IL GENTILUOMO LIBERALE
Libertà, putrefatta dea! Pure, ieri la parola liberalismo era di moda, tanto che andava seguendo gloriosamente la sorte di altre parole come pragmatismo, modernismo – diciamo le più grosse! - socialismo, idealismo... A poco a poco cioè quel tanto di senso che si è abituati riporre in esse, sperdendosi del tutto nella gran massa delle idee nuove venute, ciascuna di queste fortunate parole diventa così gonfia da definir l'universo; allargamenti di significato facili e quasi naturali, in epoca di idealismo alla portata di tutti: si arriverà al punto che ciascuna parola contenendo in sé tutte le altre, le lingue si confonderanno, e per farci in qualche modo intendere, ricorreremo a da-da. Nel caso nostro, a questa appunto si è arrivati: se non proprio a disperdere la lettera della parola, a svuotarne e a dissolverne il significato, fin che la solita voce roboante in tono di scoperta feroce vien a dar la solenne consacrazione del dissolvimento avvenuto, della identificazione perfetta con da-da: cosa vuota di senso, cioè, arcimorta: libertà, putrefatta dea!... Allora, ritardatari superstiziosi, entriamo nel tempio sui gradini del quale giace calpestato il cadavere della morta dea, penetriamo ad una ad una nelle cappelle dove è conservato il ricordo dei patriarchi della libertà: furono uomini onesti che ancora possono insegnar qualcosa, e di cui può pur farsi la commemorazione; poi non è detto che si debba esser sempre in compagnia coi vivi, in piena luce e in cospicuo godimento di attualità, ma forse per amor del popolo e devozione alla storia, è necessario in alcuni periodi che possono anche abbracciar l'intera vita, essere impopolari e antistorici. Fra questi patriarchi del liberalismo, uno ve n'è che si presenta forse per primo, tanto per lui il liberalismo è ancora più che dottrina, temperamento e metodo di vita e disciplina e finalità di lavoro: Alexis de Tocqueville. Ha perfino lo stile del liberale: uno stile piano e garbato, alto e onesto, dove le idee son prodotte dai fatti numerosi elaborati intesi e anche sottintesi, dove innumerevoli pensieri profondi son espressi senza che nulla in essi sappia di boutade, di nervi o di caffè. Stile plasmato per far assimilar di colpo le idee, poiché sorge esso stesso da una assimilazione, ma che non permette mai alle idee di staccarsi, genericizzandosi, miticizzandosi, seguendo la propria vaporosa via. E fin i due grandi argomenti che De Tocqueville prese a studiare son argomenti da liberale: toglier cioè dal sempre efficace ricordo della più grande rivoluzione dei tempi moderni, tutto quel che v'era di mitico insieme e di presuntuoso, ricollegandola al proprio immediato passato da cui essa si era violentemente staccata, col mostrarle come essa sorgesse più da quel passato che dallo slancio violento con cui se n'era scissa. Opera sottile cioè d'arresto e purificazione della violenza intesa come peccato originale, opera che trova la propria necessaria continuazione nell'altro grande argomento ch'egli studiò, la democrazia americana. Cioè, dopo aver ristabilito i legami col passato, tratteggiar le vie che i tempi democratici avrebbero dovuto seguire nel più immediato domani, e indicarne i pericoli: tutto questa senz'ombra di tono profetico, ma con uno stile e un metodo ch'è, appunto, quello stesso del liberalismo. Poiché si sente come in lui ci sia una forza e una abilità anche che gli fan giudicar dei fatti quali si svolgono in democrazia con criteri molto chiari, precisi, durevoli: con idee, in una parola, sensate e pratiche che gli servon a trarsi d'impaccio con precisione in infiniti casi concreti, senza lasciarsi andar tanto a voli teologici né precipitare in abissi di pessimismo, per esser poi costretto a riconoscere come unico criterio di verità la maggior forza. Un liberalismo cioè che arriva a giudicar dei fatti in tempo, perché la volontà di un uomo o di un gruppo d'uomini possa ancora riuscire in parte a plasmarli: senza quindi il ritardo offembachiano del pensatore moderno che giunge quando del fatto non c'è che un nulla, un corpo del reato su cui si imbastisce un chiassoso processo. Un liberalismo che è indicazione del cammino, del metodo che gli uomini devono prefiggersi per far qualcosa di buono della democrazia, perché questa, si mantenga fedele a se stessa sfuggendo gli innumerevoli pericoli cui forse è condotta dal naturale svolgersi dei suoi elementi. Qualcosa che non si teorizza e non si dimostra e non si divulga, ma viene dalla educazione e penetra nel sangue, e che è come il segreto vero della democrazia, l’ideale più bello di una rinnovata forma di selezione in cui non v'è eredità di famiglia o di casta. Se