COMMENTO A GINEVRA

    L'assemblea annuale della Società delle Nazioni ripropone il problema del perché del suo essere in chi come noi ama discernere attraverso il contributo delle ultime esperienze per guardare fino in fondo. Questo organismo nato più per volontà di Wilson che per necessità veramente voluta, oggi risente in modo decisivo dell'attuale crisi della società europea. Esso cioè, non nasce da un clima storico comune alle nazioni che la compongono, ma è come un aggregato nel quale la forza di adesione e di solidarietà manca per la differente natura dei singoli componenti. Risultato di ciò, la differenza dei punti di vista nel trattare le quistioni, l'impossibilità di venire a soluzioni esprimenti direttive comuni che soddisfino contemporaneamente ai bisogni singoli, la retorica dei discorsi che lasciano il tempo che trovano e, quel ch'è peggio, lasciano pure così i problemi all'ordine del giorno. In sostanza, per riassumere tutto in una sintesi che dia direttamente l'intuizione della situazione, si può dire che la Società oggi rappresenta in generale sulle genti una imposizione, una catena della quale ognuna volentieri farebbe a meno e non lo sforzo creatore di popoli avvicinati da una civiltà identica o quasi e da interessi bisognosi di solidarietà più che di contrasti. Il perché del fatto è evidente ove si voglia esaminare la crisi europea attuale. Che ha prodotto la guerra? Quali sono stati i suoi effetti nella natura delle varie nazioni? Insomma da essa è nato o accenna a nascere un ordine nuovo?





    L'armistizio trova, come è arcinoto, scosse le diverse borghesie. Ma trova pure proletariati incapaci ancora, immaturi per la dignità di classe dirigente. Nella lotta di queste classi - aggravata appunto dagli effetti del conflitto - la situazione dei vari paesi ha la sua originalità. Ma la Società delle Nazioni è frutto, effetto degli sforzi di tali borghesie oggi ancora al Governo le quali mentre da un canto difendono ferocemente il trattato di Versailles, dando vita a movimenti nazionalistici molto significativi, dall'altro cercano di mascherare col pacifismo e con l'umanitarismo il loro intimo bisogno di solidarietà e di difesa. Senza tema di cadere nella esagerazione si può affermare che essa è il fronte tecnico della borghesia internazionale, uscita vittoriosa dalla guerra contro le borghesie delle nazioni perditrici e contro le classi operaie. I problemi della pace non hanno avuto, di fatti, soluzione di sorta.

    Ma se la Società delle Nazioni oggi vive di una vita illusoria ed effimera nei riguardi della pacificazione e dell'assesto, domani potrà vivere e far sentire gli effetti della sua presenza. Si tratta di attendere che ogni popolo risolva il problema del suo essere e debelli definitivamente queste vecchie classi che ancora gli sbarrano il cammino.

    L'esistenza effettiva di ogni organismo è condizionata non da necessità ideali astratte dalla vita e dalla storia ma da bisogni incoercibili che chiedono di concretizzarsi e di affermarsi. I miti sono effetti di tali aspirazioni. La Società delle Nazioni comincierà ad esistere sul serio quando le classi lavoratrici riesciranno ad assumere il potere. Al loro affermarsi è strettamente connesso il problema della pace in quanto questi due fatti si condizionano a vicenda. Non è senza significato che l'impulso più vigoroso in materia è stato dato dal fu Governo laburista. Oggi perciò le sedute del Congresso ginevrino ci trovano diffidenti. Vi è stata, vi è e vi sarà retorica fino al durare dell'attuale stato di cose.

    Del resto è assurdo pretendere grandi opere da una creatura artificiale. Queste cose noi difatti le diciamo per prendere atto dei fatti, per disilludere i piccoli borghesi e per volgerli verso quella nuova situazione che dia consistenza alle ombre di oggi.

CARMELO PUGLIONISI.