CONTRORIFORMA

     Curzio Suckert fu il primo a voler compendiare la funzione storica del Fascismo nella parola "Antiriforma", intendendo che essa esprimesse tutto l'antico spirito nostrano autoctono e tradizionale, che dal 500 in poi si sarebbe sempre manifestato come spirito di reazione alle eresie ultramontane, derivate dal protestantesimo: spirito profondamente cattolico. Il Fascismo deriverebbe, oggi, da quel moto spirituale, come reazione a tutte le manifestazioni della mentalità liberale e democratica, che sono la espressione genuina della civiltà nordica e moderna: prodotto ultimo della Riforma luterana (1).

    Secondo il Suckert, Lutero, proclamando il principio della libertà di interpretazione della Bibbia, fu l'iniziatore dello spirito critico moderno. Lutero abolendo, coll'introduzione del concetto democratico nell'organizzazione della Chiesa, la gerarchia ecclesiastica, agitò il popolo contro la forma monarchica dell'Impero. Lutero sarebbe, quindi, da considerarsi il profeta della civiltà democratica, nordica, anglosàssone contro quella teocratica, aristocratica e cattolica latina, ed in questo senso, la Riforma assumerebbe il primo aspetto della modernità. Da qui, il contrasto fra le nazioni latine, di mentalità cattolica, e quelle anglosassoni, promotrici della Riforma. Col sorgere della Riforma, le nazioni latine avrebbero seguito un processo evolutivo diverso da quello anglosassone; ripiegandosi su loro stesse esse avrebbero svolto elementi tradizionali del tutto proprii. Questo il significato della Controriforma, che conterrebbe tutti gli elementi dello spirito italiano. Oggi il fascismo attraverso l'opera rivoluzionaria in senso antisocialista, del sindacalismo nazionale, si collegherebbe idealmente alla Controriforma, come moto di reazione alla mentalità liberale e democratica, la cui ultima espressione è il socialismo di origine anglosassone.

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    Anzitutto, è da notare che il Suckert deriva la sua idea dal pensiero nazionalista, legittimista, intimamente cattolico, ravvivatosi in Francia dopo la guerra. Leone Daudet nel suo notisismo libro "Le Stupide Siècle XIX", che esprime egregiamente questa tendenza di restaurazione del pensiero francese odierno, addossa la colpa di tutti i mali della società moderna sulla Riforma, che avrebbe oscurato lo spirito europeo colla negazione del miracolo e colla deificazione dell'istinto bruto, ispirando Rousseau e Kant, i precursori della Rivoluzione. Riforma e Rivoluzione sarebbero, quindi, i fattori del decadimento della civiltà moderna.





    L'ideologia del moderno nazionalismo realista, restauratore, in Francia, è perfettamente conforme allo sviluppo tradizionale del legittimismo, in stretti rapporti col pensiero e coll'azione cattolica, che nella sua manifestazione più rigidamente dogmatica ed intollerante, si è esplicata nella Contro-riforma. Ne fan fede le feroci repressioni che si annoverano nella Storia di Francia contro le sétte riformiste, le guerre di religione che si combatterono accanitamente. In ciò la Francia trova riscontro in Ispagna, mentre ambedue si differenziano dall'Italia, dove nè le sette eretiche attecchirono, nè si ebbero repressioni feroci. La tendenza riformista italiana finì, si può dire, sul rogo che arse Savonarola, il quale si spense, quasi senza rimpianto e non senza, qualche motteggio degli umanisti burloni, e le sentenze dell'Inquisizione contro gli eretici in Italia, o si limitarono a scomuniche ed alla platonica richiesta di ritrattazioni o, quando vollero essere più severe, non poterono eseguirsi per l'ostilità dell'ambiente.

    La religiosità e l'indifferentismo, che gli Italiani del 500 avevano ereditato dall'Umanesimo e dal Rinascimento, li preservò sia dal contagio della Riforma sia dalla persecuzione delle eresie. Le astruse speculazioni religiose non interessavano l'Italiano del Rinascimento, troppo compreso del culto della libertà umana e delle cose della natura. Diversissima era la civiltà nostra da quella delle altre nazioni latine in quei tempi, perché diversissima vi era l'azione dal fattore religioso. Impossibile quindi, voler interpretare, attraverso schemi esotici, il nostro sviluppo storico.

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    Analizziamo il binomio Fascismo-Antiriforma che dovrebbe esprimere la funzione storica del Fascismo. Posta la riforma luterana come prodotto anglosassone in antitesi al Rinascimento italiano, la Controriforma cattolica rappresenterebbe, secondo Suckert, una tipica manifestazione dello spirito nostrano, derivata dagli stessi elementi storici essenziali del Rinascimento italiano, che oggi, si ritroverebbe nel Fascismo.





