LENIN E TROZCHI

    La Russia ha terminato la sua campagna presidenziale, senza l'apparato delle assemblee dei partiti, dei discorsi radiofonici, degli scrutinii. Uno dei candidati era morto: l'altro s'è limitato a scrivere un libro. Quello ch'era morto ha vinto. Di conseguenza egli, il morto, ha da governare la Russia durante un'altra Olimpiade o anche di più, mentre l'autore del volume scompare dalla scena politica.

    Nella terza settimana del 1924 Lenin lasciò questa terra; nella terz'ultima settimana dello stess'anno Trozchi ha lasciato i supremi concili dei Bolscevichi. E così il gran duumvirato che ha stupefatto il mondo non è più. Ma Lenin, sebbene morto, vive, e Trozchi, sebbene vivo è morto, o almeno temporaneamente esiliato a svernare nel soleggiato clima del Caucaso.

    I fatti non sono complicati. Trozchi aveva pubblicato un lavoro riguardante gli ultimi mesi precedenti la sollevazione bolscevica, dal titolo: "1917". Immediatamente egli e il suo libro furono attaccati dà Kamenev, Stalin, Zinoviev, Bukharin, Sokolnikov, e da ogni comparsa del partito Comunista Trasmesso un ordine adeguato, i voti di biasimo per Trozchi e per il trozchismo si accumularono, provenienti da ogni cantone della Russia, e dai partiti comunisti d'Inghilterra, di Germania e degli Stati Uniti. Zinoviev proclamò Trozchi fuori del bolscevismo, e gli organismi del partito, per tutta la Russia, rinnegarono Trozchi come loro capo; il trozchismo, dissero, era incompatibile col leninismo. Trozchi non si mise nemmeno a rispondeRe, sia che capisse di non potersi far sentire, sia che ne fosse impedito dalla malattia. Che, assai opportunamente, la temperatura del Commissario della guerra si stava elevando e non riusciva agli sforzi dei medici di ridurla normale. Tale fu la fine dell'episodio, in data 10 dicembre 1924.

    Il leninismo non è il marxismo, ma l'adattamento del marxismo o del socialismo ai tempi moderni e alle particolari condizioni d'un paese addietrato e preponderantemente agricolo; è il marxismo come vien riflesso dalla RussIa; è una prova che il socialismo assumerebbe forme diverse nei diversi paesi. E' il miglior servizio che Lenin abbia reso alla rivoluzione, che non fosse stata la sua pieghevolezza e la sua abilità a adattare gli stabiliti precetti dogmatici sulle contradittorie vicende dei fatti, o addirittura a liberarsi dalle teorie, i comunisti oggi non governerebbero la Russia. Una mente meno flessibile di quella di Lenin, una mente intransigente come quella di Trozchi, avrebbe condotto il bolscevismo a un disastro. Sopra tutto, Lenin sapeva come si convincono i contadini.





    Un gigantesco conflitto sta sconvolgendo la Russia da quando il governo dei Sovieti s'è istituito: il conflitto fra gl'interessi dei lavoratori della terra, classe di cento milioni d'anime, e gl'interessi e gl'ideali d'un debole proletariato cittadino. La storia della Russia dei Sovieti è contesta da una serie di concessioni, che la popolazione agricola ha strappato ai recalcitranti bolscevichi piuttosto con la sua pesante passività che con armi politiche. La prima concessione è l'abbandono della terra nazionalizzata ai piccoli proprietari privati - ma qui il governo russo non ha fatto che dar figura legale a un possesso non mai interrotto -; la più grande, quella che si può considerare come un'abilissima ritirata strategica di Lenin, è stata la nuova Politica Economica (NEP) del 1921, che ha permesso la compravendita dei prodotti naturali e dei manufatti direttamente fra i contadini e i negozianti privati. Da allora il compito dei bolscevichi è stato quello di guidare la nave dello Stato tra la Scilla proletaria e il Cariddi contadino, questo presentando i pericoli maggiori. Sicché, l'intero programma industriale del Governo non si fonda, come si dovrebbe supporre, sugli operai, ma su contadini; il problema non sta tanto nel riuscire a pagar meglio gli operai, quanto nel produrre a costi minori i manufatti per i contadini. Nei procedimenti economici, nella politica interna, come anche in quella estera, il criterio del governo è dato dalla psicologia del "mugik".Per esempio, a Mosca si rifiuta di pagare i debiti del governo dello Zar se non in seguito a un prestito estero che ne copra l'intera somma soltanto perché il cittadino non si sottometterebbe ad una più forte tassazione. L'abbandono della campagna antireligiosa è un'altra manifestazione di rispetto bolscevico alla sensibilità dei contadini.





