IL MATERIALISMO STORICO
Il compito nostro presente è analogo a quello degli italiani prima del '48. Si tratta di preparare le nuove idee, di creare le correnti della futura lotta politica, oggi violentata per la sua stessa equivoca immaturità. Cominciare quest'opera con una revisione del marxismo ha per noi un valore simbolico. Desidereremmo che questo saggio del senatore Mosca fosse inteso da qualcuno come invito a ripensare e rielaborare l'argomento sulla nostra rivista. Uno dei sistemi di idee oggi molto diffusi e che rendono difficile la retta visione del mondo politico è quella che viene comunemente chiamata materialismo storico, il quale non è soltanto un articolo di fede per moltissimi seguaci del Marxismo, ma ha eziandio più o meno influenzato molti di coloro che alle dottrine marxistiche completamente non aderiscono. Ed il pericolo maggiore della diffusione del cennato sistema e della grande influenza intellettuale e morale che esercita consiste nella piccola parte di verità che esso contiene; perché nella scienza, come in generale nella vita, le bugie più pericolose sono quelle mescolate con una certa dose di verità, che serve a meglio mascherarle in modo da renderle facilmente credibili. Il materialismo storico si può riassumere in due proposizioni che ne costituiscono, per dir così, gli assiomi fondamentali, sui quali si basa la dimostrazione di tutti i teoremi che ne derivano. Secondo il primo assioma tutta l'organizzazione politica giuridica e religiosa di una società sarebbe costantemente subordinata al tipo prevalente di produzione economica ed alla natura dei rapporti che essa crea fra i detentori dei mezzi di produzione ed i lavoratori manuali. Perciò, cambiando il sistema di produzione economica, dovrebbero necessariamente cambiare la forma di Governo, la legislazione che regola i rapporti fra gli individui e fra questi e lo Stato e finalmente anche quelle concezioni religiose e politiche che forniscono la base morale all'organizzazione dello Stato; come sarebbero, ad esempio, il concetto del diritto divino dei Re o quella della sovranità popolare. Il fattore economico sarebbe quindi la causa unica ed esclusiva di tutti i mutamenti materiali, intellettuali e morali che avvengono nelle società umane e tutti gli altri fattori non sarebbero tali, ma dovrebbero essere considerati come semplici effetti o conseguenze di esso. Il secondo assioma, che sarebbe in certo modo un postulato del primo, afferma che ogni epoca economica racchiude i germi i quali, mano mano maturandosi rendono necessario l'avvento di quella successiva con la conseguente trasformazione di tutta l'impalcatura politica, religiosa e legislativa della società. Perciò durante la presente epoca borghese, sopratutto mediante l'accentramento progressivo della ricchezza in pochissime mani, si andrebbero preparando quelle condizioni economiche e sociali, che quanto prima dovrebbero rendere inevitabile e fatale il collettivismo. Quando poi si sarà arrivati a quest'ultima fase dell'evoluzione storica, sparirà per sempre ogni disuguaglianza fondata sulle istituzioni sociali, sarà reso impossibile il predominio e lo sfruttamento esercitato da una classe a danno delle altre e verrà inaugurato un nuovo sistema basato non già sull'egoismo individuale, ma sulla fratellanza universale. Ora riguardo al primo assioma faremo anzitutto osservare che si potrebbero addurre moltissimi esempi storici per dimostrare che nelle società umane sono avvenuti cambiamenti importantissimi i quali ne hanno mutato radicalmente gli ordinamenti politici, ed alle volte anche le concezioni fondamentali sui quali questi ordinamenti erano fondati, senza che vi sia stata una contemporanea, o quasi contemporanea modificazione nei sistemi di produzione economica e nei rapporti fra i detentori degli strumenti di produzione ed i lavoratori. La repubblica romana ad esempio si trasformò nell'impero di Augusto e dei suoi successori e perciò lo