    Se la Riforma si oppose alla concezione religiosa del Papato del Rinascimento, d'altra parte, il pensiero protestante non fece che elaborare, nel campo religioso, il principio dell'illuminata libertà dello spirito umano, che, fu la più grande conquista dell'Umanesimo. L'individualismo, il criticismo e l'opposizione ad ogni dogmatismo, in cui si vorrebbe rappresentare l'essenza della cosidetta civiltà nordica moderna, nasce non già dalla Riforma, ma dall'umanesimo, e per esso dal Rinascimento, che per primo sottrae l'uomo al giogo di una realtà trascendente, affermandone la dignità e la potenza. L'avere la Riforma applicato al campo religioso il principio della libertà, che il Rinascimento aveva contenuto nel campo umano e della natura, si deve all'indifferentismo religioso degli italiani del tempo, i quali pur professandosi cattolici, delle cose della religione erano noncuranti. Durante il Rinascimento, mentre da un canto lo scetticismo dilagava e le cose della religione suscitavano i frizzi della novella salace e della canzone, anche presso coloro che maggiormente erano portati alla religiosità, il culto del mondo pagano, promosso dalla rievocazione della civiltà classica, attraverso lo studio dei modelli greco-romani, aveva messo in voga un nuovo ideale religioso: un teismo platoneggiante, tendente a conciliare il mondo pagano con quello cristiano. Difatti, nella storia delle lettere che sono tanta parte nelle manifestazioni del nostro pensiero, Dante è quasi un solitario, "più che romano od italiano - scrisse Carducci - lo direste un etrusco... l'essersi vent'anni dopo la Commedia, potuto comporre ed ammirare il Decamerone, prova che l'idea fondamentale, l'anima di quella era sparita, era fugata dalla nazione". Decisamente si può affermare che lo spirito d'italianità è rappresentato assai meglio che da Dante, dal Macchiavelli, dal Guicciardini e dall'Ariosto, che sono gli uomini genuini del Rinascimento. Ed i tratti caratteristici di costoro, non sono nè la religiosità, nè il dogmatismo, nè l'ossequio cieco all'autorità costituita: tratti che distinguono, invece, la Controriforma cattolica. A questa, la civiltà italiana fu estranea; questa fu opera spagnuola: spagnuoli ne furono gli uomini più rappresentativi. Ignazio di Loyola, P. Lainez; di ispirazione spagnuola l'istituto più importante: l'Inquisizione. La Controriforma riveste, del resto, tutti i caratteri della mentalità spagnuola, disarmonica, dualista, incapace di associare gli opposti, donde, come riferisce Unamuno (2), il fanatismo, l'intolleranza. La Controriforma culmina, mentre la dominazione spagnuola raggiunge la sua maggiore astensione e potenza in Europa. Di conseguenza, ci sembra che nella concezione Fascismo-Antiriforma manchi il nesso di naturale derivazione storica fra gli elementi che vi si comprendono. La Controriforma, moto religioso, a fondo romantico, al quale l'elemento italiano fu quasi assente ed assistette indifferente, nulla ha che vedere coll'essenza profondamente classica civile e laica dell'italianità, che trova la sua espressione nella civiltà del Rinascimento, alla quale, a sua volta, non può neanche riallacciarsi il Fascismo, inteso come movimento di pensiero dogmatico, assoluto ed intransigente, partecipe l'idea sindacalista sorelliana della violenza, di origine romantica anch'essa, quindi decisamente contraria alla serenità, alla compostezza, al senso della misura e dell'equilibrio, che sono gli attributi massimi della civiltà classica greco-romana e dal Rinascimento italiano.





    Vladimiro Zaboughin in un suo interessantissimo studio (3), dimostra magistralmente come anche le manifestazioni più schiette dello spirito cristiano italiano furono pregne di elementi derivati dal Rinascimento classico e come l'Italia fosse rimasta indifferente alla Controriforma cattolica. "Neanche Paolo IV, - scrive Zaboughin - l'unico pontefice che si possa chiamare davvero reazionario durante il Cinquecento, riuscì a far diventare un po' piagnona l'Italia, a cospargergli il capo di cenere. Dopo una brevissima quaresima il carnevale riprende. Si entra nell'ambiente di un antico regime patriarcale pacifico, un tantino ipocrita, gaudente forse più del Rinascimento, perchè assai più raffinato nel godere. Ora, invece del modestissimo "palco in piazza" vi sono teatri dai macchinari portentosi e dalla musica squisita; balli e canti carnascialeschi diventano sempre più dispendiosi e sfarzosi... - e conclude - La Riforma cattolica non potè raggiungere mai in Italia, anche nel periodo "tridentino", che risultati piuttosto modesti. La chiesa riformò con assennata e giusta fermezza tutto quello che sottostava alla sua giurisdizione gerarchica... Ma dal laicato italiano fu però ubbidita solo nei punti in cui era materialmente impossibile disubbidire.

CARLO AVARNA DI GUALTIERI