    La classe operaia in Russia è socialista in quanto è parte d'un sistema di socialismo di Stato; la classe dei contadini è piccolo-borghese in quanto opera su fondamenti capitalistici. Possono, così, queste due classi seguitare a vivere, una accanto all'altra, in pace, per un gran pezzo? I leninisti rispondono con entusiasmo: "di certo"; i trozchisti dicono: "ci vuole la rivoluzione permanente" è il punto cruciale della situazione e ha contribuito più di qualunque altro fattore alla disfatta di Trozchi. I leninisti credono che gl'interessi dei contadini e quelli degli operai non sono incompatibili, e affermano d'aver già formato quello che Bukharin chiama "blocco operaio-contadino". I trorzchisti non di meno insistono a dire che il conflitto coi contadini è inevitabile; "anzi che, se non scoppia la rivoluzione mondiale, e se i comunisti non son pronti a difendersi dall'invadenza dei contadini. il governo proletario soccomberà sotto i colpi delle masse rurali.

    Per allontanare questa minaccia i partigiani di Trozchi meditano, in teoria, la guerra al sistema capitalistico e piccolo-borghese della coltivazione diretta. L'agricoltura ha da essere, secondo loro, resa proletaria e statalizzata, sistemandola su la base degli "artel" e del comune rurale. Ma, in pratica, vogliono che per ora la campagna sia sfruttata a beneficio della città, e i lavoratori dei campi diventino servi di quelli delle industrie. Questa sarebbe la permanente rivoluzione. La rivoluzione non termina quando il partito sale al potere: ha termine quando il governo proletario avrà proletarizzato la popolazione non proletaria, e cioè i contadini. L'agricoltura esiste per l'industria, e che l'agricoltura debba esser resa industriale è teoria di buono stampo marxista. In queste sue manifestazioni, Trozchi è un marxista ortodosso, Lenin invece era un bolscevico, in altre parole un marxista russificato.

    Ma su questo punto, come su tutti gli altri punti controversi, la differenza tra i partigiani di Lenin e quelli di Trozchi é differenza solo occasionale. Il benevolo atteggiamento dei leninisti verso i contadini è, oltre che ragionevole, necessario. Il potete dei Sovieti non potrebbe concedere meno al "mugik" o esigere di più da lui: poiché tutto l'organismo governativo e tutto il sistema industriale è un peso che grava sulle sue spalle. Tocca a lui di pagare le spese mentre lo Stato e il proletariato imparano a lavorare e a camminare; a chiedergli di piú, ci sarebbe da mettere in pericolo la stabilità del regime. Né in vero credo che la politica dei trozchisti, quando fossero al potere, potrebb'essere diversa! Non si tratta dunque veramente d'una questione politica del 1925, ma di un programma per il 1950.