Stato città classico diventò un organismo politico a base burocratica, senza che i sistemi di produzione si fossero minimamente modificati e senza che le leggi che regolavano la proprietà e la distribuzione della ricchezza si fossero alterate. Il solo cambiamento che avvenne, e che non fu certamente generale, fu quello delle persone dei proprietari, perché sopratutto dopo la seconda guerra civile, molti beni dei privati furono confiscati e distribuiti ai soldati dei triumviri. I1 trionfo del Cristianesimo apportò nel mondo antico un grande rivolgimento intellettuale e morale; molte idee fondamentali, molti sentimenti, e per conseguenza molte istituzioni, e basterebbe in proposito ricordare il matrimonio ed altri rapporti di famiglia, furono dalla nuova religione modificati; ma non consta, anzi si può escludere, che lo stesso sia avvenuto nel quarto e quinto secolo dell'era volgare nei rapporti fra coloro che possedevano gli strumenti della produzione economica, dei quali principalissimo era allora la terra, ed i lavoratori manuali. È difficile citare un rivolgimento di tutta una società paragonabile per la sua importanza alla caduta dell'impero romano di occidente, all'inabissarsi della splendida civiltà antica in tanta parte d'Europa, eppure noi vediamo che il sistema di produzione economico restò identico prima e dopo le invasioni dei barbari; giacché oggi è notorio che il colonato, e quindi la servitù della gleba, non trassero origine dalle invasioni barbariche ma erano già istituzioni generalizzate nel Basso Impero. Si potrebbe invero citare come uno dei coefficienti della caduta dell'impero d'Occidente l'esaurimento economico della società di quell'epoca, dovuto alla diminuzione della produzione e quindi della ricchezza; ma esaminando attentamente il fenomeno, si vede che il generale impoverimento fu piuttosto un effetto anziché una causa della decadenza politica, perché esso fu in gran parte dovuto alla cattiva amministrazione finanziaria. E, se dall'antichità veniamo a tempi meno remoti, vediamo in Italia, verso la fine del secolo decimoterzo e durante il secolo decimoquarto, i Comuni trasformarsi generalmente in Signorie senza che i sistemi di produzione, e quindi i rapporti fra i lavoratori ed i detentori delle terre e dei capitali, si fossero sensibilmente modificati. Analogamente vediamo in Francia costituirsi lo Stato moderno assoluto e cominciare a formarsi il medio ceto, durante il secolo decimosettimo senza che fosse contemporaneamente avvenuta nessuna importante modificazione nei sistemi di produzione e nei rapporti economici che ne derivano; perché la servitù della gleba era in quell'epoca quasi dappertutto scomparsa e non ne restavano che quelle poche tracce, che durarono fino alla grande rivoluziono francese. Né si deve credere che vi sia un perfetto sincronismo fra il sorgere della grande industria moderna e l'adozione del sistema di governo rappresentativo con la conseguente diffusione delle idee liberali, democratiche ed anche socialiste. Infatti in Inghilterra gli inizi della grande industria si ebbero nella seconda metà del secolo decimottavo, quando il governo parlamentare funzionava già da circa mezzo secolo, ma la classe dirigente conservava ancora le sue antiche basi aristocratiche. In Francia, in Germania, negli Stati Uniti d'America ed in tutto l'occidente d'Europa, lo sviluppo della grande industria ed il grande accentramento di capitali e di operai che ne è la conseguenza, ebbe luogo in generale dopo il 1830, perché allora soltanto cominciò ad essere diffusa l'applicazione del vapore alle navi ed ai trasporti terrestri ed il carbon fossile acquistò un'importanza capitale come fattore materiale della produzione. Tutto quello che in proposito si può concedere è che la grande fabbrica, con le grandi agglomerazioni di lavoratori manuali che essa ha reso necessarie, ha contribuito fortemente allo sviluppo ed alla popolarizzazione delle idee comuniste, che