Borghesia e Marxismo

    La replica di Prometeo Filodemo "Marxismo e liberazione proletaria" alla mia nota "Esegesi marxiste" (N. 15 e N. 17 di R. L.), risente di un vizio fondamentale che bisogna rilevare sin dal principio affinché la polemica abbia la impostazione esatta. Questo vizio sta nell'avermi attribuito pensieri che io mai ho sostenuto ed è dovuto forse ad una superficiale lettura di quanto ebbi a scrivere.

    Posto ciò vediamo di mettere i punti sugli i e stabilire le posizioni reciproche. Io non mi sono mai sognato di liquidare il marxismo come dottrina del proletariato rivoluzionario. Anzi, ho tentato di dimostrare, come il suo valore consista proprio in ciò. La mia critica intendeva riferirsi alla palingenesi finale della società futura. Sono perfettamente convinto con Filodemo che il rovesciamento marxistico della dialettica hegeliana apportò questa conseguenza: "che gli uomini, i quali nella filosofia hegeliana sono soltanto mezzi dell'astuzia della ragione, secondo la classica espressione di Hegel, diventano per il marxismo gli autori stessi della storia mossi ad agire dai loro bisogni". Ma io sostenendo che il rovesciamento di cui sopra non apportò mutazione, mi riferivo e esclusivamente al procedere dialettico. Ora, in effetti, non si può negare, credo, che il rigorismo metafisico abbia condotto Marx ai risultati che tutti conoscono. Le teoriche della miseria crescente, dell'accentramento del capitale, dei periodi di crisi, il mito della rivoluzione livellatrice sono frutto di tale orientamento mentale che se ha dato una filosofia attivistica, ha dato pure uno stocco catastrofico ad essa. Quale é, dunque, il valore del marxismo? La sua funzione storica? Rispondendo a queste domande avrò confutato, a mia volta, il mio contraddittore. Mi trovo d'accordo con lui nel ritenere la storia "attività degli uomini mossi dai loro bisogni". Penso, però, che questa attività sia: l° varia e multiforme e tale da non poter essere inquadrata in nessun sistema; 2° attività che mai potrà toccare il vertice supremo, l'assoluto. La mia concezione calvinista della vita rifiuta di ammettere una nuova realizzazione del paradiso terrestre. Rimango, perciò, radicato sempre nel credere come l'epoca capitalistica sia perenne e caratterizzata da un susseguirsi continuo di classi dirigenti venienti dal proletariato. Ora che tale susseguirsi sia infecondo, "perpetua alternativa senza mèta", è idea puramente personale del Filodemo. Secondo me questo avvicendarsi man mano che avviene segna nuovi punti di arrivo dopo i quali, forse, vi sarà la decadenza. Dico "forse" perché ritengo che il futuro non si lasci ipotecare. Ma, come queste classi dirigenti si formano? In questa domanda è racchiusa la mia visione del marxismo.

    Le masse per iniziarsi alla vita sociale hanno sempre bisogno di un mito di una fede di una idea trascendente. La costruzione marxista risponde a questi bisogni. Ma passato tale momento di inizio è chiaro che il mito non può rimanere lo stesso. Per cui Marx così viene superato. Restano perciò fissate le seguenti conseguenze: l° i punti di arrivo del marxismo sono falsi e antistorici. Falsi perché frutto di una dialettica eminentemente metafisica e rigida, applicata ad un processo senza limiti. Anti-storici perché segnano un limite alla storia se è vero che essa è lotta, mito, susseguirsi di contrasti; 2° Questi punti di arrivo hanno una loro funzione in quanto hanno a destare gli umili e portarli alla ribalta della storia; 3° Borghesia e marxismo non sono storicamente termini antitetici in quanto l'una ha vita dall'altro. Esaurita sinteticamente in questo modo la discussione, non mi resta che aggiungere un'ultima cosa. Per errore di stampa nel mio articolo su Marx una frase di Croce apparve come di Sorel. Tutto quanto il Filodemo disse perciò sul francese è cosa che non mi riguarda.

CARMELO PUGLIONISI.