IL SUD

    Nel processo di formazione della vita unitaria il Sud non interviene, non contribuisce, non porta nessuna forza all'attivo. Si può dire anzi che esso è intimamente estraneo al formarsi della nuova situazione. La ragioni di tale ostilità sono chiare a colui il quale sa cogliere l'originalità storica della vita meridionale attraverso i secoli. Il Sud, vissuto sempre ai margini della vita, abituato a ricevere riflessi od a subire una esistenza propria ad altri climi storici, ad altro non tende che a fissare definitivamente se stesso in un regime che tolga la preoccupazione di nuove scosse. L'attaccamento filoborbonico deriva da tale situazione psicologica. Il Regno delle Due Sicilie trova la sua forza e la sua stabilità in codesto bisogno di quiete, nella volontà delle classi dirigenti di inquadrare la situazione generatrice in un assetto comune, nel modo di trattare questa per renderla più passiva e inerte. L'ormai celebre motto "feste, farina e forche" è la sintesi lapidaria ed eloquente dello stato di cose già accennato e di un metodo di governo che può vantare diritti di precedenza - a parte le sfumature e la maschera costituzionale - di fronte al giolittismo e al fascismo.





    Si spiegano così chiaramente l'assenza gli simpatia verso il movimento unitario e i fenomeni cui il Meridione dà origine e sviluppa maggiormente durante i primi tempi del nuovo Regno. Il brigantaggio, il sanfedismo, il rifiuto alla coscrizione sono sintomi che denunziano la volontà dei popoli del Sud di rimanere estranei ad una vita nazionale, di permanere nella situazione antica che loro solo chiedeva la sottomissione e l'ignoranza verso i problemi sollevati dall'irrompere della vita moderna.

    Questi motivi spiegano pure a sufficienza l'adattamento che ne segue. Possono reagire e far valere se stessi popoli già passati per il vaglio rivoluzionario, per l'esperienza del sacrificio, pel noviziato del dolore e della inquietudine. Ma è pacifico che chi è abituato alla servitù può solo brontolare nei primi tempi del cambiamento. Dopo finirà con l'acquietarsi. Nell'Italia unita il Meridione si trova così senza volere, senza aver messo in questo formarsi alcuno stimolo, senza che nemmeno vi fosse nel popolo il favore. Si trova legato a nuova servitù che si palesa a se stessa man mano che l'antitesi Nord-Sud acquista più marcata fisionomia. Cavour, profondo conoscitore di tale situazione, ha perfettamente ragione quando si propone di attaccare subito il problema per incanalarlo verso la soluzione invano attesa, e in questo proponimento si fissa talmente da esprimerlo nel delirio dell'agonia.





    Il processo unitario si risolve, quindi, nel Sud alla identica maniera con la quale si risolvono le dominazioni. Esso anzi si può chiamare, senza soverchi eufemismi, una nuova dominazione. Le regioni restano, come al solito, passive e amorfe, continuano a subire. Un rilievo che volesse dare la nozione plastica della vita unitaria non potrebbe non rendere a sè, con contorni ben delineati, il Meridione. Il parlamentarismo resta, perciò, preso nella morsa di tale situazione. Non tende a svecchiare e a rinnovare. Le democrazie del Sud sono l'esempio tipico della più grande incapacità. Esse non si battono per idee, sconoscono l'inquietudine e il travaglio interiore. Nella loro natura è evidente la natura della terra di nascita e l'orgoglio di tale origine. In ciò si può riscontrare una continuazione della storia del Meridione nella nuova storia d'Italia e naturalmente un formidabile ostacolo per una effettiva formazione unitaria. Quando le masse lavoratrici nel '92 prima, nel movimento nasiano poi, balzano alla ribalta della vita pubblica affermando con violenza il sorgere di una nuova coscienza regionale, ponendo la quistione nei veri termini, si trovano perciò prese tra due nemici. Hanno contro le democrazie locali e le classi dirigenti della nazione: espressioni di realtà storiche che il fatto tende a superare pur nella loro diversità. Nella Italietta cattolica e costituzionale, bramosa già di affidarsi al governo giolittiano, quel fenomeno protestante è anche antiunitario in quanto tende a capovolgere, aggravandola, l'antitesi Nord-Sud.

    La questione meridionale così si trascina attendendo invano l'ambiente di favore per la sua soluzione. Oggi la questione non è più che un elemento nella lotta politica di tutta la penisola.

c. p.