erano state già precedentemente enunciate e che sono in fondo il corollario naturale di quelle democratiche già formulate da Rousseau. Con ciò non si vuole negare che il sistema prevalente di produzione economica, coi particolari rapporti che esso determina fra coloro che la produzione dirigono e che posseggono gli strumenti ed i loro coadiuvatori, non sia uno dei fattori che maggiormente influiscono nel modificare gli ordinamenti politici di una società e che questo fattore non abbia il suo necessario contraccolpo anche nelle concezioni che servono di fondamento morale agli ordinamenti accennati. L'errore del materialismo storico sta nel credere che il fattore economico sia l'unico degno di essere considerato come causa e che tutti gli altri debbano essere riguardati come suoi effetti; mentre ogni grande esplicazione dell'umana attività nel campo sociale è nello stesso tempo causa ed effetto dei mutamenti che avvengono nelle altre: causa perché ogni sua modificazione influisce sulle altre ed effetto perché sente l'influenza delle loro modificazioni. Nessuno ha mai affermato, e speriamo che nessuno mai affermerà, che le mutazioni che avvengono negli ordinamenti politici abbiano come causa unica quelle che il cambiamento delle armi, della tattica e dei sistemi di reclutamento hanno già introdotto negli ordinamenti militari. Eppure si sa quali effetti politici abbia avuto nella città greca la sostituzione degli opliti, come arma decisiva, agli antichi carri da guerra ed alla cavalleria e come la vittoria definitiva della regalità sulla feudalità, vittoria che ebbe luogo nel periodo che corre fra la metà del secolo decimoquinto e la metà del decimosettimo sia stata in gran parte dovuta all'introduzione ed al perfezionamento continuo delle armi da fuoco. Un esame attento della storia dell'ultimo secolo della Repubblica romana potrebbe mettere in luce gli effetti politici della modificazione introdotta nel reclutamento delle legioni da Caio Mario , il quale arruolò anche i nullatenenti ed i figli dei Liberti, che prima, tranne in momenti eccezionalissimi, come ad esempio verso la fine della seconda guerra punica, erano esclusi dal servizio militare. E, quando si potrà con mente serena fare la storia del secolo decimonono e del ventesimo, facilmente si potranno mettere in evidenza gli effetti politici del servizio militare obbligatoriamente esteso a tutti i cittadini, che, introdotto già dalla rivoluzione francese, venne poi adottato e perfezionato prima dalla Prussia e poi dagli altri Stati del continente europeo. E diremo pure che ci sembra assurdo di annoverare fra i semplici effetti, senza dar loro mai la dignità di causa, quelle dottrine politiche e quelle credenze religiose, che forniscono agli organismi statali la base morale e che, penetrando profondamente nella coscienza delle classi dirigenti e delle masse, legittimano e disciplinano il comando e giustificano l'obbedienza e creano quegli speciali ambienti intellettuali e morali, che tanto contribuiscono a determinare i fatti storici ed a dirigere perciò il corso degli avvenimenti umani. Senza il Cristianesimo e la forza che esso acquistò nella coscienza delle masse e delle classi dirigenti e senza il tenace ricordo dell'unità che il mondo civile aveva conseguito sotto Roma non si spiegherebbe la lotta secolare fra il Papato e l'Impero, che fu uno degli avvenimenti principali della storia medioevale. Come senza Maometto ed il Corano non sarebbe sorto il grande Stato musulmano, che tanta parte ha avuto ed ha ancora nella storia del mondo e che, dove ha potuto impiantarsi e durare, ha introdotto uno speciale tipo di civiltà. E se noi non avessimo ereditato dai nostri lontani antenati Greci e Latini la concezione della libertà politica e la dottrina della sovranità popolare, che fu poi adattata ai tempi nuovi e modificata da Rousseau e dagli altri scrittori politici del secolo decimottavo, non sarebbe sorto lo Stato