PENSIERO FASCISTA
AGOSTINO LANZILLO. Le rivoluzioni del dopoguerra. Critiche e diagnosi. - Città di Castello, "Il Solco", 1922. Ecco un libro che consigliamo volentieri per chi sia a corto di argomenti nella polemica, col fascismo, - senza neppure protestare una finta sorpresa di ritrovare d'accordo con noi il più forte teorico dei nostri avversari. Ci spieghiamo invero senza difficoltà l'adesione di Lanzillo a Mussolini sia per l'esaltazione dell'interventismo sia per l'irrequieta ispirazione antintellettualista dell'autore della Disfatta del socialismo. Senonché la sua filosofia dell'intuizione è alquanto più esperta e preparata di talune grossolane professioni relativistiche di capi e gregari e riesce persino a consentire certe possibilità di critica e di intelligenza. Nelle pagine dell'amico polemista (talora frettolosamente giornalista) si ritrova in un punto la profezia del governo fascista: "Nella società attuale - ai primi del 1922 – noi constatiamo che lo Stato sta accrescendo ogni giorno il suo potere. La forza militare che ha ai suoi ordini è assai più temibile ora che non prima della guerra, per la sviluppatissima confidenza con l'uso delle armi e la diminuita e quasi scomparsa impressionabilità dei cittadini di fronte a fatti di repressione armata. I mezzi di collegamento, di repressione, di organizzazione difensiva sono formidabili e quasi invincibili. Se si suppone, secondo l'ipotesi avanzata avanti, che possa avvenire una fusione, allo scopo di dominio politico, fra talune categorie operaie e taluni ceti dirigenti, ne verrà una compagine politica così salda, che la forza che questo Stato avrà e potrà usare contro il resto della società, sarà praticamente illimitata". Si domanda quale sia di fronte a tali prospettive l'animo di Agostino Lanzillo liberista, nemico dell'intervenzionismo statale, del nazionalismo e del militarismo. Poiché il fascismo sta per essere appunto l’erede, nel senso più cattivo, del socialismo combattuto dall'autore; ripetendo anzi l'aberrazione di una ingiusta amnistia per il solo scopo di salvare dal carcere, giusta gli accordi preventivi, il compromesso Giulietti. Dei tre canoni cari al Lanzillo, liberismo, antintellettualismo, cognizione economica non so quale si potrà salvare col nuovo governo paternamente cattolico, e col nuovo Stato disposto a controllare non solo l'economia privata ma ancora le coscienze e l'urna elettorale. E' vero che egli si può rallegrare ormai della sua antica profezia: La guerra sarà per dare agli uomini la massima spregiudicatezza nell'usare la forza, ma nei nuovi iniziati alla concezione della vita guerriera cercherà invano gli auspicati requisiti della classe dirigente capace di contemperare la persistenza degli aggregati e l'istinto delle combinazioni, individualista e liberista contro la mediocrità organizzata. Certo le nuove classi guerriere, che Lanzillo preconizzava istintivamente individualiste, si sono piuttosto rivelate barbaramente burocratiche e i loro istinti di monotonia ci fanno ormai disperare sulla possibilità di una risoluzione unitaria del regionalismo col rispetto religioso delle personalità regionali ! L'invito al fascismo a farsi rappresentante delle classi medie è stato il solo ascoltato, ma a vederne i risultati vorremmo che Lanzillo ci spiegasse come egli scorgesse nel fascismo un'anima eroica e se la citazione di Sorel a proposito della loro violenza non venisse alquanto a sproposito. Tutto il sindacalismo del nostro è del resto alquanto approssimativo (non intende il mito russo nel suo valore storico e nazionale) e la sua formazione spirituale si potrebbe più esattamente definire di economista, ora all'inglese ora paretiano. (Le pagine critiche sul controllo, le osservazioni sul valore normale della crisi, sulla vitalità del regime capitalistico sono belle). Gli offriremo appunto una antitesi liberista dei problemi che egli pone. Il liberismo infatti fissa come limite naturale all'economia la mediazione politica, la quale ha parimenti le sue necessità ed esigenze autonomistiche: sembrerebbe dunque che la giusta critica agli avventati scioperi di cattivi politicanti e al facilonismo massimalista non autorizzasse senz'altro l'esaltazione del sindacalismo inglese (transeat) e della nostra Confederazione generale del Lavoro (ah, questa poi!), in omaggio a un vagheggiato governo dei produttori! Invocare un governo di produttori mentre la proporzionale agisce mirabilmente come strumento di lotta politica e di formazione libera dei partiti significa spaventarsi della libertà e rifugiarsi nelle medioevali consolazioni corporative. Quest'odio dei fascisti verso la politica in omaggio all'idillio letterario e al pratico adattamento economico è il peggior indice della decadenza dei nostri costumi e della mollezza dei caratteri che invocano, come riposo, i1 ritorno al Medio Evo. La costituzione del Carnaro fu il primo avvertimento; poi collaborazionismo e fascismo, guardia regia e squadrismo furono gli assidui espedienti della tremula fantasia. Il governo di Mussolini esilia nei conventi la critica, offre ai deboli una religione di Stato, una guardia pretoriana, un filosofo hegeliano a capo delle scuole; nello Stato etico annulla le iniziative. All'Italia immatura offre una culla che potrebbe essere la tomba delle coscienze civili diventate private. La monarchia uccide. gli effetti troppo pericolosi del suffragio universale (se pur non alimenta da sé i suoi becchini). Ha eliminati provvisoriamente alleandosi ancora una volta con la plutocrazia, i due problemi che sarebbero stati la Bastiglia del popolo italiano: i rapporti tra lo Stato e le classi operaie; l'incontro e l'antitesi tra industria e agricoltura. (Noi saremo un popolo solo quando risolveremo senza transazioni questi problemi: è la nostra rivoluzione). Chi parla oggi di liberismo e di problema meridionale? La Monarchia ha seppellito i democratici e la lotta politica. I discorsi sui governi delle competenze e dei tecnici hanno la stessa natura delle prediche sulla grazia divina e lo spirito santo: valsero a rubarci la costituzione e a edificare un nuovo monumento di paterna teocrazia. Chi vorrà consolarsi può apprendere alla scuola del nostro amico Lanzillo le varie illusioni ideologiche che eccellentemente nascondono la verità. L'antintellettualismo pare inventato apposta per siffatti casi di dubbio. Lanzillo professa invero un'arte della sospensione, dell'indecisione addirittura stupefacente: chi ha spiegato tante illusioni e tanti miti si direbbe non comprenda l'illusione elementare dell'azione che scaturisce almeno secondo una finzione dogmatica. Perché lo storico quando si confessa per agire può essere, realisticamente, sicuro. E invece il nostro amico a furia di non decidersi, di non spingersi sino in fondo nell'analisi, all'ora di spiccare il salto resta dall'altra sponda. PIERO GOBETTI.
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