POSTILLE

Il materialismo storico.

    Il Mosca riassume in due proposizioni fondamentali la dottrina del materialismo storico. Secondo la prima tutta l’organizzazione politica, giuridica e religiosa di una società sarebbe subordinata al tipo prevalente di produzione economica e alla natura dei rapporti creati fra i detentori dei mezzi di produzione ed i lavoratori manuali. La seconda proposizione affermerebbe che ogni epoca economica racchiude i germi che maturandosi producono l’avvento di quella successiva.

    Cominciamo da quest’ultimo punto. Una proposizione di questo genere, in quanto non sia una generica e piuttosto lapalissiana affermazione che dalla maturazione di ogni epoca storica sorge inevitabilmente l'avvento di quella successiva, rientra ben piuttosto nel determinismo economico che non nel materialismo storico, e da questo deve andar ben distinta.

    L'originalità e l'importanza dei formulatori di quella proposizione consiste nell'aver ricercato e dimostrato nello sviluppo della società capitalistica gli elementi ed i germi per la nascita della società collettivista. Una critica pertanto a questa parte della dottrina marxista e alla conseguente visione messianica e (ammettiamolo pure) troppo ottimistica di un'era definitiva di giustizia e di eguaglianza, sarà una critica valida ad una delle formulazioni dottrinarie del comunismo; ma non lede e non tocca per nulla il sistema di idee che va sotto il nome di materialismo storico. Per quanto riguarda il primo assioma fondamentale, esso è concepito dal Mosca in un modo piuttosto ingenuo e semplicistico e le obiezioni ad esso rivolte sono vecchie e poco valide. Si è detto che il fattore economico ha una grande importanza nell'evoluzione sociale, ma che è un errore ritenerlo il principale, la causa di cui i fattori giuridico, religioso, politico, morale sarebbero gli effetti. Ora tutto ciò presuppone una concezione del materialismo storico meccanicistica e astrattista che merita davvero di essere superata e sepolta.

    Non vi sono già vari fattori che si svolgano distinti e concomitanti, che poi debbano esser saldati insieme dai sociologi, dando la prevalenza o la priorità ad uno di essi, a quello economico, o a quello militare, o a quello religioso, come è oggi di moda. Si sente l'eterno fluire della storia soltanto superando questi vari punti di vista particolari e abbracciano tutto il complesso ma unico tormento che travaglia la società degli uomini e la spinge innanzi per vie sempre nuove, verso forme sempre diverse.

    Senonché le forme di produzione e i rapporti di possesso e di dipendenza economica che si stabiliscono di volta in volta nella società e che rivestono corrispondenti forme giuridiche, caratterizzano meglio di qualunque altro fatto i rapporti di dipendenza e di potestà esistenti fra le classi sociali e quindi le forme della sovranità politica e le basi sostanziali dello stato.

    Formulato in tal modo, il materialismo storico non ha, malgrado il suo nome, nulla di materialistico.

    Appaiono pure perfettamente inutili tutti quei vari esempi storici in cui si dimostra che una mutazione politica della società non è stata causata da una corrispondente mutazione economica; ché la prima sarà tanto meglio spiegata e lumeggiata in quanto si avrà saputo cogliere e comprendere anche la seconda.

TULLIO LIEBMAN.

Ricorsi.

    Passa la "Reale". L'erta della Dataria, augusta e ingombra, è piena di tepore per l'ultimo raggio del sole ponente che barbaglia di rosso e d'oro la cupola; lontana; all'improvviso la fanfara rintrona e il cielo si slarga: ecco nel verde, sopra la Consulta, il lume di luna. Son le note di "Giovinezza", forse per la prima volta echeggianti in tale parata e le suonano con quelle loro trombe d'argento, i Carabinieri; la folla si accalca e ansa per la salita che il ritmo guerriero, aleggiando nei cuori, non aiuta le gambe. Sbuca dalla curva, coperta la sua voce dal ritornello cadenzato che ora s'avventa verso il Quirinale, e li accieca col suo faro accesso, un'automobile; ma il conducente, tutto intento a non arrotare i marcianti, non si scopre: un pugno gli arriva sotto il naso e un'altra mano gli ha preso il berretto gallonato e lo getta, con due piroette, alla sponda opposta. Non corrono parole, le note s'allontanano più stridule e un po' stonate.