rappresentativo moderno e l'organizzazione politica europea del secolo decimonono non si sarebbe così profondamente differenziata da quella del secolo decimottavo (1). Ed è inutile discutere se le forze morali hanno preponderato su quelle materiali più di quanto queste abbiano messo al loro servizio quelle morali. Ogni forza morale cerca, appena può, d'integrarsi creando a suo vantaggio una base d'interessi costituiti, ed ogni forza materiale procura di giustificarsi appoggiandosi a qualche concezione d'ordine intellettuale e morale. In India le popolazioni di razza ariana avevano certo da parecchi secoli sottomesso e relegato negli strati inferiori della società gli indigeni di razza dravidica quando gli scrittori dei Vedas insegnarono che i Bramini uscirono dalla testa di Brama, i Ksiatria dalle braccia e le caste inferiori, ossia i Vaisia ed i Sudra, dalle gambe e dai piedi del Dio. Il Cristianesimo nacque come forza puramente intellettuale e morale eppure, appena fu molto diffuso, si tramutò in forza anche materiale; acquistò ricchezze, seppe premere sui pubblici poteri ed infine i suoi vescovi ed i suoi abati divennero anche sovrani. Nel Maomettismo la concezione religiosa si integrò subito coll'esercizio del potere sovrano, ma, senza la conversione disinteressata e sincera dei suoi primi seguaci, ciò non sarebbe stato possibile. Infine anche il moderno socialismo nacque come pura forza intellettuale e morale ma oggi, dove può e quando può, cerca di creare tutta una rete d'interessi materiali, la quale serve mirabilmente a mantenere fedeli i gregari ed a rimunerare la classe dirigente che in esso si è costituita. E d'altra parte oggi anche le influenze puramente materiali della plutocrazia cercano di mascherarsi, sovvertendo largamente giornali di tinta spiccatamente democratica, influendo sui comitati elettorali chinando la cervice al battesimo della sovranità popolare e mandando spesso nei Parlamenti i propri rappresentanti a sedere fra le file dei partiti più avanzati. La verità è dunque che i grandi fattori della storia umana sono così complessi ed intrecciati fra di loro che qualunque dottrina semplicista, che voglia determinare quale sia fra essi il principale, quello che non è mosso giammai ma muove sempre gli altri, conduce necessariamente a conclusioni e ad applicazioni errate; specialmente quando essa intende spiegare, seguendo il metodo accennato e guardandoli da un solo punto di vista, tutto il passato ed il presente dell'umanità. E peggio ancora accade quando, seguendo lo stesso sistema, se ne vuole predire il futuro. Dovremmo ora occuparci del secondo degli assiomi sui quali si fonda il materialismo storico, ma, come abbiamo già accennato esso può essere considerato come una conseguenza del primo e quindi perde ogni importanza quando questo è distrutto. Ad ogni modo faremo rilevare come l'affermazione generica che ogni epoca storica contiene i germi, i quali poi sviluppandosi la trasformeranno in quella immediatamente successiva, equivale a enunciare una verità così evidente e di tanto facile percezione per coloro che avranno una certa pratica della storia da potere essere considerata quasi come un luogo comune. Senonché per il Marx questi germi sarebbero soltanto quelli d'indole economica, mentre noi crediamo di aver dimostrato che sono molto più numerosi e complessi. E questa limitata visione del fenomeno sarebbe già sufficiente a far respingere l'affermazione, che è uno del capisaldi della dottrina marxista, secondo la quale la presente epoca borghese starebbe maturando, o secondo altri avrebbe già maturato, quei germi che renderanno inevitabile l'avvento del collettivismo. Ma anche astraendo da questa considerazione, è noto che ormai la statistica ha dimostrato che quella concentrazione della ricchezza e dei mezzi di produzione in pochissime mani, che avrebbe dovuto preludere alla loro collettivizzazione ed avrebbe reso facile alla infinita falange dei proletari