Commento a Ginevra

    Quali difficoltà si oppongono oggi alla realizzazione di un equilibrio europeo invano cercato attraverso il susseguirsi di conferenze internazionali?

    Anzitutto la firma di un patto che garantisca in oggi le frontiere darebbe un crisma di legittimità ai confini tracciati dai Trattati ed un senso di "definitivo" ai mal conseguiti ingrandimenti degli Stati, pletorici (chè diversamente la Francia non l'avrebbe appoggiato con tanto entusiasmo), ancorché l'art. 19 del Patto della Lega sancisca la rivedibilità per arbitrato dei Trattati; e da ciò il pericolo che la Società ginevrina si tramutasse in una Santa Alleanza per la perpetuazione di tutte le ingiustizie sanzionate dai vecchi e dai nuovi trattati.

    Non dimentichiamo che la Santa Alleanza fu costituita "conforme ai principii dell'Evangelo, i quali comandano a tutti gli uomini di amarsi come fratelli", tra Sovrani che si proponevano "la ricostruzione dell'ordine morale" e "la pace duratura, fondata su una giusta redistribuzione delle forze politiche"!

    Questa obiezione è di tal forza che non ha bisogno di commenti. L'ingiustizia, l'irrazionalità, l'insostenibilità di taluni trattati sono ormai evidenti, e sarebbe vano, assurdo ed immorale pretendere di eternarle. Quando i Ruteni di Galizia o di Subcarpazia, i Tedeschi d'Austria, i Bulgari di Macedonia domanderanno di ricongiungersi alla rispettiva nazione, chi oserà opporsi loro, in nome della pace e della giustizia internazionale?

    Un'altra difficoltà sta nel fatto che la Società non é finora universale, e, sopratutto, delle tre Grandi Potenze che ne son fuori solo per la Germania si può pensare ad un prossimo ingresso. Quanto agli Stati Uniti, fino a che non sarà mutato l'attuale indirizzo della Casa Bianca, è vano pensare che essi possano entrare nella Società. La Russia bolscevica poi, non potrebbe aderirvi se non rinnegando se stessa, rinnegando cioè - checché ne pensino gl'ingenui tipo Macdonald - la sua essenza di Governo rivoluzionario il cui compito preciso è di agitare dovunque la fiaccola della rivoluzione proletaria. Una sua eventuale adesione, oltre che un assurdo, sarebbe un equivoco gigantesco, la riproduzione in proporzioni enormemente maggiori dell'equivoco di quei trattati fra la Russia e le varie Potenze, i quali sanciscono il disinteressamento reciproco per la politica interna e coloniale dell'altra parte.





    Una terza ragione è data dal persistere in molti Stati di situazioni interne anormali, poiché è evidente che un Patto simile può aver valore soltanto fra Nazioni liberali, fra popoli cioè che sì governino da sé, e che neppure siano afflitti da guerre civili; e inoltre gli Stati in tumulto, o dove Governi si reggono con la forza, non possono disarmare, e sono sempre un pericolo per la pace altrui.

    Ma se mancano finora le condizioni materiali e spirituali per la realizzazione di un progetto così vasto quale era il Protocollo, non è detto tuttavia che si debba rinunciare a quelle realizzazioni parziali che sono consentite dalle circostanze e che valgono a indirizzare, sia pure lentamente, verso il fine altissimo.

    L'entrata della Germania nella S. d. N., che la lettera del Consiglio permette di sperare prossima, è certo un buon passo. Frattanto un altro problema resta sul tappeto: la sicurezza della Francia. La Francia che per 43 anni si è nutrita del pensiero di una révanche e l'ha finalmente ottenuta, e che sente la sua inferiorità di fronte alla Germania, non può non considerare con terrore l'eventualità che un analogo pensiero covi ora la rivale. Di fronte a questa situazione due vie le si offrivano nelle relazioni con la vicina: collaborazione pacifica, oppure avversione irriducibile, non trascurando occasione per metterle il piede sul collo e tenerla in rispetto. Poincaré si cacciò risolutamente per la prima, coi risultati che tutti noi conosciamo.

