Lo spirito siciliano

    Il destino storico della Sicilia è stato segnato, fin dalle origini del mondo, dalla sua stessa natura insulare e dalla sua configurazione geografica. Ultima sporgenza tentacolare dell'Europa verso l'Africa, ponte gettato fra due continenti sul Mediterraneo, essa si è trovata all'incrocio delle grandi direttrici storiche che segnano, dal Sud al Nord e dall'Est all'Ovest, la marcia della civiltà. Il suo fato, così, era fissato dalla sua stessa posizione: O dominare o essere dominata, o costituire il nucleo d'un Impero o essere schiava; ma posta, agli albori della storia, al centro d'un triangolo ai cui vertici stavano Atene, Cartagine e Roma, fu travolta nelle lotte di questi formidabili competitori, e divenne, successivamente, il campo di lotta e il luogo di convegno obbligato dei vari popoli che svolgevano pel Mediterraneo i loro itinerari di conquista.

    Questo lungo e ininterrotto servaggio ha avuto conseguenze di molto rilievo per la formazione dello spirito siciliano, e, sopratutto, per la sua concezione dello Stato. Il potere sovrano è stato sempre, in Sicilia, molto lontano, avulso completamente da quelli che sono gli elementi costitutivi della sovranità, il territorio cioè, ed il consenso del popolo. La Sicilia ha visto sempre il potere dello Stato sotto la forma concreta del soldato straniero che devasta e saccheggia, del gabelliere che estorce i tributi, del magistrato che si avvale della carica per angariare ed arricchirsi. Da ciò l'odio istintivo contro l'autorità costituita, ma nello stesso tempo, ciò che sembra un paradosso e non è, la concezione astratta dello Stato lontano, che, appunto perché lontano, acquista valore quasi mitico ed ideale, e da cui si attende quella che è la speranza più viva e indistruttibile di tutti gli oppressi, la giustizia.





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    È mancata, insomma, in Sicilia, quella elaborazione spirituale per cui si è giunti alla concezione immanentistica dello Stato moderno, e perciò si è conservato più forte il senso, anzi la gelosia, della libertà individuale; quel senso della libertà che nei regimi moderni, basati sul concetto della sovranità popolare, si è venuto affievolendo per la convinzione che il potere politico deriva dalla volontà stessa del popolo, che non ha, quindi, bisogno di essere difeso contro se stesso.

    Nello stesso tempo la distinzione fondamentale fra lo Stato, ente ideale e trascendente, e i suoi organi, nemici per definizione, dei quali il tipo è lo sbirro, questa distinzione, essenziale per la mentalità siciliana, ha valorizzato grandemente il concetto della legge. Questa viene concepita anche essa in maniera trascendente, come qualche cosa di superiore alla volontà degli stessi organi del potere pubblico, come qualche cosa nella quale le esigenze della libertà devono trovare la loro più sicura garanzia e la loro più alta difesa.

    Concetti, questi, che possono spiegare il curioso fenomeno di tutte le sommosse siciliane, anche le più recenti, quelle del 1894, per esempio, durante le quali si bruciavano i Municipi, si abbattevano i casotti del dazio, e si assassinavano i galantuomini più abborriti, portando in trionfo il ritratto del Re.

    È lo stesso fenomeno, del resto, delle manifestazioni anti-fasciste del cosiddetto soldino; ma non c'è bisogno di scendere ai dettagli ed alle esemplificazioni più o meno recenti, perché è tutta la storia politica della Sicilia, la tradizione nobilissima dei suoi Parlamenti, la difesa tenace della costituzione contro i Borboni, che ci rivelano l'armonica coesistenza nello spirito siciliano del senso geloso delle libertà individuali e della concezione trascendente della legge, ereditata, insieme col gusto della dialettica, dallo spirito greco.





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    Se è mancata nello spirito siciliano la concezione dello Stato moderno, vi sono anche altre lacune nella sua esperienza e tradizione, che hanno avuto ed hanno, tuttora, conseguenze di non poco momento. Anzi tutto la mancanza di quel periodo storico dei Comuni, che tanta e così grande importanza ha rivestito in altre parti d'Italia; di fronte al regime feudale si sono avute, soltanto, in Sicilia, le città di Demanio regio, ed è mancato, così, quel termine medio fra lo Stato e l'individuo che venne realizzato precisamente dal Comune.

    Da ciò l'importanza assunta nella mentalità siciliana dal concetto dell'individuo, posto come unico e solo antagonista dello Stato tiranno, difeso contro di esso da quelle leggi elementari, le leggi non scritte, di Antigone, che trovano il loro fondamento nei rapporti di Natura, e che il siciliano è portato a considerare come più atte e più valide delle leggi formali.

    Insieme colla fase storica comunale è mancata anche, in Sicilia, quella fase dell'economia mercantile, che rappresenta il necessario periodo di transizione verso l'attuale forma di economia industriale. L'isola è rimasta, per questo riguardo, fino a ieri, alla vecchia fase dell'economia terriera, aggravata dal permanere e dal prolungarsi del regime feudale, e questa lacuna nello sviluppo storico ed economico della Sicilia si riflette ancora oggi nella costituzione delle cosiddette classi dirigenti, nelle condizioni spirituali delle popolazioni dell'isola e nelle loro stesse caratteristiche culturali. È a questa lacuna, infatti, che si deve riferire, nel campo economico e sociale, lo scarso sviluppo dello spirito di organizzazione, e, nel campo politico, il prevalere della borghesia accademica e professionale, a cultura di tipo prevalentemente giuridico ed umanistico.