    Quando il Papa usciva in carrozza, scortato dai gendarmi, ogni altro veicolo sul suo passaggio doveva fermarsi e la gente scendere e porsi in ginocchio a ricevere la benedizione. Ma negli ultimi anni del suo potere c'era il pericolo che, dei ricchi scarrozzanti, parecchi volessero ostentare sentimenti di libertà col seguire la loro strada e col negare l'atto d’ossequio. Per questa salita della Dataria, non meno aspra allora e poco più polverosa, dove per la lentezza del cammino e la strettezza una sconvenienza di tal fatta non poteva rimanere inosservata, una turba di giovinastri dai ceffi oscuri e dal fare arrogante soleva precedere di corsa il convoglio Papale calante al trotto frenato e urlare "in ginocchio" e obbligare vetture e passanti a far ala e a seguir l'etichetta; e per la paura che i cavalli s'impennassero obbedivano i ricchi, attestando al Pontefice arguto, con le ginocchia sul terriccio, la loro devozione.

Pensieri Romani.

    Non è vero che le anime mutino. L'evento prende, sotto questo sole, una figura corporea, di corteo e di funzione, e tutti devono accorrere ai margini d'una strada per averne coscienza; il fatto si concreta in cerimonia e in pompa sempre confermata a uno stesso rito, che comincia e fluisce coi maccheroni e la foglietta, in casa o all'osteria; la solennità è famigliare e la partecipazione estetica: risorge per ogni parata il ricordo secolare di cavalcate e trionfi, ci son troppe ragioni di confronto: le cose odierne perdono di novità e di forza persuasiva. Che vuol dire se mutano le forze? L'augure sorridente che sonnecchia in ogni Romano rompe la scorza il giorno fatidico e rivela che la marzialità è bonaria, la crudeltà scherzosa, l'ira pirotecnica, lo sforzo inutile, la volontà evanescente. E' un vero miracolo di collaborazione: il passante piglia il tono del dèspota, e il despota l'abito del passante.

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    Dove la gente s’adatta peggio alle regole, la regola già fissata trova più facili ragioni e consensi, come quella che meno pesa e meno s’impone; e la critica solita cui soggiace non riesce neanche a scalfirla, poiché è lo sfogo e quasi la ragion d'essere e la dignità degl'intemperanti che non chiedono nulla oltre la libertà di questo quotidiano esercizio, ripetuto senza desiderio di variarlo, riconoscendo in cuor loro che la miglior condizione della vita sta nell'immobilità e nella continuità dell'oggetto del loro sdegno e malumore. La voglia di riformare si sconta, più che con la loro incomprensione, con una loro avversione profonda e combattono e son pronti a morire per quella causa che ostilmente li nutre. Questo discorso è fatto per la burocrazia; che è l'ordine eletto del popolo Italiano come capro espiatorio de' suoi difetti e delle sue impazienze.

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    L'etica del militare s'accompagna ad una rigidità formale che rifugge dalle complicazioni psichiche, dai casi di coscienza. Lo spirito, allo squillo del dovere, piglia la posizione d'attenti e marcia al passo per la via che quell'araldo gli segna. Questa piemontese sicurezza, trapiantata qui dove idee e tendenze non conoscono termini e confini, alligna ribelle, e frutta un'ostinata e a volte disperata volontà di salvare, con quelle famose spese per l’esercito che, riserva reticolata dei tecnici, non soffrono assalti di discussioni, il palladio e quasi la premessa della Nazione. Il cervello degli Ufficiali è refrattario agli argomenti economici e alle osservazioni politiche perché vi sottintende un'irrisione e un'offesa, sotto specie di superamento, a quel mondo morale organico e chiuso che gli fa bella la vita; se poi vi riconosce una veste sgualcita e retorica dell'inganno pacchiano che si trama di solito tra corridoi e anticamere, la noncuranza si fa sdegno e forza insorgente, pronta alleata di qualunque interesse abbia l'avvertenza di sottoporsi alla sua bandiera prima di dar la scalata al potere. Per la poca serietà e circospezione con cui si custodisce lo Stato, e il facile marchio d'indegnità che ogni scetticismo richiama su di sé e impone, s’ottiene di suscitar l'animosità, la gelosia e forse la rivelata di un organo che sarebbe sano e vitale e non avrebbe, toltagli l'occasione d'esaltarsi, velleità di predominio.

U. M. di L.