LA GIOVINEZZA DI MATTEOTTIGerolamo Matteotti, di una famiglia di calderai, era quasi povero, quando, lasciato il nativo Trentino, si stabilì a Fratta Polesine e sposò una giovane di condizione modestissima: Isabella Ganzarolli ora settantaquatrenne. I coniugi Matteotti ebbero tre figli, vissero sempre in perfetto accordo esercendo un negozio di mercerie e di ferramenta sito in una casa - che divenne poi di loro proprietà - al centro del paese. Lavoratori e risparmiatori tenaci riuscirono ad accumulare una fortuna cospicua col loro commercio e con speculazioni oculate. Molta parte del loro danaro, a mano a mano, investirono in terreni e fabbricati - sparsi qua e là nella provincia - acquistati a condizioni favorevoli. Anche raggiunta l'agiatezza continuarono a vivere modestamente e con parsimonia. Rimasta vedova, la signora Isabella continuò nell'esercizio del negozio ancora per molti anni. Nella sua bottega trovava sempre cordiale accoglienza Costantino Lazzari quando "umile proletario del commercio" (così egli amava presentarsi) si recava a Fratta a visitare i suoi clienti e a recare il conforto della sua fede ai compagni. A lui parlava la vedova con sentimento di orgoglio dei suoi figli che erano la sua adorazione e per i quali continuava a lavorare e a risparmiare inesorabilmente, conforme l'esempio del marito. La sventurata madre tutti li perde giovanissimi. Il primogenito, dottor professor Matteo, morì per primo a trentun anni. Studioso di problemi sociali aveva pubblicato diversi saggi. L'opera sua più importante è forse: "L'assicurazione contro la disoccupazione" (Torino, 1901 - Editori F.lli Bocca, pp. 276, in-8°). Silvio, dedicatosi all'amministrazione delle aziende agricole della famiglia, moriva dopo poco a soli ventitré anni. Entrambi dormono nel camposanto di Fratta dove li raggiunsero più tardi i miseri avanzi del secondogenito, Giacomo, a loro fratello anche nella fede politica. Giacomo nacque nella casa paterna il 22 maggio 1885. Trascorse l'infanzia a Fratta iniziandovi gli studi. Li proseguì a Rovigo nel ginnasio-liceo "Celio". Anche quando si trasferì in quella città e vi fu collocato a pensione presso amici della sua famiglia, ritornò frequentemente al suo paese. A Rovigo lo visitava spessissimo la madre che prendeva molto interesse ai suoi studi. Fratta Polesine è un comunello di forse quattromila anime. Al suo centro (a circa 13 chilometri da Rovigo e a 9 da Lendinara) presso lo Scortico (corso d'acqua che unisce l'Adigetto al Canal bianco) sta un borgo di ridente aspetto formato da gruppi di edifici ben costruiti con attigui vasti deliziosi giardini. Il borgo ha origini vetuste. Fu già luogo forte. Nessun rudero rimane del castello che il vescovo di Adria Isacco II vi fece costruire. Lo possedè e munì Guglielmo Marchesella nel 1142, lo occuparono i veronesi, lo riprese Salinguerra di Torello (1188) e a lui lo tolse dopo una dura lotta Azzolino d'Este (1205). Lo riconquistò e distrusse, nel 1224, Tisolino Camposampiero. Giacomo Matteotti amava ricordare le vicende belliche delle quali era stato teatro il suo borgo e si era interessato della vita guerresca del comede Guglielmo Marchesella, eseguendo ricerche non molto fruttuose in archivi e biblioteche. Un giorno un compagno si meravigliò ch'egli si occupasse di siffatte ricerche. Come un socialista si interessava della vita di un signorotto, di un nobile?... Gli sembrava un atto di incoerenza... Giacomo sorrise bonariamente e raccontò come probabilmente anche la sua famiglia fosse di origini aristocratiche. Difatti un prete trentino - previo sborso