    Un'ultima lacuna, infine, è da notare nella formazione storica dello spirito siciliano. Se in Italia la Riforma è mancata e non ha avuto effetti sensibili, in Sicilia essa è stata completamente ignorata. Il popolo siciliano, in fatto di religione, è rimasto fermo ad un cattolicismo puramente formale, contaminato di elementi paganeggianti; feticismo in basso, scetticismo ed indifferenza in alto. Il concetto dell'individuo risulta, così, nelle classi colte, avulso anche dal legame religioso, privo di quel contenuto di interiorità che è, appunto, un prodotto della Riforma, e subordinato esclusivamente ad una morale del tutto formale, e perciò tanto più rigida, ma non sufficiente a correggere gli istinti egocentrici della razza. Nelle masse, poi, l'individuo, o resta strettamente legato alla tradizione e incapace di liberarsene, o si mette, addirittura, in lotta aperta e violenta con essa nella forma tipica della rivolta antisociale, trovandone qualche volta la spinta proprio nello stesso sentimento religioso, falsato o erroneamente concepito e interpretato.

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    Lo spirito siciliano circola, così, intorno a due concetti fondamentali: quello dello Stato concepito come qualche cosa di trascendente, distinto dai suoi organi particolari e contingenti, agenti nel tempo, e quello dell'individuo, concepito come solo elemento attivo opposto al prepotere ed al trasmodare di questi organi, come principio, autonomo, anzi, di organizzazione sociale nel campo dove non arriva e non deve arrivare l'azione dello Stato.

    Da ciò l'indole individualista della razza, quale si può rilevare da molti elementi tipici del carattere siciliano. Vale a dire lo spirito di insofferenza, e, qualche volta, di prepotenza, il senso eccessivo della dignità personale e del punto d'onore, la riluttanza ad ogni disciplina coatta e il senso di disprezzo verso la legge formale e le sue sanzioni. Sono questi caratteri che spiegano l'omertà, la mafia, il brigantaggio e le forme speciali di delinquenza della Sicilia; ma senza entrare nella sfera dell'anormale e dell'amorale, è assolutamente necessario che di questi elementi si tenga conto quando si voglia esaminare la colorazione speciale che prende in Sicilia l'azione politica.





    Sono proprio questi caratteri psicologici, infatti, che ci spiegano l'impossibilità di una disciplina rigida di partito in Sicilia, più ancora l'impossibilità della costituzione di partiti veri e propri, dacché la vita politica finisce per polarizzarsi quasi esclusivamente attorno alle figure di maggior rilievo ed agli uomini più rappresentativi, intonandosi ai particolari caratteri, alle doti ed ai difetti di questi. È, insomma, una concezione della vita politica fatta a base di individualità preminenti per forza d'ingegno, ma più ancora per violenza di carattere o per energia di volontà, attorno a cui non tardano a formarsi le cosiddette cricche, cioè le camarille e le piccole consorterie. Questo per le classi cosiddette dirigenti, ché per le masse la concezione della vita politica è fatta, addirittura, a base di eroi. E questo spiega molti fenomeni di facile infatuazione per alcuni uomini, che altrove devono riuscire quasi assolutamente inesplicabili: il mito De Felice, per es., all'epoca dei Fasci, e più tardi ancora, a Catania, malgrado l'evoluzione politica dello stesso De Felice, divenuto, negli ultimi anni, addirittura un giolittiano; il mito Palizzolo a Palermo, ai tempi del processo Notarbartolo, ma più di tutti il mito Nasi, nel quale le masse siciliane parvero, per un momento, sintetizzare la loro coscienza regionale.

    Raccogliendo, adesso, le fila del nostro discorso possiamo dire che l'individualismo appare, senza dubbio, in Sicilia, come il carattere più saliente ed espressivo dello spirito della razza. Ma questo si è formato anche attraverso le varie dominazioni che si sono succedute nell'isola, attraverso la secolare commistione con altre razze; che gli hanno lasciato, volta a volta, a guisa di stratificazioni geologiche successive, il sedimento delle loro particolari caratteristiche: lo spirito mercantile dei Fenici, la cupa violenza della razza Punica, il gusto estetico e dialettico dei Greci, il genio costruttivo e giuridico di Roma, il fatalismo dei Musulmani, la spirito d'avventura dei Normanni, il concetto monarchico degli Svevi, il donchisciottismo degli Spagnuoli...

    Elementi tradizionali molteplici, fusi ad unità dal travaglio dei secoli, che fanno, oggi, della Sicilia una delle più ricche e sorprendenti riserve spirituali dell'Italia e dell'Europa: il tipo insomma, più completo ed espressivo di quello Spirito Mediterraneo, complesso, molteplice, e pure unitario, che ha avuta, sinora, scarsa influenza nella storia moderna di fronte al prevalere di altre razze più evolute, ma che, posto a contatto più immediato colla civiltà, e forgiato al fuor della crisi economica e spirituale che il mondo moderno attraversa, potrà, domani, costituire un fattore nuovo e decisivo nello sviluppo avvenire della civiltà europea.

SALVATORE VITALE.