NAZIONALISMO O RADICALFASCISMO ?
Luigi Salvatorelli nel suo "Nazional Fascismo" sostiene insomma la tesi che il fascismo è il partito della piccola borghesia, o quinto stato, che, avendo prima della guerra fatto la politica della democrazia e del socialismo, dal tempo della guerra in qua, vuol fare la politica sua. Oramai sono anch'io d'accordo col Salvatorelli nel ritenere che il fascismo sia essenzialmente un movimento politico piccolo-borghese; non sono d'accordo con lui nel credere che questo fascismo piccolo-borghese del dopoguerra sia altra cosa dal democratismo, o radicalismo, piccolo-borghese di antiguerra. E mi spiego. Se io ripasso la storia d'Italia dal '76, circa, al '96, circa, io trovo presente attivo e diffuso in Italia a quel tempo un movimento politico, in cui mi par impossibile non riscontrare, non dico il presentimento del fascismo d'oggi, ma addirittura il fascismo stesso, vestito, naturalmente, alla foggia di allora. Intendo alludere a quel movimento che si chiamò radicalismo e democrazia, tanto per intenderci, cavallottiana. "Popolanismo" e borghesia retorico-umanistica, irredentismo e spadaccineria, gruppi di volontari e fasci radicali universitari, libertarismo e intolleranza, antisocialismo e società operaie col ritratto di Garibaldi e un presidente onorario (meglio se autorevole e facoltoso), il tricolore senza "la macchia" in mezzo, erano, come molti ricordano, le note distintive di quel movimento; e ancora sono, come ognuno può vedere, le note distintive del fascismo odierno. Il radicalismo, aveva in più l'anticlericalismo, che il fascismo dice di non avere: ma questo ci ha, come equivalente, "l'antipipismo" per ora; appresso si vedrà. Anche il radicalismo fu sugli inizi un movimento capeggiato e alimentato da ex-combattenti volontari (interventisti); anche Garibaldi (e ne parlo col dovuto rispetto) fu "duce" e "dittatore" ed ebbe in dispetto i ciarlamenti", e fu deputato, e venne una volta alla Camera in poncho e camicia rossa; e anche Crispi, garibaldino e radicale, fu dittatore, e, a suo modo, nazionalista, e facitore anch'esso di elezioni à poing. Anche il radicalismo fiorì e durò, nel Nord, particolarmente a Milano e a Cremona, e, viceversa, non attecchì mai, nel Nord, in Piemonte, o, almeno, nel vecchio Piemonte. Anche il Cavallotti conobbe gli entusiasmi di Sassari (che non è Sardegna, neppure di lingua). E ci sono tanti a cui Mussolini, fa venir in mente, per certi aspetti, appunto Garibaldi. Il fascismo, dice bene il Salvatorelli, è fenomeno tipicamente piccolo-borghese, ed è fenomeno precapitalistico, e non è, a rigore, né tutto, fenomeno di dopo guerra. E quand'è così andiamo fino in fondo: nel cercarne i prodromi, non arrestiamoci al radioso-maggismo (di cui voglio parlare col S. qui, a lungo, un'altra volta), non accontentiamoci di risalire timidamente agli anni "immediatamente susseguenti al '98", ma doppiamo quel capo, e giungiamo apparato al tempo della democrazia cosiddetta cavallottiana; là troviamo ripeto, non i prodromi del fascismo, ma, diverso nel nome, identico nella sostanza, esso il fascismo. La radico-democrazia, dall'alluvione socialista, non era stata distrutta, era stata solamente "mascherata": riprodottosi, con la palingenesi del romanticismo nell'anteguerra, e più con la crisi del dopoguerra, uno stato di cose che ricorda moltissimo da un parte il periodo '61 - '66, dall'altra il periodo '81 - '96, ecco che quella radico-democrazia rinasce, e, messa alla pari coi tempi, si chiama fascismo. Le prove di questa identità mi paiono evidenti: il misterioso e tenace attaccamento di Mussolini alla democrazia-sociale; l'assistenza della Massoneria alla nascita dei fasci specie nel centro e nel mezzodì; il tentativo di assalto fascista alla diligenza massonica; la permanenza dì alti dignitari massonici nel fascismo anche dopo il voto del Gran Consiglio Fascista del 30 gennaio; il Secolo di Milano che diventa filofascista restando... il Secolo e passando in possesso di una società di cui fan parte Gasparotto e il Goldman; le impazienze anticlericali del fascismo farinacciano sempre più ascoltato e potente presso Mussolini: tutti questi fatti e altri consimili sono, per noi, più che indizi, prove di questa, più che affinità, identità fra l'antico radicalismo e il nuovo fascismo. Per cui io credo non sia temerario l'affermare che, a conti fatti e a boccie ferme, dei partiti o delle idee politiche anteriori al fascismo, quello che assorbirà il fascismo e lo colorirà tutto di sé, sarà, non il liberalismo del Gentile, non il nazionalismo del Corradini, ma bensì il demo-radical-massonismo di Colonna di Cesarò e di Bonardi. Un'altra volta vedremo la conseguenza di questa identità o assorbimento, per ciò che riguarda la "penetrazione pacifica" del radical-fascismo nel Mezzodì. E un'altra volta ancora diremo della questione del "radiosomaggismo" riprendendo la polemichetta, che su questo punto si accese fra Salvatorelli e Un Unitario. AUGUSTO MONTI.
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