di una somma di danaro - si era offerto di documentare come la famiglia Matteotti avesse a capostipite un bastardo dell'imperatore di Germania: Mattia, nipote di Carlo V. Giacomo aveva declinato l'offerta, ma per burla si compiaceva talora ricordare le sue presunte origini aristocratiche con aria scherzosa di superiorità: - Io che discendo dall'imperatore Mattia... La popolazione di Fratta è generalmente occupata nei lavori dei campi. L'industria dei cordami dà lavoro ad un discreto numero di operai. La vita vi trascorre tranquilla e monotona. Il borgo si anima alquanto al giovedì per il mercato, che però ha importanza locale soltanto. In questo ambiente ristretto visse i primi anni Giacomo, fra la scuola e la bottega paterna, giocherellando per le strade coi suoi coetanei e recandosi talvolta a pescar rane nel vicino Naviglio Adigetto. La fiera annuale di animali del 30 giugno richiamando in paese molta gente e insieme giocolieri e giostre, era attesa dal ragazzo con desiderio. Dei divertimenti da godere si parlava fra scolari in anticipo per lunghi mesi e si rievocavano con nostalgia le giornate di fiera degli anni precedenti. Non erano questi i soli svaghi di Giacomo. Sebbene la sua famiglia non eccellesse in zelo religioso egli veniva condotto talvolta in chiesa e vi si recava anche da solo. In un primo tempo si era interessato alle funzioni religiose, poi l'edificio stesso della chiesa aveva finito per richiamare la sua maggiore attenzione. La chiesa parrocchiale di Fratta - dedicata ai Santi Pietro e Paolo - è vasta e ricca di marmi, di pitture, di decorazioni, d'intagli. Giacomo mi condusse un giorno a visitarla e mi fece ammirare le pitture del Tintoretto e di Paolo Veronese ivi esistenti. Alla porta maggiore sta una magnifica bussola del Brustolon e nel suo coro esiste un parapetto in legno intarsiato opera dei celebri Voltolina di Lendinara. Questo parapetto era oggetto della estatica ammirazione di Giacomo fanciullo. Una volta essendosi recato nel coro fu sorpreso dal sagrestano a toccare gli intarsi e scacciato a scapaccioni. Anche la chiesa di San Bartolomeo, ridotta a magazzino. interessava il ragazzo per certi caratteri gotici che vi son scolpiti. Egli aveva durato parecchio prima di poterli comprendere e fu felice quando, progredendo negli studi, poté leggerli e apprendere così che il vecchio edificio era stato eretto nel 1338. Molto ammirati furon sempre da lui gli antichi palazzi costruiti per le nobili famiglie Molin e Badoer dal Palladio. Egli avrebbe voluto acquistarne uno, ora di proprietà del generale Guerrini, ma il suo desiderio non poté essere mai soddisfatto. Così crebbe Giacomo con spontanee inclinazioni alle cose d'arte e alle antichità. Doveva poi ancora maggiormente prendervi passione divenuto adulto. AI ginnasio e al liceo si fece notare come alunno studioso e diligente. stimare e benvolere dagli insegnanti e dai condiscepoli. E si faceva benvolere dalla famiglia presso la quale era ospite. Vivace. dotato di fortissima volontà fin d'allora si imponeva, si faceva valere fra i compagni. Studioso, non sgobbone, frequentava la biblioteca dell'"Accademia dei Concordi" attendendo a studi storici e letterari... Simpatizzante per il partito socialista, era appena quattordicenne quando partecipò al movimento giovanile del partito e alla sezione adulti si inscrisse poi - ventenne - nel 1904. La buona signora sua ospite lo trattava di enfant prodige e prevedeva giusto che sarebbe diventato ministro a quarant'anni! Più tardi, nell'aprile 1919, insieme con lui mi recai a far visita all'ottima signora. Lo