I danni dei protezionismo

    Il rincrudire del protezionismo non è limitato all'Italia. Tutte le nazioni vanno oramai verso questo sistema di governo economico ed anche gli Stati di recente formazione - anche i più piccoli - si sono barricati dietro tariffe ferocemente protezioniste.

    La tariffa italiana del 1921 è un episodio di un vasto movimento mondiale che caratterizzò la politica commerciale dal 1920 al 1922. Anche l'Inghilterra ed il Belgio che prima della guerra seguivano una politica doganale con impronta liberista o per lo meno prevalentemente liberale, si sono lasciate fuorviare dalle nuove dottrine economiche. L'Inghilterra, il paese classico della economia liberista, va scontando la sua nuova politica predicata da Joe Chamberlain ed applicata sino alla esagerazione dagli attuali governi sia dell'Inghilterra che degli altri paesi. Una gravissima crisi, tanto più preoccupante in quanto che acuisce un male che dura da anni, minaccia seriamente l'economia di quella nazione: è la crisi dell'industria che nel numero dei disoccupati - più di 2 milioni e mezzo - rivela una situazione di non dubbia ed eccezionale gravità.

    La situazione sì può riassumere così: aumento dei consumi e del costo della vita; aumento dei disoccupati; diminuzione delle esportazioni e quindi diminuzione delle ore di lavoro e della produzione. L'Inghilterra è organizzata da un secolo per il commercio di esportazione: essa acquista attualmente all'estero i due terzi dei viveri che consuma e paga queste importazioni col ricavato delle sue esportazioni. Ora, da qualche tempo l'Inghilterra aumenta sempre più le sue compere e diminuisce le sue vendite non potendo competere con i prezzi del mercato straniero. Le importazioni vanno sempre più crescendo, mentre le esportazioni non sono aumentate in modo corrispondente e la bilancia commerciale precipita sempre più nel passivo.





    Le difficoltà delle esportazioni derivano dall'alto costo dei prodotti, conseguenza dell'enorme rincaro della vita. Di qui la disoccupazione specialmente nel ramo industriale. Entrata nella via del libero scambio durante il Ministero Canning e Huskisson nel 1823 e 1824 col prevalere della dottrina liberale, l'Inghilterra costruì su questo sistema economico la sua potenza economica ed imperiale. Caduta ora nel protezionismo ad oltranza, sconta la fallacia delle nuove teorie. Come appare dai dati che pubblichiamo più avanti e che segnano l'importazione e l'esportazione dei maggiori paesi d'Europa e degli Stati Uniti d'America (1), due sole nazioni, la Francia e la Ceco Slovacchia hanno l'esportazione superiore all'importazione: la Francia in virtù della conquista dei bacini minerari tedeschi che le forniscono le materie prime necessarie alle sue industrie; e la Ceco Slovacchia, che nel 1920 aveva una esportazione di oltre 4 miliardi superiore all'importazione, ma ha ridotto questa cifra a poco più di 1 miliardo ed andrà man mano scomparendo, secondo quello che si può dedurre dai recenti bollettini doganali di quel paese. Risultato della protezione doganale, che ha effetto contrario, come appunto volevamo dimostrare.

Le importazioni
superano le esportazioni per

Inghilterra,

1892

L. 2000 milioni

"

1913

" 3348 "

"

1924

" 8608 "

(al cambio di L. 25)

Svizzera,

1913

Frs. 543 milioni

"

1924

" 424 "

Danimarca,

1913

Kr. 140 "

"

1924

" 209 "

Germania,

1913

Marchi 672 "

"

1924

M. oro 2603 "

Belgio,

1913

Frs. 83 "

"

1924

" 3687 "

Spagna,

1913

Pesetas 248 "

"

1924

" 1468 "

Stati Uniti,

1913

dollari 673 "

"

1924

" 960 "

Francia,

1913

Frs. 128 "

Le esportazioni
superano le importazioni per

Francia,

1913

Frs. 1321 milioni

Ceco Slov.,

1920

Kr. 4185 "

"

1924

" 1104 "






    Appare dunque evidente che in tutti i paesi le tariffe doganali aumentano il costo di produzione dei prodotti manufatti che trovano difficoltà nello smercio all'estero. Nessun paese sfugge a questa inesorabile legge economica. Dalle cifre sopra esposte balza evidente la tragedia economica dei paesi produttori: eccettuata la Svizzera che ha diminuito di un quinto lo sbilancio fra l'importazione e l'esportazione, tutti gli altri paesi hanno aumentato questo sbilancio, alcuni in modo veramente impressionante. La stessa Germania che da Stato agricolo si è trasformata in Stato industriale, fino al 1875 - prima dell'avvenuta trasformazione - esportava prodotti agricoli; alla vigilia della guerra un terzo della sua popolazione, che si avvicinava ai 70 milioni di abitanti, dipendeva dall'estero per il suo nutrimento.

