RASSEGNA SINDACALE

I Sindacati fascisti

    Ricordiamo che il fascismo nato dalla guerra quale concetto etico di valorizzazione del sentimento nazionale, ordinatosi in partito, ha dovuto, nonostante l'ostentato disprezzo del numero, scendere al reclutamento di numerosi adepti che solo avrebbero potuto generare la forza attiva. Dopo un primo pericolo di inquadramento politico ha raggiunto appieno l'intento creando un complesso di organismi sindacali che, praticamente foggiati ad imitazione di quelli socialisti, da questi si differenziarono per molti importanti punti programmatici. I principali caratteri distintivi sono dati:
    dal riconoscimento della funzione economica e sociale dell'imprenditore e del capitalista, riconoscimento dal quale discendono ovvie con sequenze nella valutazione del risparmio individuale e del diritto di proprietà.
    dalla coscienza di una gerarchia (che si vorrebbe in massimo grado avvicinata a quella dei valori morali ed intellettuali e mai frutto di privilegi conquistati in virtù di subdole manovre) contrapposta alle comode teorie egualitarie care alla più ingenua demagogia.
    dalla sostituzione di una salda coscienza nazionale opposta al mito internazionalista, ma non concepita la prima come fonte di odio sibbene quale suscitatrice di energie vigorose e di strenua volontà dirette a fini di civiltà in dignitosa collaborazione di popoli.

    E' facile comprendere però come, con direttive siffatte, le Corporazioni sindacali non avrebbero trovato largo seguito fra i lavoratori italiani (educati da lunghi anni di propaganda socialista) se quel processo di comprensione dei fenomeni economici reso possibile dall'assenza di effetti positivi risultanti dalla politica sindacale rossa (occupazione delle fabbriche, lavori pubblici per la lotta contro la disoccupazione, cooperativismo parassitario ecc.) e da noi già segnalato, non avesse aiutata la formazione dei primi nuclei sindacali fascisti verso di essi orientando coloro che della politica ricordata erano in grado di scorgere l'insufficienza.

    Tali nuclei hanno rinforzato con una minoranza composta di veri operai le schiere date dagli agrari e dalle classi medie cittadine le quali appunto nella difesa del sentimento nazionale trovavano le ragioni più intime di simpatia verso il nuovo partito .

    In ultima analisi è stato permesso a questo di assumere, con un movimento, diremmo quasi fatale, una notevole importanza numerica poiché di fronte allo smarrimento dei collaborazionisti, che pur godevano del sostegno incondizionato dei confederali (il voto di Genova è stato un monumento insigne di insincerità) la presenza di elementi proletari nelle file fasciste ha impedito una reazione spontanea degli organizzatori (di qui il successo puramente verbale del fronte unico proletario) e ha reso possibile il prevalere dell'agnosticismo dei dirigenti già manifestatosi con la denunzia del patto d'alleanza tra partito socialista italiano e Confederazione Generale del Lavoro.





    L'avvento del governo fascista ha creato per le corporazioni sindacali un notevole flusso di organizzati. Se ne comprendono agevolmente le ragioni quando si pensi che i capi del già trionfante socialismo hanno assistito agli avvenimenti decisivi della fine di ottobre con una prudenza di atteggiamenti veramente strana.

    Dopo aver diffuso nei gregari la coscienza della necessità di assumere la responsabilità del governo, dinnanzi ad un movimento che loro tagliava la strada non hanno saputo chiamarli a raccolta contro il pericolo nascente ma hanno procurato di non compromettersi con atti e dichiarazioni nette onde non ci si dovrebbe stupire se essi in cuor loro ringraziassero i novelli governanti degli odiosi attentati commessi alla libertà di stampa e a quella individuale (pur non potendoli scientemente deplorare perché preparati ad esercitare ben più radicali misure coercitive in caso di una rivoluzione di marca rossa) che li hanno salvati dalla necessità di esprimere senza reticenze un pensiero che il loro cervello non poteva, nel disordine lasciato da una annosa predicazione settaria, formulare.

