Introduzione al Risorgimento

    L'economia nazionale esce dal Medioevo ancora medioevale. I Comuni e le repubbliche marinare sono episodi che hanno fine in loro stessi. Non esprimono attraverso il loro essere una elaborazione dai limiti vasti, un giuoco di forze che vada al di là dei confini. Si esauriscono nel loro medesimo campo. La funzione d'importanza nazionale alla quale essi inconsciamente adempiono sotto lo sguardo vigile della Chiesa è quella di impedire nei limiti del possibile le invasioni degli stranieri. Al di fuori di ciò ogni specifica influenza viene a mancare. Le classi dirigenti, il sentimento patriottico nel popolo, tutto quanto di moderno insomma vien creato dalla loro esistenza non assume perciò valore generale, non esercita verun influsso. Resta caso circoscritto avente segnato in questa caratteristica il proprio destino. Col tempo tutto sarà spazzato e livellato. Nei contrasti bisogna che un termine equivalga press'a poco all'altro per poter sopravvivere. L'eresia trova così una Italia medioevale completamente, una Italia senza grandi masse accomunate da interessi comuni e da conseguenti comuni ideali. Onde non riesce a scuoterla. Torna interessante a questo proposito notare come nel nostro paese il massimo prodotto della ribellione individuale ci dà l'eretico non il riformatore. È la deficienza di tutto il Rinascimento che forma l'individuo e non crea l'uomo, sviluppa il mondo della scienza e trascura il mondo della storia. I motivi polemici dei nostri più celebri eresiarchi restano motivi sentimentali spazianti nei campi del lirismo e della metafisica. Le esigenze storiche generatrici dei nuovi miti restano ignorate fin quasi ad oggi. La Controriforma perciò deve intendersi quale fenomeno puramente italiano di ritorno deciso al medioevo di fronte al formarsi delle varie nazioni moderne.





    Esprime la sola possibilità del nostro popolo. Dinanzi all'eresia dei singoli la forza che proviene dal sentirsi strumento di una fede trascendente resta sempre dalla parte del cattolicismo. Nel duello, putacaso, tra Galileo e l'Inquisizione la più logica e la più forte è quest'ultima. L'Italia resta, dunque, con ciò tagliata nettamente fuori dai tempi moderni. Mentre altrove alle rivoluzioni religiose si susseguono quelle politiche consacrando il principio dell'autonomia in quello della sovranità parlamentare e il capitalismo nasce e le macchine si diffondono e le navi salpano verso i più lontani porti alla conquista di colonie sconosciute, il popolo italiano resta supino, borioso delle glorie passate. I tentativi di liberazione e di elaborazione di una nuova vita restano per questo circoscritti nell'ambito della filosofia e del generale. Bruno, Campanella, Vico, ecc., sono in senso storico reazioni, non capovolgimenti. Qualcuno vuole essere il compromesso tra il vecchio e il nuovo, sempre mantenendosi in questa linea assolutamente metafisico. Nasce il riformismo, espressione dei mali della razza, sotto l'apparenza di un modernismo inesistente. Nel settecento i patrioti non sanno fare altro che chiedere pel popolo riforme al cuore paterno dei Re. Resta assente il senso del divenire come processo del basso verso l'alto, come elaborazione continua di nuove classi dirigenti, uscenti dal popolo. In queste condizioni quindi, un vero Risorgimento, un Risorgimento inteso come volontà di vita europea rimane un mito, una utopia. Mancano le masse, le sole forze capaci di seri movimenti per una ripresa moderna. Nel miracolismo e nell'iniziativa altrui crederanno sempre anche le generazioni dei giovani. Si spera dapprima in Napoleone. Si punta su ipotesi sentimentali che il più elementare realismo avrebbe smantellato. Non viene avvertita la impossibilità di una Italia unita a fianco della Francia né la immancabile transitorietà delle formazioni napoleoniche. E le selezioni cominciano ad avvenire. Questa è la tragedia dei primi patrioti italiani: sperare, sperare ardentemente, intensamente negli altri senza contare esclusivamente in sé. Vedere, in conseguenza, crollare tutto. Dare, come conclusione, in colpi di testa inutili. Se moti avvengono questi li hanno rifatti nell'inizio solo per il disagio delle classi dirigenti. Le sommosse del '14 in Milano ne sono chiara prova. È utile fissare il discorso su questo episodio che può dare nella sua natura il tono della vita italiana del tempo. La situazione creata dalla reggenza di Eugenio Beauharnais al tempo si può capire pensando alla situazione di ceti abbienti spogliati dei diritti tradizionali e a quella del Re ondeggiante tra la fortuna personale e la devozione al cognato pericolante. In queste circostanze i gruppi spodestati simpatizzano naturalmente per l'Austria, cercano di guadagnarsi il favore popolare sfruttando il unica molla capace di suscitamenti - avomalcontento per la situazione economica - cano a sé le idee nuove. Sorse per la prima volta sotto la guida di un patriota tanto sincero quanto poco lungimirante: Federico Confalonieri. Il Partito Liberale Italiano. È una ironia atroce. Il liberalismo che avrebbe dovuto essere, se altro fosse stato il ritmo dei tempi, frutto dell'iniziativa popolare, si a favore di quelle classi contro le quali è naturalmente chiamato. Non adempie per questo, ad alcuna funzione di rinnovamento. Serve a rimettere sul piedestallo unicamente i suoi fautori. Mancando, quindi, la possibilità di una azione autonoma di popolo diretta alla creazione di ordinamenti nei quali essa potesse trovare affermazione, sviluppo e garanzia, è chiaro che l'unità e il Risorgimento restano affidati alle contingenze e all'avventura. Alla necessità dell'equilibrio europeo che non consente una Italia scissa e discorde e alla sagace lucidità di uomini concretizza come conservatorismo, si forma me Cavour, capaci di dominare le disparità senza sopprimerle o corromperle: dirigendole anzi per le vie naturali all'identico fine. Ma esso Risorgimento avrà - come ha - i suoi risultati nell'unità geografica. Posta questa condizione - indispensabile per la formazione di minoranze d'avanguardia e di masse lavoratrici - da allora il popolo italiano, passato per esperienze decisive senza esserne ancora lontano, ha cercato in esse sino ad oggi invano la forza del proprio riscatto morale.

CARMELO PUGLIONISI.