SALVEMINI

    Abbiamo avuto per Gaetano Salvemini dall'Italia e dall'estero un plebiscito. Abbiamo diramato ai quotidiani alcune delle migliaia di firme degli aderenti all'indirizzo di simpatia da noi pubblicato. Ora riportiamo poche lettere tra le infinite che ricevemmo.

Napoli, 13 giugno 1925.

    Ho sempre avuto, ed ho, a titolo di singolare onore la fraterna amicizia di Gaetano Salvemini, mio ospite in Basilicata e qui in Napoli, ognora concordi nel culto della virtù e nella devozione alla patria.

    Ed oggi più che mai a lui invio, pubblicamente, il fervido saluto del commosso mio animo, fatto di stima e di affetto, immutabili.

GIUSTINO FORTUNATO.
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L'ODIO ONESTO
CONTRO SALVEMINI

    Contro Gaetano Salvemini esiste un odio di parte, fondato sul sistema degli interessi materiali che stanno a fondo delle battaglie politiche di tutti i tempi e di tutti i luoghi, e trova modo di manifestarsi coi più diversi mezzi; ma esiste, pure, un odio fiancheggiatore che si può qualificare onesto.

    Vi sono in realtà delle persone convinte di un Salvemini (Slavemini) ebbro di furore anti-italiano, reo di avere efficacemente ostacolato il raggiungimento dei fini nazionali della vittoria e di avere offeso, per non so quali malvagi intenti, e, nella ipotesi più benigna, sotto il suggesto di una mentalità demagogica, l'Italia e gli Italiani.

    Costoro hanno conservato, oggi, lo spirito della polemica intransigente di guerra e non vedono se non bestiali nemici dove esistono leali e forti avversari che possono avere errato nei loro giudizi od esagerato nei loro atteggiamenti (come possono anche avere indovinato dove ci siamo sbagliati noi) ma debbono venire sottratti alla sopraffazione della forza bruta, comunque ammantata di pretese legali.





    A costoro si può, forse, utilmente chiedere se conoscono bene il professor Salvemini; se hanno seguito la sua opera di storico, di pubblicista, di studioso dei problemi della scuola, e se sanno che da oltre trent'anni quest'uomo è sulla breccia: per l'elevazione del suo Mezzogiorno; per la redenzione delle plebi; per l'allargamento generale della coltura, affrontando le questioni più complesse di politica economica e finanziaria; agitatore appassionato, se anche non di rado eccessivo, di idee e di argomenti che non si prestano alle improvvisazioni piazzaiole ed alle soluzioni superficiali.

    Salvemini può irritare, suscitare antipatie capaci di sospingere, nei momenti della lotta febbrile, sino alla violenza, ma, appena si riacquista l'uso della ragione, con quale equità si disconosce che al proprio paese egli ha dato e dà, qualunque siano i dissensi che da lui ci dividono, ed alcuni suoi torti, essenzialmente formali (homo sum...), lustro ed onore?

    Colpito da una sventura senza nome, egli è rimasto a combattere, per le sue convinzioni, quasi ad apparire, pei più sentimentali, un insensibile, e moltiplicando nell'aspra sincerità dell'azione, le schiere degli oppositori, ha sempre dimostrato di preferire al successo individuale il trionfo di un pensiero o di una causa.

    Siamo alla vigilia dell'intervento: non lo ricorda Giovanni Gentile, con me e con altri al Caffè Pietromani di Pisa, fiamma di un movimento che lo indicava alle ire di chi, probabilmente, adesso lo battezza antinazionale e traditore?

    Egli è continuamente in piedi durante il periodo della guerra, con opinioni discordanti o no dalle nostre, ma chiare, aperte, animate dalla sostanza di una concezione delle necessità dell'ora e dei rapporti da crearsi fra i popoli, su cui non si è pronunciata l'ultima decisiva parola.

    Alla Camera del 1919, quella che a me è sembrata la Camera "infernale", si è aggregato al gruppo del rinnovamento, inorganico, scarso di fortuna, ma sollecitato, nei più consapevoli dei suoi aderenti, da propositi di resistenza alle folli infatuazioni del giorno, e di difesa delle ragioni della "vittoria dei caduti", non della futura vittoria dei profittatori.





    Irrequieto, lascia il "rinnovamento"; è travolto anche lui dalla incertezza del tempo, e, poiché non ha abilità tattica, esce dall'esperimento parlamentare assai isolato, colla fama, meritata, di pessimo politico. Salvemini è, in realtà, sprovvisto quale attore di "senso politico", mentre, storico ed osservatore acutissimo, ha sotto questo aspetto delle doti politiche di primo ordine.

    Il fascismo lo trova risoluto antifascista, ma egli, nonostante la inclinazione caustica e mordace dell'intelletto, sa imporsi - quando motivi superiori lo richiedono - tale una disciplina che andando in Inghilterra (1923) a tenere una serie di conferenze sul nostro risorgimento, mentre parla con nobile fervore di patriota, non si diparte mai da una condotta severissima, "accademica", destituita di insinuazioni e di punte settarie.

    Una signorina italiana, insegnante all'Università di Birmingham, riferendomi su questo corso di lezioni che stupì per la correttezza dell'inglese imparato dal Salvemini in un anno, mi magnificava l'impressione ed il rispetto del pubblico britannico - che oggi mal capirà il processo gli Firenze - per l'austero professore italiano.

    Gli "odiatori onesti" di Gaetano Salvemini devono abbandonare il loro odio o la loro onestà; anch'io mi sono arrabbiato contro di lui, quando più accesa era la mischia, e anch'io, non è da escludersi che abbia sorriso udendo nella frase sarcastica di Michelangelo Billia il giochetto del Salvemini diventato Slavemini; oggi confido che si sappia vedere la nobiltà della sua opera.

ADOLFO ZERBOGLIO.