ORGANIZZAZIONI SINDACALI
DOPO IL 1900

    È soltanto verso il 1900 che si può parlare di un vero Sindacalismo classista ed economicamente genuino.

    Dice il Salvemini (1): "Il diritto di organizzazione proletaria fu assicurato in Italia sul principio di questo secolo (XX°) con la vittoria elettorale de icosiddetti Partiti popolari del giugno 1900, con lo sciopero generale di Genova del dicembre 1900 e con la formazione del Ministero Zanardelli-Giolitti del febbraio 1901".

    Nei primi albori del XX° secolo si hanno pure le prime pubblicazioni sul Sindacalismo. Nel 1903 l'Avanguardia Socialista pubblica l'"Avvenire socialista dei Sindacati operai" del Sorel, libro fino allora sconosciuto in Italia. Nel 1904 esce il primo libro italiano sul Sindacalismo: "Riforme e rivoluzione sociale" di Arturo Labriola, il quale rappresenta con Orano, Mantica, Leone, Olivetti, l'iniziatore del Sindacalismo rivoluzionario in Italia.

    Le Società di mutuo soccorso ed i Circoli operai si trasformano in poderosi organismi di lotta e di resistenza per il Partito Socialista. I Gruppi operai organizzano le prime Camere del Lavoro sull'esempio delle Bourses du Travail francesi, che si propongono di risolvere alcune delle questioni riguardanti esclusivamente le condizioni economiche degli operai (salario, orario di lavoro, collocamento dei disoccupati, arbitrati nelle controversie tra i fattori della produzione).

    Al Congresso Nazionale delle Camere del Lavoro, tenutosi in Reggio Emilia nel 1901, sono rappresentati 238.207 operai.





    Dal 1890 al 1907 si formano più di 200 associazioni, tra alti e bassi di fortuna e di durata, e si rafforzano i primi Gruppi superiori (Federazione Italiana degli operai metallurgici; Federazione Nazionale Lavoratori in legno con 6000 aderenti; ferrovieri con 12.000 soci; Federazione dei lavoratori del libro, con più di 7000 aderenti, ecc.).

    Milano, dove la grande industria ha avuto il suo primo e vero sviluppo, diventa il centro propulsore dell'organizzazione settentrionale. Ivi è sorta fin dal 1891 la Camera del Lavoro che deve formare il glorioso esempio alle altre Camere del Lavoro.

    (Questo famoso organismo sindacale ha avuto la sua origine dalla visita che gli operai italiani fecero all'Esposizione mondiale di Parigi nel 1889 e dalle visite in quella città alle Bourses du Travail. In tale anno, Osvaldo Gnocchi Viani ne fece attivissima propaganda. All'iniziativa aderirono le Associazioni tipografiche milanesi ed il Partito operaio italiano, il Consolato operai e l'Associazione generale degli operai. Vi furono interpellanze al Consiglio comunale. La Camera del Lavoro ebbe il battesimo ufficiale il 1° ottobre 1891 in un'ala del Castello Sforzesco. Dopo otto mesi contava già 8081 soci).

    Nel 1892 si fonde l'Umanitaria, dietro lascito di Prospero Moisè Loria. Sciolta la prima volta nel 1894 in conseguenza dello scioglimento del Partito dei lavoratori (nato a sua volta dal Partito operaio, finito nel 1888), viene ricostituita e poi ancora sciolta nel 1898 durante i famosi fatti di Milano. (Attualmente è retta da un Commissaria straordinario imposto dal Governo fascista).

    La Camera del Lavoro milanese si avvia a diventare il più poderoso organismo italiano. Nel 1900 essa conta 17.065 soci, e nel 1902 già 43.293; dal 1900 al 1902 essa si arricchisce di altre 78 Leghe.





    Importanti avvenimenti sono intanto avvenuti: nel 1893 è stata fondata la Federazione delle Camere del Lavoro la cui sede, dapprima a Milano (fino al 1895) passa poi a Bologna ed infine a Firenze. Nel 1894 è stato sciolto il Partito dei lavoratori italiani, che trascina con sé in rovina tutte le associazioni aderenti. Il movimento, ripreso dopo il 1895, è di nuovo arrestato nel 1898 dai famosi fatti di Milano e si è ripreso ancora con maggiore lena.

    La costituzione delle Camere del Lavoro diventa un fenomeno esteso in tutta l'Italia settentrionale, tanto che nel 1902 si costituisce il Segretariato centrale di resistenza, che diventa subito, però, un organo ibrido, una specie di tratto di unione tra la organizzazione economica e quella politica, con gravissimo danno della prima, che incomincia ad apparire come una creatura di prima necessità e di contingenza del Partito socialista; uno strumento inconsciente nelle mani dei politicanti senza scrupoli e senza fede, preoccupati più della loro carriera politica che del benessere degli operai.

    Nel 1902 l'on. Cabrini fonda il Segretariato generale delle Federazioni di mestiere.

