MARX E DARWIN

    Una delle ragioni dello sfilacciamento e sbandamento delle file socialiste verificatosi nell'ultimo decennio, va ricercato nella mancanza, nei capi, di un sicuro orientamento filosofico. Il fatto che Marx sia pervenuto agli studi economici per un bisogno del proprio, spirito imbevuto della dottrina hegeliana, più per rispondere ai quesiti che la filosofia poneva che per affermare nuove categorie della economia, ha indotto molti ad equivocare su la posizione mentale del filosofo di Treviri. Positivismo e materialismo vennero fusi e confusi nella stessa costruzione dottrinaria. Marx e Darwin collocati su lo stesso altare, determinismo economico ed evoluzione biologica scelti a base di ogni critica storica e a fonte di ogni prassi politica. Se non fosse intervenuto il fascismo, povero socialismo! Questo errore di interpretazione e di condotta, fu possibile per i caratteri sociali che, impensatamente, venne ad assumere la dottrina del Darwin la quale, semplice enunciazione e precisazione scientifica nel campo biologico, di una tendenza già osservata in Linneo, assurse, la politica aiutando, a dignità di dogma per ogni progressista.

    E' certo che L'origine delle specie, apparsa per la prima volta nel 1859, doveva suscitare e suscitò, poi che urtava contro il cocciuto rigido inintelligente tradizionalismo fermo alla interpretazione letterale della Bibbia, una serie di vivaci discussioni. Naturalmente più politiche che scientifiche. La dottrina del trasformismo, così presentata con rigore di esperimentati termini scientifici, venne o esaltata o combattuta, senza essere profondamente penetrata e intesa. Agli entusiasti fautori Canestrini, De Filippi e Lessona, si opposero il Mamiani, il Lambruschi e il Tommaseo. Dalle equilibrate prudenti affermazioni darwiniane, si trassero, dall'una e dall'altra parte, illazioni esagerate ed assurde per sostenere questo o quell'assioma politico, per potenziare questo o quel sistema filosofico.