in democrazia le leggi e l’autorità son il più possibile spoglie di forme, poiché vivono o dovrebbero vivere nell’intimo di ciascun cittadino, il liberalismo è la tradizione segreta e sana che le mantiene sempre più spoglie di forme e sempre più intime. Ma non v'è liberalismo quando non si possa formare una tradizione e quando debban venir messi in campo ogni giorno i problemi fondamentali, e quando la democrazia rimanga una gran massa fluida e flaccida non organata ma trascinata dal suo peso. E non v'è liberalismo nemmeno quando per risolver le questioni più ardue si ricorre alla sorte sotto forma di guerre o di rivoluzioni, che son sempre rinuncia al buon lavoro metodico, prodotto e punizione insieme della pigrizia degli uomini né quando si è così poco cauti e operosi nel mondar i fatti dal fortuito e dal casuale, da vederseli poi davanti, gonfi d'oscure minacce, raccogliere e ingigantire insieme ogni elemento torbido: si tratti, appunto, di guerre o di rivoluzioni di passioni provocate nell'opinione pubblica di miti di scandali. Poiché il liberalismo è la nobilità, la buona coscienza, il buon gusto della democrazia. E noi comprendiamo anche perché si sia oggi tanto lontani dal liberalismo: questo gentiluomo liberale si era così nobilmente ingannato della democrazia, da credere che in essa potesse immediatamente sorgere, come tradizione comune della vita pubblica, quel ch'era la nobiltà della sua razza che metteva capo a lui. Se liberali lo si è solo quando una tradizione intima rattenga e indirizzi il flusso della democrazia, liberali veramente, cioè uomini liberi in democrazia lo sono stati solo questi onesti aristocratici, come Alexis De Tocqueville. Poiché in essi esisteva, appunto, la tradizione intima: ed il metodo non eran costretti a farselo ciascuno coi propri mezzi a ogni giorno. Questo onesto e calmo senso della responsabilità per loro era punto di partenza, cosa non detta, mentre ora è grazia se ci si arriva alla fine della vita: e poi i figli devon cominciar per loro conto la stessa esperienza, da capo. Ora, la democrazia deve contenersi da sé, darsi le proprie mutevoli leggi a seconda delle accidentalità per cui passa e si plasma, annullarsi da sé anche, tanto è cieca e flaccida: perché non dirla la parola amara? andare alla deriva... Come possiamo esser liberali noi oggi, con quei nuvoloni grossi sorgenti a ogni giorno, e con la selezione del tutto arrestata per affidarci al caso o alla forza? Come possiamo esser liberali quando siamo così poco gentiluomini? Pure, non è male si parli tanto di liberalismo, che questa potrebbe essere forse una via per arrivarvi, adatta alla nostra epoca democratica. Gli uomini che come Alexis De Tocqueville hanno rinunciato quasi alla loro discendenza per divenir gli antenati della democrazia, le avevano, come si dice, nel sangue queste virtù di razza: noi invece bisogna le andiamo rovistando ad una ad una, e parlarne dopo averne inteso la mancanza, e dopo averne parlato e straparlato, forse, in qualche caso, comprenderle, incarnarle, farle divenir anche noi, nelle nostre vaste democrazie, educazione, cosa non detta, sangue. Perché si può anche raggiunger la virtù per saturazione di chiacchere. Il cammino è lungo, e tutt'altro che fatale è questo andare che può portarci un giorno vicino all'ideale di De Tocqueville: far che ogni cittadino sia un gentiluomo. Oggi come oggi, il parlar molto di liberalismo è, appunto, come il parlar di nobiltà: cosa da gente che s'è arricchita di fresco con poca fatica; gaffe rivelatrice in un senso o nell'altro, sia che con feroce buon gusto qualcuno affermi che non è nobile, come se avesse bisogno di dirlo e non bastasse il solo vederlo montar sul cavallo; sia che qualche altro, per far servir la massa ai propri non vili scopi, porti, come improvvisato capitano di ventura, a disperdere in lei i propri non falsi titoli di nobiltà. Oppure si può parlare di liberalismo, ma in senso paradossale e quasi disperato: e lo stesso titolo della nostra rivista, ne è un segno. Rivoluzione e liberale fanno a cazzotti: pure, noi si sente che bisogna compiere in noi una sorta di cosciente rivoluzione che sia insieme educazione, per poter alfine arrivare a un liberalismo. A tanto siam giunti, e tutto qui è il nostro nodo. MAX ASCOLI.
Rivoluzione e Liberale non fanno a cazzotti: anzi la nostra originalità essenziale sta nell'aver provato che non si potrà parlare di stile politico o citare Tocqueville se non avremo iniziato il popolo a un'ascesi libertaria: ogni altra interpretazione o discussione di liberalismo può essere da noi seguita solo in sede accademica. (N. d. D.).
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