aristocrazie decadono e che di solito le grandi crisi rivoluzionarie avvengono proprio quando una aristocrazia persiste nel voler mantenere un potere di cui non è più degna perché ha perse le qualità necessarie per esercitarlo. E la rivoluzione porta al potere una nuova classe dirigente, una nuova aristocrazia che, appunto per la sua origine rivoluzionaria, è spesso immatura per il suo compito ed ingiusta verso gli insopprimibili valori del passato.
Il torto fondamentale delle aristocrazie è quello di ritenersi eterne e di chiudersi in una intransigente, ma sterile difesa, proprio quando cominciano a perdere quelle qualità che giustamente e senza sforzi le mantenevano al potere; insomma, non sanno trasformarsi o morire bene e a tempo. Una aristocrazia per mantenersi al potere dovrebbe perennemente rinnovarsi assorbendo e accettando gli elementi capaci di ascendere dalle classi sottoposte, ma di solito questo non avviene perché i componenti della vecchia aristocrazia tendono a monopolizzare il potere e a sbarrare la via di ascesa alle forze nuove. Ma appunto questo arresto artificiale nella rotazione delle classi dirigenti, indebolisce ancora di più le intrinseche qualità della vecchia aristocrazia e rafforza invece la nuova classe e così il ricambio del "personale dirigente che forse sarebbe potuto avvenire per lenta infiltrazione, avviene per violenta sostituzione. La rotazione delle classi dirigenti è il fatto storico sul quale si fonda la teoria liberale e l'aspirazione politicosociale del liberalismo consiste appunto nel tentativo di regolare la perenne rotazione delle aristocrazie. Anzi si può dire che per il liberalismo lo Stato non dovrebbe essere che il supremo regolatore del ricambio delle classi dirigenti. Ed è in questo senso che da un punto di vista liberale non si può parlare di Stato Etico. Il contenuto etico non sarà dello Stato, ma dei Governi, ossia delle aristocrazie che si succederanno. Ogni classe, ogni aristocrazia che ascende al potere deve avere un contenuto etico, ossia una concezione propria, ma assoluta degli eterni valori; se non avesse questo contenuto spirituale non potrebbe né formarsi né progredire, né tanto meno governare. Ed una aristocrazia che stia al governo avrà il dovere di difendere tutti i propri valori, ma non con la violenta quanto inutile soppressione e negazione dei valori altrui, bensì accettando e affrontando tutti i liberi confronti.
Lo Stato liberale concede alle aristocrazie che sono al potere il diritto di difendersi con la violenza da chi violentemente le attacca, ma alle nuove aristocrazie in formazione esso deve garantire la possibilità di giungere pacificamente al governo. E alle nuove classi è vietato di conquistare con la violenza il potere appunto perché è loro concesso di giungervi per le vie legali. Aristocrazia chiusa e democrazia rivoluzionaria sono i veri nemici del liberalismo che invece vuole la continuità e la regolarità del metabolismo delle classi sociali.
Ecco perché politicamente è possibile essere cattolici liberali, nazionalisti liberali, socialisti liberali, conservatori e democratici liberali purché nel difendere i propri interessi e nell'attuare la propria eticità ogni partito non infranga le leggi che lo Stato liberale impone per contenere e regolare la lotta ideale e sociale. Ma appunto quale può essere la legge che dovrebbe permettere il non violento ricambio delle aristocrazie? Il potere politico appartiene alla minoranza che sa prenderlo e mantenerlo e questo si può tentare di farlo con la forza armata.
Il governo allora avrà per base la sottomissione forzata della maggioranza dei cittadini. Ma è evidente che quando non si riuscirà più a tenere sottomessa la maggioranza dei cittadini (il che accade) il potere crollerà violentemente. Cosi avremo il brusco ricambio delle classi dirigenti attraverso continue reazioni e rivoluzioni. Invece di ricorrere alla violenza si potrà anche tentare di ottenere e mantenere il potere con la persuasione. Allora il governo poggerà sulla libera e persuasa accettazione della maggioranza dei cittadini. Quando questa maggioranza verrà meno, il governo passerà da una minoranza ad un'altra e così avremo quella tranquilla rotazione delle "élites" che è l'ideale del liberalismo. Tutti i governi dunque poggiano sulle maggioranze e non è detto che sia più facile mantenere una maggioranza di sottomessi che una maggioranza di persuasi. Il Liberalismo crede più sicuro questo secondo sistema e siccome ritiene che il consenso della maggioranza dei governati sia di condizione necessaria per potere esercitare il governo, pone la conquista del consenso della maggioranza dei cittadini come mezzo legale per poter ascendere al governo. Ecco perché la concezione liberale dello Stato implica il sistema elettorale e parlamentare. Dunque lo Stato liberale non significa governo della maggioranza, ma significa il governo delle minoranze che hanno saputo acquistare e mantenere la fiducia delle maggioranze. Per il liberalismo ha diritto di governare non chi riesce a sottomettere i più, ma chi riesce a persuadere i più. E questo consenso della maggioranza non deve essere mantenuto impedendo con la forza ad altre minoranze di conquistar questo consenso con la pacifica propaganda, poiché appunto la perdita del consenso della maggioranza dei governanti è l'indice del tramonto della capacità e perciò del diritto della classe dominante a mantenersi al governo. Non vedo teoricamente altro metodo per poter garantire il tranquillo ricambio delle classi dirigenti.
(Continua).
NOVELLO PAPAFAVA
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