Lettere inglesi

Un documento

Londra, novembre.

    Racconta Stefano Lauzanne, nel suo recente ed attenentissimo studio "Sa Majestè la Presse" (Payard, ed.), che un giorno un letterato inglese andò a far visita a Northcliffe. Come i due, poco dopo, uscivano dall'ufficio per recarsi a pranzo, il visitatore si tolse ostentatamente il cappello dinanzi all'inserviente dell'ascensore, e, rimbrottato dal geniale lord per il suo scherzo, rispose: "Eh, chissà, domani questo fattorino del lift potrà essere direttore del Daily Mail".

    Era noto che Northcliffe sceglieva i suoi collaboratori con criteri del tutto rivoluzionari: non è abbastanza conosciuto che il creatore della stampa gialla, il cosidetto "Napoleone del giornalismo" mancava di spirito organizzatore e di pazienza, e chi attrezzava tecnicamente le sue imprese editoriali era suo fratello, lord Rothermere, l'attuale possessore del Daily Mail, dell'Evening News (novecentomila copie di tiratura, il massimo raggiunta da un giornale della sera), del Weekly dispatch e del Sunday Pictorial. Orbene, ogni lord Rothermere ha un maestro: lord Beaverbrook, il possessore del Daily Express, dell'Evening Standard e del Sunday Express. Per celebrare le venti pagine di quest'ultimo foglio, Beaverbrook ha scritto, pochi giorni or sono, un avviso réclame che ha un valore documentario eccezionale. Vi si vede l'uomo che associa il pubblico alla sua opera di falsificazione giornalistica, e ha l'orgoglio di mettere in piazza i suoi metodi. Gioco impudente, ma che denota uno stile. Quegli industriali italiani, che sovvenzionano nascostamente dei fogli clandestini, e si vergognano (e non a torto) della loro parte di foraggiatori senza ingegno, ansiosi che il Governo constati di esser da loro servito, ma paurosi che il pubblico lo venga a sapere, hanno tutto da imparare da Beaverbrook e compagni.





    Sentite come parla il padrone del Sunday Express:

    "Esso è uno dei più grandi e diffusi giornali del nostro tempo. Me ne resi conto in modo vivido e concreto l'altra sera, all'Adelphi Theatre. L'inserviente alla porta, un uomo ben noto e ancor vigoroso, il petto coperto di medaglie, mi disse: "Ho letto il Sunday Express dal giorno in cui è uscito. Mi piace". Confesso che gustai la sincerità del suo tributo. La mia poltrona era accanto a quella di una famosa attrice che mi disse: "Il Sunday Express è il solo giornale domenicale che io legga". Andai a cena, secondo la mia abitudine, dopo il teatro, e quando uscivo dal club notturno, una signora, assai conosciuta in società, mi attaccò aspramente su di un articolo del visconte Castelrosse (uno dei collaboratori del S. E.). Mentre, piuttosto stanco, rientravo a casa, mi accorsi che il S. E. predominava nel West End londinese, e che esso si rivolgeva a tutte le classi sociali.

    "Fu ciò compiuto senza lacrime ad agonia?

    "No certamente. L'avventura fu pazzesca. Verso la fine del 1918, decisi che abbisognavo di un giornale domenicale. Avevo prontamente compreso che un giornale londinese del mattino, uno della sera, e uno della domenica, erano la combinazione ideale, una trinità che si sosteneva mutualmente. Meno di tre giornali è pericoloso, per la concorrenza reciproca, più di tre non ne posso umanamente dirigere. Non comprerò quindi altri giornali se non per difendermi, o per rappresaglia".

    (Ma Beaverbrook era allora ministro di Lloyd George, e dovette rinviare a più tardi i suoi progetti).





    "In mezzo" un senso d'ira per le trattative andate a male, e di liberazione dai legami ministeriali, nacque il S. E. Tutti gli esperti furono contrari alla sua fondazione... Mi sprofondai nel lavoro per compiere ciò che tutti dichiaravano impossibile. Fu un grande sbaglio, ma estremamente interessante. Il primo periodo fu un fallimento completo. Non avevamo un'idea chiara del tipo di giornale che cercavamo di fare. L'aria era piena di idee e di imperfette realizzazioni. La vendita non andava.

