RISORGIMENTOPISACANECarlo Pisacane rappresenta in certo senso un caso di maturità circoscritto e definito. Mentre era ancora di moda il romanticismo neo-guelfo e l'idealismo tedesco veniva deformato e impicciolito il suo pensiero, sa elevarsi ed acquistare un tono insolito che naturalmente resta impopolare, non suscita consensi né entusiasmi. L'avvicinamento a Mazzini da un canto e dall'altro gli studi prediletti sulle scienze matematiche possono sbozzare la sua personalità e mostrarla a grandi linee. In lui trovate l'idealista e trovate anche il pensatore che concepisce la prassi in funzione dell'elemento trascendente esplicando così un volontarismo eroico e intransigente che solo ora dagli spiriti più sensibili può essere compreso con pienezza. Ma trovate sopratutto l'uomo che la solitudine ha cacciato fuori della vita impedendogli conseguentemente quegli sviluppi della personalità che sono in funzione dell'esperienza. Pisacane oggi, per questo, è attuale come maestro di vita, come simbolo dell'affermazione di nuova coscienza. Mentre come politico e storico rappresenta un fallimento da qualsiasi punto di vista. In lui non vi sono atteggiamenti derivati da influssi stranieri. La virtù dell'autonomia è naturale al suo pensiero che risente solo dell'educazione allo schematismo e alla precisione dovuta alla preparazione matematica. Onde nei suoi scritti si trova sempre una impostazione di problemi entro cornici storiche incomplete ma semplici e salde e una penetrazione psicologica talora acuta che scende fino in fondo e che è effetto della logica interiore chiamata a trovare affinità nel mondo esterno. Per richiamarci a documenti che possano servire come sintesi di tutta una serie di esperienze si osservi il testamento politico scritto poco prima della spedizione di Sapri. In esso egli scrive dapprima: "La rivoluzione deve farla il paese di cui io sono una particella infinitesimale epperò ho anch'io la mia parte da compiere". Con chiarezza si vede in questa frase il pensiero di chi vive la vita come milizia dura e gioiosa ad un tempo e che perciò è estraneo all'anima popolare, all'anima di coloro che scolpì lucidamente dicendo che non fanno nulla e biasimano quelli che fanno. "Tutta la mia ambizione, tutto il mio premio lo trovo nel fondo della mia coscienza". Pisacane è dunque moderno, appartiene all'avvenire, porta nel Risorgimento un tono completamente nuovo e che naturalmente si traduce pure in problemi di stile. "Il popolo non sarà libero quando sarà educato ma sarà educato quando sarà libero". Le diatribe idiote di coloro che impauriti dall'azione la rimandavano con sofistici sotterfugi sono da lui così stroncate con poche frasi rudi, taglienti, precisissime che servono anche a rimettere le quistioni nei loro effettivi termini. Quistioni che non appartengono ad un solo campo in quanto Pisacane è uomo che non tollera quistioni nei loro effettivi termini. Quistioni tra tutti. Ai rivoluzionari del suo tempo, difatti, che smarriti in nebulosi sogni d'un romanticismo di cattiva lega fidavano nella possibilità dei colpi di mano egli oppone con la stessa rudezza la più veemente disillusione: "Le rivoluzioni materiali si fanno allorquando l'idea motrice è divenuta popolare". La necessità del mito qui è riaffermata con limpida evidenza, con la presa di fronte della realtà, con la polemica contro tutti coloro che si ostinavano a credere la politica effetto dell'immaginazione, arte di elaborare piani e soluzioni al di fuori della vita attiva della storia. Le generazioni dei patrioti che traevano i loro atteggiamenti dall'illuminismo e dal sensismo, dall'utopia giobertiana e dalle speranze di Balbo lo hanno, quindi, lontano dall'anima loro. Onde noi volendo stabilire a puro titolo di curiosità storica un antecedente bisogna che ci rifacciamo ai motivi più profondi, alle elaborazioni maggiormente acute dei romantici del '21. Ma ciò, s'intende, sempre in linea affatto ideologica. Perchè era inevitabile che Pisacane cadesse negli errori dei suoi contemporanei. Poichè la sua mentalità matematica e guerriera lo spinge alla ricerca della causa originaria, della molla motrice, egli arriva ad impostazioni esatte dopo le quali, cominciano le deviazioni. Trovato l'inizio Pisacane trasporta il pensiero nel campo dell'astratto, della logica matematica dimodochè i problemi particolari vengono deformati e la sua arte politica è tale solo di nome in quanto egli la concepisce alla stessa guisa della tattica di guerra, ignaro delle risorse e della maturità della diplomazia. I suoi massimi risultati sono quindi quelli che sopra abbiamo prospettato e brevemente commentato. Pisacane storico difatti arriva a visioni complesse, quando la storia gli si presenta sotto forma di guerra perchè qui la tecnica sopravanza la parte ideale. Mentre quando si tratta di storia nel vero senso egli non oltrepassa la sintesi stentata e a grandi linee. La "Storia delle guerre del '48 e del '49" e il "Cenno storico d'Italia" possono essere la riprova di ciò. In quest'ultimo volume egli imposta la quistione marxisticamente. Però la impostazione rimane primordiale, non consente la indagine ed una visione dialettica in quanto il feticismo del fattore economico applicato ad epoche precapitalistiche lo porta alla esclusione di quei fattori basilari che solo, se debitamente considerati, possono dare una esatta concezione del Medioevo. Come ad esempio, quello religioso. La critica così trasportata fuori dal suo naturale campo, rimane sospesa in aria come protesta scaturente dal solo sentimento senza richiami ad altre fonti, giunge ad identificazioni paradossali - il cattolicismo identificato tout court con la religione in genere -, a conclusioni senza fondamento che rivelano quanto scarsa fosse in Pisacane la cognizione della realtà italiana. Per fermare il discorso in un caso concreto vediamo come da lui è sentila la quistione romana. Commentando un libro di Giuseppe Ferrari, il filosofo delle rivoluzioni, il nostro esce in codeste affermazioni: "Egli (il Ferrari) crede che il Papato e i nobili siano gli ostacoli insormontabili che si oppongano alla emancipazione del popolo. Noi crediamo che il Papato e i nobili esistano perchè sostenuti dalle baionette francesi e austriache. Quindi il nemico è lo straniero". La logica metafisica applicata alla realtà sociale ecco che conduce ad un semplicismo assurdo e unilaterale rivelatore in maniera piena e completa di uno stato d'animo che può servire anche alla comprensione dei tempi nei quali questi si maturò e divenne. La solitudine e la squallida uniforme povertà dell'anima italiana impedendo un qualunque svolgersi dialettico tengono magari gli spiriti più elevati nelle posizioni degli asceti e li spingono all'avventura e al fallimento. Impediscono la prassi le cui risorse ed esperienze formano l'uomo di Stato. Pisacane perciò resta guerriero e soldato. E come tale chiamato dall'impulso all'azione arriva a smentirsi poichè egli non credendo ai colpi di mano tenta la spedizione di Sapri. Ma giunti a questo punto, la conoscenza del dramma interiore impone l'assoluzione. Non si può chiedere l'impossibile ad uomini operanti in situazioni che consentono solo la tranquilla sottomissione o la creazione di esuli, di avventurieri e di spostati. CARMELO PUGLIONISI
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