    Ora sono in contrasto due tesi: la tesi francese per un'alleanza anglo-franco-belga ed una garanzia che si estenda anche alle frontiere orientali, e la tesi tedesca per una alleanza a cinque che comprenda anche Italia e Germania, mentre per i confini con la Polonia e la Cecoslovacchia s'impegnerebbe a sottoporre ad arbitrato le questioni relative.

    Non esitiamo a dire che la tesi francese sarebbe nefasta per la tranquillità d'Europa. Le alleanze parziali dirette contro una determinata Nazione, anche se a scopo puramente difensivo, retaggio delle vecchie teorie di equilibrio che il principio della Società delle Nazioni deve definitivamente bandire, sono state sempre fornite di guerre. L'alleanza anglo-franco-belga sarebbe anti tedesca; si perpetuerebbe il giuoco della Francia che si vuole imporre e della Germania che tende a svincolarsi, e nella lotta sorda e costante delle due vicine si aggraverebbero le ostilità e le diffidenze, e si rafforzerebbero i nazionalismi dei due paesi.





    Non si dica che un'alleanza delle tre Nazioni, o quattro con l'Italia, sarebbe garanzia sicura per la sua stessa forza militare. Anzitutto la Germania, appunto perché controllata, vigilata, insidiata, si preparerebbe tenacemente alla rivincita e il precedente del 1806-13 mostra a qual grado di preparazione si possa giungere anche in condizioni difficili. Già ora le associazioni nazionaliste pullulano in Germania, e il loro svilupparsi è stato il naturale contraccolpo della pressione francese nella Ruhr. D'altra parte la Germania procurerebbe essa pure di crearsi un sistema di alleanze, e la Russia potrebb'esser la prima ad accedervi. Infine, non è detto se tutte le Potenze vincolate dal patto di garanzia con la Francia al momento opportuno interverrebbero, mentre la Germania potrebbe anche approfittare del momento in cui una o più di esse si trovassero in qualche modo impegnate.

    Ne consegue che la garanzia non potrà trovarsi in un'alleanza militare parziale. Il che non implica ch'io sia contrario al sistema degli accordi parziali, ché anzi solo attraverso gli accordi parziali si potrà giungere al fine ultimo dell'intesa generale, ben più difficile e lontana. Ma queste intese parziali dovranno avere lo stesso scopo e lo stesso spirito pacifico di quell'alleanza generale che è la Società delle Nazioni, basata sulla collaborazione di tutti, ed essere costituite sotto i suoi auspici; comprendendo tutti gli interessati ad una determinata questione, anche se direttamente in contrasto.

    Ottimo quindi il progetto tedesco, che supera le vecchie divisioni nella più vasta considerazione degli interessi generali. Non è senza significato il fatto che la Germania si rimetta, al tempo stesso, all'arbitrato per le frontiere orientali e si dichiari disposta a firmare trattati di arbitrato con tutti gli Stati, come già lo ha fatto con la Svizzera e con la Svezia. Né va disconosciuta l'importanza che avrebbe un impegno per le frontiere occidentali liberamente sottoscritto dalla Germania, anzi da essa stessa proposto, poiché è per lo meno ingenua l'affermazione del Temps che la rinuncia alle due province nulla costi alla Germania in quanto ce renoncement "douloureux" est déja acquis par le Traité de Versailles, que tous ses signataires se sont sólennellement engagés à maintenir...