    Con la tariffa del 1921 in Italia si aumentarono i dazi mediante i coefficienti di maggiorazione che permettono le variazioni più improvvide nelle tariffe, variazioni che vanno fino al massimo del 250 % oro dei dazi stessi.

    Col protezionismo le nazioni hanno creduto di far superare le proprie esportazioni sulle importazioni: invece - conseguenza dell'aumentato costo di produzione dei prodotti - si è avuto l'effetto contrario, il che ha portato uno squilibrio che preparerà il crollo dell'economia mondiale. E laddove si è voluto correggere questa conseguenza, si è ricorso al Dumping (2) non meno disastroso alla economia internazionale e fomite perenne di perturbamento economico-finanziario, politico e psicologico.

Protezionismo, Dumping e monopoli.

    Il protezionismo ha anche aumentate le difficoltà della ripartizione delle materie prime: coi monopoli, accaparramenti, contingentamenti, dazi di esportazione.

    Di conseguenza il possesso di zone minerarie ha influito sullo squilibirio della ricchezza internazionale ed ha dato luogo a guerre.

    Il sistema monopolistico e dei trusts è la esasperazione più feroce del protezionismo. Infatti, anche qualora si riuscisse a ridare equilibrio e floridezza ad una nazione mediante il libero scambio, l'organizzazione internazionale dei grandi accentratori della produzione, con accordi reciproci e con la suddivisione del mondo in zone di operazione - come infatti già avviene - (caratteristico il trust del petrolio), potrebbe imporre prezzi ricattatori di eccezionale elevatezza e che le nazioni fuori del cerchio monopolistico dovrebbero subire per mancanza del giuoco della concorrenza: oppure potrebbe offrire prodotti a prezzi di svilimento e costringere al fallimento le industrie nazionali.





    La distruzione delle barriere doganali importa quindi lo scioglimento delle imprese monopolistiche e dei trusts. La porta aperta, senza lo scioglimento delle grandi Leghe di accaparramento, vorrebbe dire la padronanza dei mercati internazionali da parte dei grandi monopolizzatori, industriali e finanziari, ai quali nessuno potrebbe tenere testa, nemmeno le nazioni a produzione a salario ridotto.

    Noi crediamo che le cagioni del disagio economico dell'Europa dipendano da questo feroce terrorismo protezionistico, motivo di guerre passate e future.

    Le condizioni economiche preparate dal protezionismo sono state in tutti i tempi cagione di rivolte popolari, di decadenza, di guerre.

    Nel libero scambio sta invece la prosperità economica e la pace fra i popoli: l'abolizione del Corn Laws ha effettivamente fatto abbassare il prezzo del pane in Inghilterra, in un'epoca in cui questa era la più forte nazione industriale.

    Le repubbliche medioevali ebbero dal commercio libero, benessere non effimero, prosperità duratura, splendori e ricchezze.

    Venezia ebbe libero il commercio durante il suo massimo splendore, mentre la Spagna decadde con il suo protezionismo.

    Le rivolte popolari nel Medioevo non che dalla compressione politica, ebbero origine la compressione economica derivata da restrizioni protezionistiche: la Serrata del Gran Consiglio e la decadenza veneta sono l'origine e la conseguenza di un sistema di protezione, politica ed economica.

    La rivoluzione francese ha origine dal rifiuto del Parlamento alla abolizione progettata da Turgot di quelle istituzioni fondate sul principio del monopolio e della oppressione, prime fra tutte le imposizioni che impedivano la libera circolazione dei grani e di quei dazi che, inspirati da criteri monopolistici tornavano a scapito della produzione. Di qui il patto della fame del 1775, poi la guerra delle farine contro i monopolizzatori della Borgogna, le sommosse ed infine la rivoluzione scatenata.

MARIO VIANA.
(1) Bulletin Mensuel de Statistique, N, 3, marzo 1925. Società delle Nazioni.
(2) ATTILIO CABIATI: Prime linee per una teoria del "Dumping" - "Riforma Sociale", marzo 1914: "Dumping dal verbo to dump, lanciare a terra con violenza, nella terminologia economica rappresenta il vendere all'estero una merce al disotto del costo di produzione, ossia il dumping altro non è se non una applicazione del principio dei prezzi variabili, per mezzo dei quali gl'imprenditori nelle industrie a costi decrescenti raggiungono il massimo di ofelimità" (ofelimità - utilità economica).