DIALOGHI VENEZIANI

Lo spaccio della bestia trionfante

    CANDIDO. - In questi giorni, di fronte alle mie petulanti richieste, vi siete accoratamente schernito dal discutere le molte cose che si sono dette intorno al progetto di legge elettorale. Ora vi siete fatto sfuggire la confessione che nelle prossime elezioni non andrete a votare. Permettetemi di concludere per conto mio che un giudizio l'avete così già pronunziato, ed un giudizio grave, perché io so che in altre circostanze non avreste schivato un dovere, sia pure difficile.

    POCOCURANTE. - Voi siete, al solito, un furbo, che si diletta a fare il processo alle intenzioni. Ma allora, mio caro "loico", proseguite la vostra indagine: il giudizio c'é, ma intende di tenersi lontano dal fatto contingente della legge, fatta com'é o altrimenti. Non giudico questo progetto, non ne avrei giudicato un altro: giudico vano ogni giudizio, e non avrei votato neanche se fosse rimasta in piedi la legge vecchia.

    CANDIDO. - Muoia Sansone con tutti i Filistei!

    POCOCURANTE. - No. Vi prego di non fraintendere. Non si tratta né del piacere della vendetta, né dell'Achille sotto la tenda: gesti che non si confanno né alla mia modesta posizione di semplice cittadino - man of the street, direbbero gl'Inglesi -, né sopratutto ai miei sentimenti. Ma il voto é la più alta espressione della mia personalità di cittadino, e richiede da parte mia un esame di coscienza. Ora la mia coscienza mi vieta di fare dei "deputati", finché il Parlamento é di fatto soppresso. Non posso contribuire attivamente a perpetuare l'equivoco di una forma vuota di contenuto. La rinunzia che io faccio al mio diritto di voto non é dispetto, desiderio di vendetta o disinteressamento egoista; ma la più grande concessione e insieme il più grande sacrificio personale, che possa fare a coloro che detengono il potere, ma non si sono guadagnata la mia fiducia. Io dico loro: - Quantunque sia convinto che non posso andare d'accordo con voi, concedo che potrei anche essere io ad ingannarmi. Fatevi dunque la vostra Camera senza Parlamento. Io non vi molesterò menomamente.





    CANDIDO. - Ricordatevi però che il presente regime ed i suoi simpatizzanti partono dalla premessa della necessità della lotta all'ultimo sangue contro il parlamentarismo, anche se al Parlamento coglie qualche botta di straforo. La nuova Camera sarebbe un Parlamento senza parlamentarismo, un Parlamento perfetto. Per ottenere questo frutto si potrebbe quindi passare anche attraverso elezioni a rime obbligate.

    POCOCURANTE. - Si, questo é, in termini familiari, il pensiero fascista. Esso é però doppiamente erroneo. In primis voi sapete il mio pensiero sul cosidetto parlamentarismo. Ne parlammo qualche settimana fa. Tutti i parlamenti hanno del parlamentarismo; ma il parlamentarismo non ha bisogno assoluto dei parlamenti, vive anche senza di questi. Con altro nome c'é stato il parlamentarismo di Corte, prima dei regimi costituzionali, ai quali certamente il parlamentarismo sopravviverà sotto chi sa quale altro nome.

    Se non che il "parlamentarismo parlamentare" ha un limite ed un controllo precisamente nelle libertà costituzionali e nella libera discussione in Parlamento, l'altro parlamentarismo é illimitato, incontrollabile e traditore. La 26ª Legislatura é un morto che parla; ma il parlamentarismo é vivo e vegeto che é un amore. Avete seguito un po' le vicende del processo della Società Paludi pontine contro Giovanni Preziosi e seguenti polemiche Pantaleoni-Bazzi? C'é da prendere una indigestione di parlamentarismo.

    Il secondo errore é alla radice della mentalità fascista, e quindi, come tutti gli errori psicologici, é incorreggibile. A che pro il fascismo domanda il suffragio della nazione? Se esso ha coscienza di avere iniziato un ordine nuovo, contro il regime democratico-parlamentare, se esso pensa, come dice che "la rivoluzione é in marcia", si sviluppa, é al secondo, terzo, quarto tempo, ed allora perché questa mésalliance con i vecchi ordini corrotti, perché questo arrampicarsi affannoso, a pochi mesi di distanza dalla marcia su Roma, per le scale di Montecitorio? Perché questa figura di parvenus in caccia della signorina con qualche pretensione genealogica e con qualche magagna?