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    Questo vasto oramai ed incontenibile dilagare del fenomeno associativo dell'Italia settentrionale e di qualche zona dell'Italia centrale si ferma, quasi davanti ad una insormontatile diga ciclopica, ai confini dell'Italia meridionale. Secondo il Salvemini, la ragione di questa differenza, la mancanza cioè di organizzazione professionale nel Mezzogiorno, o almeno la trascuratezza nella quale è tenuta, trova la sua spiegazione nelle due tendenze del socialismo: prevalentemente economica nel nord, politica nel sud. Fenomeno dovuto a ragioni storiche ambientali del Mezzogiorno, dall'analfabetismo alla mancanza di vere industrie. E mentre nel sud il Labriola rimprovera al Governo l'abbandono delle riforme politiche (riforma tributaria, campagna antimilitarista), nel nord, Turati difende il Ministerialismo.





    Le masse cono completamente estranee ed indifferenti, per cui l'organizzazione è quasi sconosciuta o langue, mentre la legislazione sociale, per perfezionarsi e per essere applicata con sani criteri e con buoni risultati, ha bisogno di avere dietro di sé il proletariato bene organizzato ed agguerrito. Lo stesso fenomeno dei Fasci siciliani, localizzato e stroncato, non ha importanza decisiva nell'organizzazione meridionale.

    Il movimento agricolo, tramontato subito in Sicilia, ha invece buoni sviluppi in alcune regioni settentrionali: nel 1898 le Leghe di resistenza agricola si cambiano in Leghe di miglioramento (notevole modello, la Lega di S. Rocco che tratta collettivamente coi padroni le questioni di orario e di compenso, distribuisce la mano d'opera a turno perché la disoccupazione del lavoratore non duri a lungo).

    Il 1901 vede formarsi a Mantova la Federazione provinciale delle Leghe di miglioramento (121 leghe e 15.600 soci nel febbraio; 271 leghe e 40.231 soci nel maggio) (2).

    Il 1901 ed il 1902 sono anni di raccoglimento. Una grossa battaglia, lo sciopero dei metallurgici milanesi, è stata perduta.

    Acquista in questo periodo una certa importanza il movimento associativo delle donne. Vengono costituite varie Leghe femminili le quali però, e ripetiamo le parole contenute nella pubblicazione della Società Umanitaria di cui abbiamo fatto cenno, "hanno tutti i difetti degli uomini e poche delle loro qualità, se si toglie lo slancio e la foga nei momenti di agitazione. Non hanno né la perseveranza a pagare le quote sociali, né la disciplina ad assistere alle riunioni, né la concordia nel tenersi unite, e dopo una breve fiammata di entusiasmo, si sbandano e lasciano sole e spesso sola quella unica, fervida e fervente che iniziò il movimento".

    S'incominciano pure in questo periodo a forgiare le prime organizzazioni padronali nei centri di maggiore e più diffusa industria, e le coalizioni operaie ne subiscono ben presto l'influenza.





    Il movimento diventa tumultuoso, irruente, tra continue vittorie e sconfitte, tra incertezze di metodi e di direttive e di obbiettivi; le quote versate dai soci, dapprime basse, diventano alte. Una grave crisi scoppia tra le varie tendenze del Partito socialista, che porta come conseguenza una crisi nelle organizzazioni operaie, che non sono altro che delle succursali delle sedi socialiste, a queste soggette in tutto. Il dissidio tra socialismo riformista e socialismo rivoluzionario diventa pur dissidio tra sindacalismo riformista antimarxista e sindacalismo rivoluzionario marxista. I piccoli organismi che vivono ai margini di tutte le organizzazioni e che interpretano a modo proprio le direttive generali e che si formano nuovi ideali a seconda della più o meno intemperanza ed ignoranza dei dirigenti, ne aumentano il caos. "Fra le due diverse concezioni del Labriola e del Leone, sbocciò una fungaia innumere di opinioni in contrasto; le tendenze e le scuole furono tante quante le teste squinternate accintesi all'impresa di revisione della dottrina socialista. Ogni città ebbe il gruppetto funzionante da Cristoforo Colombo del più vero e genuino sindacalismo. Ciascun gruppetto deliberò ed agì per suo conto, rinnovando le gesta dei tre sarti di Carlyle, i quali ogni domenica si riunivano a risolvere i più gravi problemi internazionali in nome del popolo d'Inghilterra". Così il Marangoni nel 1907 (3).

    Il sindacalismo rivoluzionario diventò anarchico, confondendo teorie ed ideali e metodi di lotta. D'altro canto i riformisti dimenticano completamente che il sindacalismo lo si attua nei Sindacati operai che sono i legittimi strumenti di difesa degli interessi dei lavoratori, e non solamente con l'opera parlamentare borghese, con la scheda e con l'intrigo.

    Ad eccezione di alcune zone, come nel Ferrarese, nel Bolognese e nell'Emilia, nelle altre regioni il sindacalismo è come scaduto dal cuore degli operai che passano con indifferenza e con un certo fatalismo orientale dai rivoluzionari ai riformisti, se non diventano del tutto ostili al movimento.





