Critica navaleMare e sangueCome si addice ad un buon provinciale della mia specie, mi aggiravo col naso per aria e la barba al sole lungo i marciapiedi del Boulevard St.-Germain; mi fermai ad interrogare come un amante devoto ed a conversare come un amico provato colle vetrine dei librai. Come avviene in simili casi la borsa protestava al fine di non essere distrutta; ne sacrificai qualche franco a favore de "La bataille du Jutland vue du Derfflinger di Georg Von Hase" che mi fu consegnato con gallica arte da una delle giovani venditrici di Payot. Tra i miei stupidi pudori ed i miei pregiudizi più radicati vi è quello di leggere i libri nell'originale a costo di esprimere tanto sudore da far salire il Mar Morto al livello del Mediterraneo: mi vergognavo un po' di leggere uno scritto Germanico in versione Franca ma mi accorsi poi che il Servizio Storico dello Stato Maggiore francese si era incaricato di porre a piè delle pagine alcune piccole note che ponevano acqua della Senna nell'a volte troppo forte vino del Reno. Ciò mi fu molto utile e piacevole realizzando qualche cosa come un equilibrio esoterico del tutto confacente al mio spirito. Ho letto il libro con cura: ne ho riportato una impressione buona - questo ho voluto dire come testificazione iniziale per consigliarne la lettura attenta a chiunque tecnico o meno, sia interessato alla grande lotta per il controllo e la signoria del mare. Il "Derfflinger era un incrociatore da battaglia del tipo più moderno ed una delle costruzioni più notevoli specialmente sotto il punto di vista difensivo. Esso ebbe una importanza somma nel tragico incontro. Georg Von Hase ne era il direttore di tiro. Nelle prime pagine mi son sorbito un pezzo di retorica di Gork Fock in cui imparai come qualmente "il corruccio tedesco, il cruccio bruciante e giocoso di un Siegfried scatenato contro la fellonia dei Sassoni si precipita sopra di te..." (tutto questo per John Bull) e come "tutti i vecchi Dei si sono levati e combattono con noi (i Tedeschi) è il Walhalla del Crepuscolo degli Dei"! Ciò mi indispose non poco. Nel seguito potei respirar meglio poiché il servizio di registrazione e di controllo organizzato da Hase nei diversi posti di artiglieria del "Derfflinger" funzionò bene; gli incrociatori da battaglia tedeschi seguivano la linea di fila e la loro posizione ed ogni istante era nota dalle abituali calcolazioni nautiche; d'altra parte Hase faceva registrare la distanza telemetrica (elevazione) e l'angolo di tiro delle salve pervenute all'obiettivo, cosicché in ogni istante la posizione reciproca delle squadre risulta nota. Dal libro ho imparato varie cose, p, es., la natura dell'allenamento degli equipaggi tedeschi al tiro per rollio; la bontà dalla loro telemetria e servizio balistico generale, ecc.; d'altra parte si dissiparono in me alcune piccole leggende imparate per sentito dire, ossia appresi che: - Non è vero che il tiro di tutta la flotta tedesca fosse concentrato a volta a volta sopra una determinata nave inglese fino alla sua distruzione e che il tiro inglese fosse disperso. Vi furono da ambe le parti alcune parziali e temporanee concentrazioni di tiro su determinate unità mentre in generale ogni nave si impegnava con una nave avversaria. - Non è vero che gli inglesi sparassero peggio dei tedeschi. Con riferimento ad una delle fasi essenziali del combattimento Hase scrive: "Io vedevo giungere gli obici ed io dovetti ben riconoscere che l'avversario tirava perfettamente"; altrove "il tiro nemico era perfettamente regolato". Parole estremamente significative. - Non è vero che la protezione orizzontale ed in ispecial modo quella dei cieli delle torri fosse generalmente superiore presso i tedeschi che non presso gli inglesi. La "Derfflinger" ebbe torri corazzate interamente distrutte, i proiettili penetrarono in esse