È ARRIVATO IL PODESTÀ

    Perché il Potestà toglie all'immaturo popolo d'Italia l'ultima bega politica rimastagli: quella d'andare a votare;

    perché lascia agl'italiani il tempo di pensare ad altre cose che non siano le quistioni d'interesse e di campanile;

    perché toglie ai Comuni l'ultima speranza di vita autonoma, faziosa e sovvertitrice;

    perché infine compie il necessario ed ormai improrogabile livellamento delle caratteristiche regionali nel vasto mare della vita nazionale:

    anche noi siamo per l'istituzione del Potestà.

    Aggiungiamo che il motivo basilare animatore di questa nostra adesione al regime è psicologico: è, cioè, quello della stanchezza e del disdegno della lotta politica.

    Santo Dio! siamo giovani anche noi e desideriamo, come i nostri coetanei, avere la gioia di dedicarci a cose piacevoli ed a ludi innocui.

    Poiché le elezioni, anche se amministrative, sono sempre un brutto affaraccio: o che vi asteniate, o che andiate a votare.

    Nel primo caso correte vari rischi, il minore dei quali è quello di farvi sbriscolare; nel secondo, ammesso anche che riusciate a salvare qualche capra, ci rimettete sempre i cavoli, che sotto la specie di rimorsi e di penosi stati d'animo, duran per non poco tempo a bollire e gorgogliare nella vostra testa-casseruola.





    Ragione per cui, a instaurazione del Podestà avvenuta, non dovendo neppur più pensare a quest'ultimo incomodo, noi finiremo col diventare perfetti e buoni sudditi, in grado di dedicarci a più utili studi, ed in condizione di dover toto corde e ad ogni momento ringraziare il veramente paterno Governo che con tanta squisita premura ci avrà liberato dai gravi pondi della autonomia civile e dall'esaurenti fatiche del pensiero.

    Quante distrazioni ci attirano, ed ahi noi! quante tentazioni! I tabarins, i dancing, le sale di scherma, le operette, i romanzi della Guglielminetti, Pitigrilli, i campi sportivi, i teatri, i capolavori di Salvatore Gotta, l'arte di Soffici, la storia moderna di Gioacchino Volpe, l'erudizione di Vittorio Cian, ed altrettante e tali deliziose cose son là ad aspettarci, scontente che per tanto tempo noi le abbiamo dimenticate!

    Ebbene, noi vogliamo una buona volta armarle: è giunta alfine la nostra settimana di galleria!

    Vogliamo anche noi goderci il circuito di Monza, leggere la Gazzetta dello Sport a cuor contento e senza preoccupazioni; convinti che sotto lo stellone d'Italia che tutto salva, la "barcaccia" non andrà male, col timoniere che ha; col Duce, vale a dire, corrusco e fiero "che solo a cavaliere di due ére sta"; egli che "per tutti pensa, e solo nella buia notte, l'orizzonte scruta, e insonne vigila!".

FILIPPO NARDONI,
uomo d'armi di S. S.