    Ed è evidente che questo patto, ravvicinando vieppiù le due Nazioni, avrà per effetto di far cadere i risentimenti, attenuare le ostilità, smussare gli angoli, rafforzare le democrazie pacifiche di Francia e di Germania, ed avviarle su di una via di sincera collaborazione. Ma per questo è necessaria, mi si passi l'espressione abusata, la smobilitazione degli spiriti, è necessaria cioè molta buona volontà da entrambe le parti. Come in tutti i fatti storici le cause essendo effetti e viceversa, l'intesa avvicinerà progressivamente gli spiriti dei due popoli, ma è necessario che il disarmo spirituale sia già iniziato perché si possa stringere il patto.

    La Germania mostrerà una decisa volontà di pace rinunciando a rivendicare l'Alsazia-Lorena (per la quale certo non tutte le ragioni militavano a favore della Francia), e le sarà d'uopo perciò di un effettivo spirito democratico; ma occorre che la Francia s'induca in pari tempo ad abbandonare non solo ogni velleità sul Palatinato e le Province Renane, ma ad affrettare lo sgombro di tutte le province occupate e a rinunciare anche definitivamente fin d'ora all'annessione della Sarre. Pensiamo che un eventuale passaggio alla Francia della Sarre, dopo il plebiscito che vi sarà indetto nel 1934, riaprirebbe insanabilmente il dissidio franco-tedesco, e l'irredentismo germanico così scatenato includerebbe nuovamente tra le sue rivendicazioni l'Alsazia-Lorena. Se la Francia vuol pregiudicare la sua posizione in Alsazia-Lorena, aspiri pure alla Sarre.

    Il patto del Reno a cinque sarà la maggiore garanzia di pace in quella regione. E diciamo pure che soluzioni analoghe, inquadrate nel più vasto e completo sistema della Società delle Nazioni, dovranno essere attuate per le situazioni analoghe. A questo stesso ordine di idee rispondeva il patto del Pacifico concluso nel 1922 a Washington che valse ad allontanare il pericolo di una guerra gigantesca imminente, anche se, imperfetto com'è, dovrà essere ampliato, migliorato, perfezionato, nutrito di uno spirito nuovo.

    Così per l'equilibrio del Mediterraneo orientale potrà intervenire un accordo fra Gran Bretagna, Francia, Italia e Spagna con l'eventuale adesione di altri Stati, che tenga conto delle nuove situazioni. Mentre per le frontiere orientali un patto di questo genere, che sarebbe pure utilissimo e che richiede spirito di intesa da entrambe le parti, sarà possibile soltanto quando siano eliminate alcune fra le più gravi ingiustizie, come quelle ad esempio che dividono insanabilmente la Polonia dalla Lituania.





    Patti particolari fra tutti gl'interessati, registrati dalla S. d. N., per la definizione delle più spinose ed annose divergenze; federazioni od unioni regionali di Nazioni vicine per origine, per interessi, per posizione geografica sulla base di superiori intenti comuni (Unione Caucasica, Federazione Balcanica o almeno Yugoslava, con la Bulgaria, Unione Baltica, ecc., da cui si potrà giungere agli Stati Uniti d'Europa; Federazione Araba, Stati Uniti dell'America Centrale, e via dicendo); radicale mutamento della politica estera di tutti gli Stati (abolizione della diplomazia segreta, riconoscimento del principio nazionale e quindi del diritto di autodecisione per tutti i popoli, orientamento nuovo nella politica coloniale); accordi sempre più vasti e completi per il disarmo e l'arbitrato; realizzazione d'intese politiche ed economiche universali (una Società delle Nazioni seria e fattiva, esercitante una funzione preminente nel meccanismo della politica internazionale; l'Unione doganale universale; ed anche una lingua ausiliaria internazionale) ecco la sola via realistica per giungere, sia pure lentamente e attraverso difficoltà innumerevoli, a quell'ideale di Umanità solidale che dev'essere l'aspirazione lontana di tutte le democrazie, verso la quale devesi orientare la politica estera dei Governi lungimiranti, e in cui solo si può pensare di trovare un giorno quel minimo di pace che sarà consentito all'umanità.

ANTONIO BASSO.