    Il male é, come vi dicevo, alle radici, ed stato involontariamente diagnosticato dal loro capo in quel tale articolo sulla forza e sul consenso. Se il governo presente potesse dire senza ambagi: - Noi del vostro consenso non abbiamo bisogno, poiché poggiamo sulla nostra forza; allora si troverebbe in una condizione più netta esso e il Paese, e sarebbe tanto di guadagnato per tutti e due. Ma Mussolini pensa di contemperare la forza col consenso, come ha spiegato al Senato, e questo é assurdo. Egli non sa dire: - O forza o consenso; ma ha bisogno di forza e consenso; il che costituisce una posizione equivoca e precaria e, quel ch'é peggio, tradisce una tara intima. È una forma di nevrastenia, da cui sono affetti alcuni uomini che giungono al potete in certe determinate circostanze storiche e psicologiche, e che, da un esempio caratteristico, si potrebbe chiamare la "nevrastenia neroniana". Lo stato di spirito paradossale del mussolinismo è questo: Nel momento in cui si fa il gesto forte avere davanti a sé una platea plaudente. Due braccia piegate intorbidano la vista.





    CANDIDO. - In questo - scusate se v'interrompo nell'analisi psicologica - c'é la cattiva influenza dell'estetismo di bassa lega della letteratura mediocre di questi ultimi tempi. Non vi pare che Mussolini ci avrebbe guadagnato senza l'influenza di Marinetti?

    POCOCURANTE. - Perché no? E' una osservazione che ha il suo valore, ma sempre come considerazione secondaria. Del resto riparleremo forse un'altra volta su questo interessante argomento delle influenze letterarie negli ultimi avvenimenti. Ora mi preme, per non farvi perdere troppo tempo con le mie chiacchiere, di trarre la conseguenza delle osservazioni precedenti. Si tratta di un dissidio di mentalità, quindi incolmabile. Liberalismo e fascismo parlano due lingue diverse: metterli insieme, anche con buone intenzioni, significa rifare il tentativo della Torre di Babele. Il fascismo abbia la forza d'animo di acquistare piena coscienza del proprio essere. Il governo dittatoriale si regge giorno per giorno sul filo della propria spada. Ogni tentativo di contemperare forza e consenso é una défaillance, di cui gli avversari hanno il diritto di prevalersi. Il governo dittatoriale, per l'intima sua essenza, é costretto a contare, semplicemente sui propri muscoli: é il destino del clown. Un secondo di capogiro segna la fine della propria fama di giocoliere e in pari tempo della propria esistenza. Una elezione, preparata inevitabilmente su questo terreno (e basta considerare come si stanno facendo quelle amministrative) né legalizza né rafforza. Nel marzo scorso Stambuliski, per avere un Parlamento ancora più ammaestrato, fece le elezioni ed ebbe un consenso strepitoso. Oggi, tre mesi dopo, Stambuliski e il suo regime sono un ricordo. Il consenso si guadagna non si estorce: é questa la semplice e grande verità che il fascismo bisogna ancora che impari, e sarà forse un bene che si faccia da sé la sua esperienza. Ogni offerta d'aiuto, data la sua mentalità chiusa, gli darebbe ombra.

    D'altra parte non mi spiego perché i partiti avanzati, diciamo così, rivoluzionari, si facciano tanto paladini dell'ordine costituzionale. È una specie di trincea già belle e fatta, ed essi pensano, al solito, che ciò é comodo? Se é così, non è glorioso per essi. I partiti avanzati devono essere pronti ad accettare subito la lotta su qualsiasi terreno. È una pigrizia piantare i piedi su di uno, perché, più piano, e non volerne uscire. Se veramente si sentissero rivoluzionari, gioirebbero di uno strappo fatto alle tradizioni e della dimostrazione pratica che ciò si può fare senza molta difficoltà e dei precedenti offerti da un governo, che ancora pratica il Quirinale.

AUDITOR TANTUM.