in modo del tutto analogo a quello con cui essi penetrarono nella disgraziata "Queen Mary". Se sul "cane di ferro" (sopra nome della "Derfflinger") e su altre navi di linea tedesche non vi furono esplosioni annichilatrici, ciò é dovuto ad una accurata disposizione delle polveri nei depositi per cui queste bruciavano e non scoppiavano. - Se gli inglesi andarono alla battaglia con imperfezioni di preparazione, i tedeschi non furono scevri di errori del genere - capitale fra questi l'aver mantenuto le vecchie reti parasiluri, assolutamente inutili ad alte velocità, dannose per l'acquisto massimo delle medesime - costituenti un permanente pericolo per le eliche. - A meno della maggiore rapidità di tiro (compensata presso gli inglesi dalla completezza delle barcate) non è vero che l'inferiore calibro tedesco (280-305 mm.) potesse rivaleggiare per una maggior perfezione tecnica col superiore calibro inglese (343-381 mm.). La portata delle artiglierie inglesi era in generale nettamente superiore a quella della squadra tedesca, cosicché, p. es., verso la fine della seconda, tra le cinque fasi del combattimento, la squadra delle superdreadnoughts "Warspite" poté tenere sotto un fuoco "deprimente, snervante e penoso nel più alto grado" una parte della flotta tedesca senza che questa potesse rispondere perché gli inglesi si trovavano al di là della portata utile dei pezzi tedeschi. - Le condizioni di visibilità non furono costantemente favorevoli ai tedeschi ma variarono spesso durante le varie fasi del combattimento portando il favore meteorico ora all'uno ora all'altro dei contendenti. D'altra parte ho trovato parecchie vedute che confermano le mie impressioni anteriori; gli equipaggi di ambedue le armate si batterono con accanito coraggio, la grande nave potentemente armata e seriamente difesa fu la regina del combattimento. - il siluro fece cattiva prova;... le siluranti furono usate per attacchi in massa quasi come cariche di cavalleria che poterono raggiungere scopi indiretti, forse anche notevoli, per la contingenza del combattimento (effetto psichico su Jellicoe (?), compulsione a frequenti mutamenti di formazione e di rotta per le navi di linea) ma in generale furono sfortunate - i sommergibili servirono presso a poco a niente per la loro scarsa velocità; - le forze aeree, oserei dire, a niente del tutto. Ho voluto notare queste cose, così alla rinfusa, per mostrare in esse, e per esse nel libro, non solo un valore storico, ma un enorme valore attuale. Lo "Jutland" è forse l'unica essenziale esperienza bellica navale da cui oggi gli uomini possano trarre insegnamento per preparare più terribili strumenti per le lotte future. Così la guerra modifica la tecnica e la tecnica modifica la guerra, e l'una agisce sull'altra reciprocamente in un modo che sorpassa di gran lunga le previsioni degli esperti. Così gli uomini continueranno a studiare accanitamente il modo più raffinato di massacrarsi, non v'è rimedio: la maledizione di Caino ha un peso insollevabile: bisogna accettarla come un dato di fatto e viverla da forti. Quando chiusi il libro, un'ombra passò nella mia mente; pensai come fu vano l'enorme ed intelligentissimo sforzo germanico per aprirsi le vie del mare, per conquistare con l'ingegno e la perseveranza il primato navale. Poiché essi rimasero secondi ed "Alla marina più forte tutto, a quella che viene in seguito nulla". Allo Jutland i tedeschi si batterono da leoni: ebbero un successo tattico, ma perdettero la guerra, poiché essi non furono più in condizione di tentare un'altra sortita sino alla resa. Poveri Dei del Walhalla! In fondo ad una baia inglese a Scapa-flow é morto il "cane di ferro" coi suoi potenti fratelli. "Quando la battaglia è vinta e perduta" sembrano dire le streghe del Macbeth. TRITONE.
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