accolse festosamente e teneramente. Giacomo non era solito a sconfinare nelle espansioni affettuose, ma quel giorno era vivamente visibilmente commosso. Nel suo sguardo balenava una profonda tenerezza. La nostra ospite non si stancava di lodarlo e gli andava dicendo la sua gioia di rivederlo, con un diluvio di parole e aggiungeva che il giorno più bello della sua vita sarebbe stato quello in cui egli sarebbe salito "in quel Palazzo" (alludeva a Montecitorio) "dove avrebbe fatto tanto bene..." Giacomo era cresciuto con la convinzione che i suoi non fossero ricchi. A scuola bisognava essere tra i primi: non perdere tempo, non dissipare. Con l'istinto della dura lotta e la dignità del sagrificio divenne uomo. Ottenuta la licenza liceale continuò gli studi a Bologna nella facoltà di giurisprudenza. Frequentò con assiduità le lezioni di diritto penale. Suo maestro prediletto fu Alessandro Stoppato. Anche a Bologna, sebbene vivesse signorilmente alloggiando talvolta nei migliori alberghi, conservò le sue abitudini austere, rimanendo estraneo all'ambiente studentesco e non partecipando alla vita spassosa dei gogliardi. Si laureò giovanissimo e frequentò lo studio dello Stoppato continuando negli studi di diritto penale sotto la sua guida e valendosi dei consigli del fratello suo maggiore Matteo. Durante le vacanze scolastiche e dopo conseguita la laurea viaggiò molto in Italia e all'estero. Furon viaggi di svago, ma anche di studio per completare la sua coltura. Viaggiò in Germania, in Austria, in Isvizzera, in Francia e Inghiltera e di quelle nazioni apprese l'idioma. L'inglese l'aveva già appreso per leggere direttamente le opere di Shakespeare. Nel 1910 - non aveva che venticinque anni - pubblicò il suo primo lavoro. Un'opera poderosa frutto dei suoi diligenti studi di diritto penale: "La recidiva" (saggio di revisione critica con dati statistici) edita in Torino dai F.lli Bocca (Biblioteca antropologico-giuridica, serie I, voi. XI, p. p. XVI-439). In quest'opera è notevole la concezione socialista della vita sociale e del fenomeno della delinquenza. Essa contiene due dediche affettuose: "Con animo grato al prof. Alessandro Stoppato, che mi fu sempre e benevolmente prodigo di incoraggiamento e consigli". "Alla memoria di Matteo, fratello mio e amico, che con occhio affettuoso protesse il crescere di queste pagine e non poté vederne il compimento". Intanto la madre si ritirava dal negozio e, per desiderio di Giacomo, lasciava la vecchia abitazione per trasferirsi in una casa di campagna sulla strada che dal centro conduce alla stazione ferroviaria di Fratta. Giacomo voleva rimodernare questa casa che scherzosamente chiamava "il mio palazzo" e dava ordini intanto perché si rinnovassero le piante del giardino annessovi. Davanti alla casa che lo vide nascere e dove trascorse la sua infanzia si leva un modesto obelisco dedicato ai martiri che il piccolo borgo diede al Risorgimento nazionale. Una iscrizione dice: "Fratta - da Spielberg, Venezia, Lubiana - l'eco dolorosa dei suoi Martiri - del 1821 - raccogliendo in questo marmo - scrive sua storia - 31 gennaio deliberato - 16 giugno 1867 inaugurato". e sono scolpiti i nomi: "Antonio Villa - Antonio Oroboni (1) - Prete Marco Poli - Federico Monti - Vincenzo Zerbin - Domenico Grindato". I superstiti, i fedeli un altro ne faranno incidere un giorno: Giacomo Matteotti. ALDO PARINI.
(1) Il giovine Conte Oroboni tratto allo Spielberg vi morì di tisi nel 1823. A lui Silvio Pellico dedicò nelle "Mie Prigioni" una pagina commovente.
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