    Un fatto importante per il movimento operaio avviene in questo periodo; il Segretariato della resistenza, che ha avuto vita ingloriosa, cessa di funzionare. Nel 1905, impadronitosi della direzione, i sindacalisti della tendenza riformista sopprimono il Segretariato, ed al Congresso di Milano del settembre 1906 viene decisa la costituzione della Confederazione Generale del Lavoro, della quale, come delle altre organizzazioni similari, parleremo nel capitolo successivo.

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    È da questo periodo che s'incominciano ad avere statistiche riguardanti il numero degli operai organizzati. E soffermiamoci un poco.

    Nel 1906 il Rigola calcola gli organizzati a 387.384. Nel 1907 gli aderenti alla C. G. L. raggiungono il numero di 190.422, e nel 1910, 350.000 circa: una percentuale del 65 per cento degli organizzati.

    Ma il fenomeno di organizzazione risente ancora della diffidenza degli operai. Lo stesso on. Rigola, in questo periodo, si rammarica del fatto che la cifra dei non federati si mantenga ancora altissima (badando ai 7 milioni e 787.166 lavoratori organizzabili viventi in Italia, secondo il censimento del 1901, tra uomini e donne).

    Nel 1911 si ha una cifra di circa 700-800 mila organizzati, dei quali 400.000 nella sola industria manifatturiera e 300.000 nell'industria agricola. Dei primi la maggiore percentuale la si nota tra i metallurgici (21,6 per cento). Tra i mestieri più federati nell'industria manifatturiera si notano, oltre i metallurgici, i cappellai, gl'infermieri, i muratori, i tipografi, i panettieri, i calzolai: e tra i meno federati, i sarti, i conciatori, i marmisti, i pastai, i parrucchieri.

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    Da una pubblicazione del Segretariato Internazionale dei centri nazionali dei Sindacati, del giugno 1910, appare che l'Italia nel 1908 aveva 546.650 aderenti, contro 387.384 del 1907.

    Nello stesso periodo si notavano: in Inghilterra, N. 2.406.742; in Germania, 2.381.401; negli Stati Uniti, 1.588.000; in Francia, 294.918 (aderenti alla C. G. T.); in Danimarca, 120.850 (rapporto, rispetto alla popolazione, del 48 per cento).





    Abbiamo detto che nel 1910 aderivano alla C. G. L. 350.000 operai su 700.000 organizzati. Poi vi erano 70.000 operai nell'orbita del Partito cattolico, e 400.000 appartenenti a Leghe indipendenti, ma sempre nell'orbita del Partito socialista.

    Sempre nel 1910, il prof. Salvemini assegnava 600.000 organizzati al Nord ed al Centro, 100.000 operai e 100.000 agricoltori disseminati nel Sud e nelle Isole. Indicava tra le regioni più organizzate, l'Emilia con 275.000 federati. di cui 187.000 contadini, e la Lombardia con 137.000 federati, di cui 48.000 contadini (Cifre rilevate dall'Annuario Statistico Italiano, 1911).

    Alle suddette cifre c'è da aggiungere ancora: i ferrovieri (diventati funzionari pubblici nel 1906 con la statizzazione delle ferrovie) che nel 1910 contavano circa 15.000 aderenti; i postelegrafonici, i maestri, gl'impiegati privati, ecc., tutta gente condotta dalla minoranza socialista del Nord.

    Il fenomeno dell'ingrossamento delle Leghe è andato poi continuamente crescendo.

    Mentre la C. G. L. opera ormai sotto la completa influenza del Partito socialista, barcamenandosi e conquistando per gli operai qualche reale vantaggio, sia pure contingente, i sindacalisti, avversari tenaci della C. G. L. e della sua opera parlamentare, nonché dei suoi accomodamenti con la classe borghese, fondano nel 1913 la Unione Sindacale Italiana, con circa 30.000 aderenti tra sindacalisti rivoluzionari ed elementi anarchici.

    Una forte lotta contro la C. G. L. conducono pure le organizzazioni cattoliche, inasprita dalla campagna anticlericale dei socialisti mangia-preti, come dicesi tuttora; e queste organizzazioni diventano subito potenti per numero di aderenti.

    Nel 1908 sorgono pure alcuni gruppi di operai nazionalisti (il primo a Biella); gruppi che son frutto della propaganda di pochi entusiasti, ma che spariscono senz'altro, data la politica antidemocratica e antioperaia del nazionalismo italiano, alleato della grande industria e "ferocemente protezionista", come dice il Viana. Gli organismi nazionalisti fan capo all'Ufficio Nazionale del Lavoro.

(2) Racconta il Loria che il movimento si estese al Polesine, dove i piccoli proprietari ipotecarono i fondi per aiutare le organizzazioni agricole. Al Congresso di Bologna del 1902 erano rappresentate 704 Leghe e 144.000 circa tra soci e piccoli proprietari alleatisi alle Federazioni agrarie.
B. CHIMIENTI.