    Superato il periodo di formazione del nuovo governo ed iniziatosi quello di assestamento, gli operai, rimasti privi di ogni direttiva ed educati da tanti pratici insegnamenti a solo sperare nei benefici che sapienti manovre di corridoio e tanti disinvolti compromessi solevano procurare a loro vantaggio, si accodarono e si accodano ai nuovi trionfatori nella speranza di assidersi a novello banchetto.

    Le conseguenze di questi amari rilievi sono abbastanza semplici. Risulta evidente che il colpo di stato fascista se ha spostate le forze sindacali, nulla ha mutato del loro contenuto spirituale. I nuovi organizzati accettano il nuovo credo ora per l'enorme maggioranza dei gregari tale accettazione non avviene in virtù di una conquistata maturità di pensiero, di una più completa comprensione dei fenomeni economici e sociali, di una più esatta valutazione delle forze che concorrono a crearli, a risolverli, a modificarli, (condizioni necessarie perché il fenomeno acquisti una profonda e reale significazione) ma solo per l'inveterata abitudine di seguire il più forte onde ottenerne i favori.

    Il governo fascista, ripetiamo, è governo che rappresenta oggi potenti masse politiche organizzate; mentre si sforza di dar vita a un programma che giudicato secondo i principi informatori del sindacalismo rosso (sui quali si sono formate le menti dei suoi stessi organizzati) vuol essere qualificato come negativo, da esse deve trarre forza costante. Ciò determina una situazione estremamente delicata poiché il sindacalismo fascista sotto la pressione degli adepti sempre più numerosi ma rimasti ideologicamente fermi su altre posizioni minaccia di snaturarsi e di allontanarsi dai principi programmatici coi quali è sorto.

    Alcune affermazioni contenute negli Ordini del giorno approvati dal Convegno nazionale della Confederazione delle Corporazioni Sindacali tenuto a Bologna il 10 e l'11 novembre scorso giustificano quanto andiamo dicendo. In essi troviamo, ad esempio, accanto ad una positiva ma ancor incerta visione dei limiti e delle forme dell'azione sindacale, la promessa di un'azione "implacabile" contro quegli elementi capitalistici "che per una dannosa concezione classista o per mene politiche non vogliono assoggettarsi alle superiori necessità nazionali" nel quale concetto in pratica può rientrare e trovare giustificazione tutto un programma di azione socialista: dalla imposizione di un minimo di mano d'opera all’occupazione delle cosi dette terre incolte, dal controllo operaio in tutte le svariate forme pensate dai suoi assertori, su su fino all'assunzione della gestione industriale da parte di cooperative sovvenzionate, ed ai sussidi dati ad industrie pericolanti per garantire occupazione alle maestranze, provvedimenti dei quali si conoscono oramai tanto l'apparente vantaggio quanto il reale ed infinito danno.

    Il fascismo si trova dunque dinanzi ad un formidabile problema: se vuol tenere fede al programma di risanamento della finanza italiana dovrà operare una profonda quanto rapida opera di educazione delle masse organizzate onde dare ad esse quella coscienza della realtà economica che la lunga predicazione socialista loro ha tolto sostituendola con un'abbacinante visione di una economia associata produttrice della più perfetta ed equilibrata convivenza sociale.

    Ove tale opera vanga a mancare è evidente che il governo si troverà ben presto ad un bivio, dovrà cioè scegliere fra l'opposizione sistematica e violenta delle forze sindacali e la politica di blandizie che fu la caratteristica dei governi che l'hanno preceduto nel periodo post-bellico. Nella capacità o nella incapacità di evitare i due scogli fatali il governo potrà dare la prova di rappresentare un movimento costruttivo od un movimento distruttivo della vita nazionale italiana.

RICCARDO BAUER.