    Si pensi che lo Stoppani, nel suo libro: Il dogma e le scienze positive si lasciò andare ad affermazioni di questo genere: "Le scienze naturali, corrotte dal sensismo, sono miserabili corruttrici; i loro cultori sono materialisti, miscredenti, atei, che tutta la verità cancellano; le tesi messe in campo dai materialisti sono vampe d'incendi fatalissimi, sono minaccie di sovversione di ogni ordine civile, morale e religioso; delle scienze naturali e fisiche vuol farsi monopolio un laicato miscredente, per condurre, con lusinghe di un mendace progresso, a completa rovina l'umanità". I pigri, i conservatori, i reazionari, dimenticando che le idee darwiniane erano e sono rintracciabili anche in Talete, Anassimandro, Aristotele, Linneo, Giordano Bruno e... padre Agostino Gemelli, negarono la biologia darwiniana in nome della filosofia e per conto della teologia; i progressisti, i liberali, i democratici, i socialisti per contro, esaltarono la legge di evoluzione e di selezione con argomenti di sociologia e di politica. Il fraintendimento. Non si capì che, in fine, Darwin non aveva fatto altro che raccogliere e ordinare una notevolissima somma di osservazioni e di constatazioni, che sintetizzare l'opera dei predecessori, che spiegare Lamark e interpretare l'evoluzionismo con concetti limpidi e deduzioni stringenti. Ma non di più. Il mistero era chiarito, non risolto. Si volle invece il darwinismo a base dell'ideologia progressista. E dalla biologia così si passò alla psicologia. Ernesto Haeckel, dopo avere recato al darwinismo un non disprezzabile aiuto di esperienze e perfezionato la legge di selezione che la scienza oggi accetta, raccolse in sintesi i portati ultimi delle scienze, li collegò in un friabile sistema filosofico e proclamò che il principio della selezione naturale era ed è necessario e, dunque, sufficente a spiegare l'origine e l'evoluzione, non solo delle specie, ma della vita stessa. E così, si illuse, implicitamente aderendo alla affermazione fatta dal Vogt al congresso di Gottinga (1854): l'attività spirituale è emessa dal cervello, come il fegato secerne la bile, di avere dimostrata la serie genetica che dal microbo giungerebbe, attraverso tutti gli animali, all'uomo. I socialisti furono a cavallo. Enrico Ferri, sempre geniale, dopo avere ridotto il materialismo storico al meccanico determinismo economico, dimenticò che il monismo del Marx non era e non è da confondersi con il monos esposto negli Enigmi dell'Universo, identificò addirittura evoluzionismo e marxismo. La fusione di queste due posizioni mentali diverse se non proprio antitetiche, fu celebrata dal Ferri in una serie di conferenze naturalmente "scientifiche" e sostenuta e difesa con quella rivista Socialismo che fu di sollazzo nutriente alla scarnificante ironia di Benedetto Croce. Ferri e i rivoluzionari del suo stampo non s'erano accorti che il marxismo, esaminato in sede filosofica, non era né naturalismo, né materialismo. Il pensiero di Marx risente più di Hegel che di Moleschott. In filosofia, Marx è idealista. Per lui, l'oggetto è un prodotto, della conoscenza del soggetto. Materia e spirito, l'io e il mondo sono uniti in questo principio. Di fatti, pare argomentare il Marx, se l'io e il non io non fossero la stessa cosa, non apparissero come due momenti dialettici della stessa realtà non si intenderebbero mai. Il mondo è la percezione della nostra attività sensoriale, la estrinsecazione dei nostri sentimenti. L'esperienza è l'attività concreta che svolgiamo entrando in diretto rapporto con l'esterno. L'esperienza attraversa e vive un lungo e complicato processo, mediante il quale noi conosciamo il mondo e, conoscendolo, lo foggiamo storicamente. Il mondo reale, dunque, è quello che l'attività soggettiva ci ha fatto conoscere e, conoscendolo, ha creato a sua immagine. La realtà così detta materiale é prima di tutto una realtà di coscienza, il modificarsi, cioè della coscienza psichica di fronte agli aspetti esterni: donde l'enunciazione che la realtà è il concetto che il nostro io si forma nell'oggetto della propria attività sensibile.





    Ma Ferri, lo "scienziato" Ferri non poteva distinguere. Il suo socialismo era fissato nella equazione: determinismo biologico, determinismo economico. Dalla Materia allo spirito, dal pitecantropo all'uomo... socialista.

    Posto, a guisa di indiscutibile verità scientifica, a base di un pesante sistema filosofico, era naturale che il darwinismo - e il socialismo così inteso - seguisse le sorti del sistema stesso. Così quando la filosofia di Haeckel iniziò la parabola discendente, contro il darwinismo e l'evoluzionismo in genere si accanì una decisa reazione proclamante la crisi e la bancarotta dell'idea svolta nell'Origine delle specie e conseguentemente del socialismo che ne era scaturito. Gli "intellettuali" socialisti, colti di sorpresa, non seppero né reagire, né approfittare dell'attacco per meglio sistemare quel nucleo di idee che avevano accettato e non revisionato e non vissuto. I loro strumenti dialettici si frantumarono. Rimasti indietro di almeno vent'anni di coltura, si limitarono o a biascicare formule vuote di contenuto vitale o a starsene zitti. Fu la disintegrazione della classe dirigente socialista. La disintegrazione e il superamento.

    Ma come il marxismo - e lo dimostrammo in altri articoli - confermato dalle ultime esperienze e realisticamente interpretato dalla scuola idealista, é ben lungi dall'essere smentito, così il darwinismo, riportato alla sua essenza e circoscritto alla biologia, é ancora in piena attività di elaborazione. Da decenni, infatti, é nella fase sperimentale.

GUIDO MAZZALI