    "Abbandonai il mio riposo domenicale in campagna per collaborare con la redazione del giornale. In tutti gli anni dal 'l9 al '22 non conobbi le vacanze d'agosto, perché questo mese era il peggiore per il giornale. Leggevo, col cuore stretto, le cifre del deficit settimanale. In quei giorni usavo andar a prender aria in giardino, scuotendomi come fanno i cani. Cercavo di sbarazzarmi di una ossessione. Ero rimbecillito? L'intensità della mia preoccupazione fu tale che mi scrissi le cifre delle perdite, i conti e regolai su di esse il mio bilancio privato.

    "E a un tratto, il S. E. cominciò a prosperare. Il trionfo fu interamente dovuto agli sforzi della redazione. La mia parte personale fu quella dell'incitatore. Le cause del miracolo furono perfettamente naturali.

    "L'idea ansiosamente cercata era ormai chiara. Il pubblico voleva un giornale non estremamente raffinato, ma nemmeno basato sul fango dell'umanità. Uomini e donne di media cultura volevano interessanti notizie, e buone opinioni, espresse in forma attraente. In qualunque modo, anche frivolo, il pubblico impieghi le ore che succedono al lavoro, esso vuole le più scelte opinioni sui soggetti dell'ora, e una più alla idea dell'umanità, della religione, del patriottismo, che non quella data dai fogli a base scandalosa...





    "Il Sunday Express preferisce far appello all'idealismo innato in ogni uomo, che non agli istinti primitivi, che spesso sfigurano l'umanità. Ma si sforza di proporre i suoi ideali senza pompa, o gonfia stupidità...

    "Nessun genitore può preoccuparsi se vede suo figlio prendere in mano il giornale. Esso è perfettamente onesto..."

    In questi frammenti c'è un programma, e c'è un uomo. La folla a cui egli si rivolge, con delle frasi trivialmente espressive, ma d'innegabile potenza, è quella piccola borghesia che si autodefinisce rispettabile e conservatrice. Beaverbrook le dà quel che le conviene: religione, patriottismo, ideali famigliari. Le porge dei drammi giudiziari romanzescamente rifatti, delle inchieste sulla moda, degli aneddoti sui grandi uomini del momento. Fa animare tutti i soggetti, e rinforza gli articoli con fotografie, disegni e schizzi. Ha sempre dieci belle donne da mostrare, e un eroe da mettere in vetrina, Quando si prendono gli altri giornali domenicali, le massicce pagine di recensioni bibliografiche del Sunday Times e dell'Observer, gli articoli di Garvin, le critiche di Gosse, di Squire, le cronache teatrali di Agate e di St. John Ervine (in cui trovate sovente dei giudizi interessanti) fanno cadere le braccia. Passate ai fogli popolari: il People, la News of the world (tre milioni di tiratura, dicono), e vi assale la nausea per la rimasticatura di tutti gli scandali della settimana che vi viene scodellata.





    La grandezza di lord Beaverbrook sta nella sua piena coscienza di servire gli ideali del suo pubblico, nel modo migliore e più elevato. Non solo, ma anche nell'illusione di vivificare la materia dei suoi giornali (l'uomo del mestiere sa che in fondo nulla v'è di più morto del contenuto di un giornale giallo: non un'idea, non un'opinione significativa; talvolta, qualche sudicio inganno). Questa mania di manipolare le notizie è un dono istintivo, poetico. Il defunto Stead, di cui si è pubblicata or ora la biografia in due volumi, l'aveva nel sangue: passabilmente ignorante, con delle fissazioni diplomatiche curiose, possedette subito, il giorno in cui fu messo in un giornale, il gusto professionale di agguantare il pubblico.

    Gli emuli del fu Northcliffe sono condannati ad accontentarsi di "brillanti secondi": è difficile che riescano a trattenere, o soltanto ad accettare, l'uomo d'ingegno che passa. Le loro organizzazioni sono prive di aria, producano l'asfissia. Ma sono sorrette da una personalità caparbia, tenace, industriosa. Il temperamento inglese e americano, la mentalità da uomini di affari: ecco le virtù che completano la genialità giornalistica, quassù. Comprendete di colpo che altrove la sorprendente fusione dello spirito plutocratico e forcajolo del padrone, con gli ideali angusti del pubblico medio e con la virtuosità tecnica dei redattori, è impossibile.

ARRIGO CAJUMI.