l'espropriazione dei pochissimi proprietari, non era prima della grande guerra avvenuta e neppure era incamminata verso una sua prossima attuazione. E, se la guerra ha recentemente dappertutto più o meno peggiorato la condizione delle classi medie, ciò è dovuto ad altre cause non preannunziate ne previste dal materialismo storico; ed anche oggi se la compagine della Stato borghese è stata in qualche paese distrutta, ed in altri si dimostra molto scossa ciò non avviene per la concentrazione della ricchezza in pochissime mani, ma per ben altre ragioni. Assolutamente fantastica poi ci sembra la conclusione del secondo assioma e di tutta la dottrina del materialismo storico: cioè che, una volta attuato il collettivismo, esso sarà l'inizio di un'era di uguaglianza e di giustizia universale, durante la quale lo Stato non sarà più l’organo di una classe e quindi non ci saranno più sfruttati e sfruttatori. Senza attardarci ricorderemo soltanto che essa è la conseguenza naturale e necessaria di quella concezione ottimistica della natura umana che, nata nel secolo decimottavo, non ha ancora compiuto, ma è forse prossima a compiere, il suo ciclo storico. Concezione in base alla quale l’uomo nasce buono e la società, o meglio le istituzioni sociali, lo renderebbero malvagio; sicché, cambiando queste, la stirpe di Adamo, come liberata da una ferrea compressione, avrebbe potuto esplicare tutta la sua naturale bontà. Ed è ovvio che i seguaci di questa scuola dovessero indicare la proprietà privata come origine prima ed unica dell'egoismo umano, anziché ammettere, come già aveva fatto Aristotile , che l'egoismo fosse la causa che rendeva inevitabile la proprietà privata. Difatti a cominciare da Morelly , da Mably , e da Babeuf , venendo fino a Luigi Blanc , a Proudhon ed a Lassalle , tutti gli scrittori che hanno voluto tracciare un piano completo di rigenerazione umana hanno sempre messo nel loro programma l'attuazione parziale e graduale, ovvero completa ed immediata, del comunismo e l'abolizione della proprietà privata. Il Marx invece, seguendo in certo modo le indicazioni di Petro Léroux , sostituì al piano concepito da un individuo il fatale corso della storia, che, secondo lui, doveva condurre allo stesso risultato. E senza dubbio il metodo da lui adottato si è dimostrato in pratica assai più efficace di quello dei suoi predecessori; perché non si può criticare e demolire ciò che si presume che debba fatalmente avvenire, come si critica e si demolisce un progetto di riforme fondamentali, che poggia soltanto sull'autorità di un uomo; e perché, fra tutti gli argomenti a favore di una dottrina, il più convincente di tutti è quello che ne vuole dimostrare inevitabile il più o meno prossimo trionfo. GAETANO MOSCA
(1)
La storia delle dottrine politiche, abbastanza studiata in Francia ed in Inghilterra ed anche in Germania e negli Stati Uniti d'America, è stata quasi del tutto trascurata in Italia, dopo la pubblicazione fatta, più di mezzo secolo fa, della Storia degli scrittori politici italiani di Giuseppe Ferrari ; e ciò è oltremodo deplorevole, perché si tratta di un ordine di studi destinato ad acquistare grande importanza se la scienza politica, o, come altri l'appellano, la sociologia, deve veramente diventare una scienza. Difatti se si segue lo svolgimento del pensiero politico attraverso le varie epoche storiche facilmente si constata che, se i fatti politici contemporanei allo scrittore hanno grandiosamente influito nella formazione della sua mentalità e quindi delle sue teorie, alla loro volta queste teorie, una volta formulate, hanno potentemente contribuito a formare la mentalità politica delle generazioni successive e quindi hanno contribuito a determinare nuovi fatti. Di ciò si potrebbero facilmente addurre moltissimi esempi ed in fondo è questo uno dei tanti casi, così frequenti nelle scienze sociali, nei quali ciò che in origine era un effetto si tramuta in causa determinante.
|