    Di fatto poi, oggi i leninisti sono stanchi dei contadini quanto i trozchisti. Bukharin ammette che non c'è un governo degli operai e dei contadini, ma un governo degli operai soli. E Zinoviev, il quale si sforza di sopravanzare lo stesso Lenin nell'applicare i principi leninisti, non è secondo a nessuno nel tenere il partito fino all'estremo possibile nelle mani dei proletari cittadini, per contrapporre così l'egemonia politica degli operai contro alla preponderanza economica dei contadini. Ma questi dal canto loro si stanno visibilmente risvegliando da quel sonno che cominciò con il servaggio e fu aiutato dallo zarismo. Da poco tempo in qua i capi si sono accorti che bisognerà accordare maggiori privilegi politici alle classi agricole, probabilmente coll'investire i sovieti rurali di maggiori poteri. Il risuscitare dei sovieti, che sono gruppi democratici privi di autorità, é una prospettiva pericolosa, e il semplice fatto che le classi rurali comincino a lottare per conseguire qualche influenza politica in aggiunta alla loro forza economica, è di cattivo augurio per il comunismo. I contadini mancano per ora di organizzazione, di capi, e di programma; quando li avessero, sarebbero in grado essi, i piccoli capitalisti, di togliere il potere a qualunque altro elemento della società russa. La "rivoluzione permanente" prevede, e cerca d'impedire, quest'evento. E, sebbene Trozchi è stato violentemente attaccato per il patrocinio di queste idee, esse non sono essenzialmente inaccettabili o estranee per la mente dei leninisti, per quanto questi le vorrebbero attuare con molta moderazione. E difatti le stanno attuando anche oggi, ma a un grado molto annacquato, poiché non hanno furia.

    Il fattore "tempo" ha molta importanza in questa controversia fra Lenin a Trozchi. Lenin era un Russo, un Asiatico; Trozchi, per coltura e per temperamento, è un occidentale; quindi è impaziente. Quando i leninisti magnificano, con ragione, la ripresa industriale, Trozchi si lagna della lentezza dei progressi economici. Nelle sue critiche accampa la necessità di nuovi impianti, di una maggior cooperazione con tecnici borghesi, d'una minor inframmettenza nei problemi di produzione di comunisti ignoranti. I leninisti scuotono le spalle, e non riescono a capire il perché di tutte queste proposte, alcune fatte in tono così spiacevole, quando si ottengono tanto buoni risultati.





    Trozchi è rivoluzionario per temperamento, ma d'inclinazione è democratico, almeno fino a quel punto in cui la democrazia può stare senza le forme parlamentari. Nell'assemblea dell' anno scorso insisté su i metodi democratici all'interno del partito: e ora, pare, vorrebbe trasformare il partito comunista dal suo ordine chiuso e altamente disciplinato in una specie di organismo largo e accogliente, simile al "Labour Party" inglese. I leninisti vogliono un partito monolitico, assolutista, e non tollerano le interne differenze d'opinioni.

    La lite fra leninismo a trozchismo, che forse non è se non un'altra fase del vecchio urto, entro la vita russa, fra gli elementi slavi a quelli occidentali, è d'origine remota. Lenin e Trozchi spesso si sono attaccati a fondo e rabbiosamente nei giorni dell'emigrazione. Anni sono Trozchi scrisse: "I leninisti sono un pugno di intellettuali che, sotto la guida di un uomo senza scrupoli, Lenin, tengono nelle loro mani il movimento proletario russo con mezzi nefandi"; dal canto suo nel 1911 Lenin dichiarava: "è impossibile discutere con Trozchi di argomenti essenziali, poiché egli é privo di idee" e in altre occasioni disse di lui ch'era un vuoto parolaio. Quante diatribe piccine furon dimenticate durante i cinque anni che Lenin e Trozchi, in stretta cooperazione, governarono la Russia; però è un grand'aiuto per gli oppositori di Trozchi che possano riferirsi a una precisa condanna pronunciata da Lenin. Le parole di Lenin fanno una parte importante in questa controversia. Trozchi le cita per appoggiare il proprio pensiero nel confronto de' suoi oppositori e questi saccheggiano Lenin allo stesso scopo. Kamenev e Zinoviev affibbiano a Trozchi il titolo di menscevico; questo medesimo titolo Trozchi affibbia a loro. Egli li accusa d'aver sottovalutato l'importanza delle masse; ed essi muovono la stessa accusa a lui. La Krupskaya, la vedova di Lenin, mise le cose a posto quando osservò: "Non riesco a rendermi conto se il compagno Trozchi è colpevole di tutti i peccati mortali di cui lo accusano; e a muovere queste accuse si corrono serii rischi polemici. Ma il compagno Trozchi non ha dal canto suo diritto di lamentarsi; non è nato ieri, e deve sapere che un articolo scritto sul tono delle sue "Lezioni d'Ottobre" suscita per forza una polemica di tono simile".





    La lotta fra Lenin e Trozchi ha un suo contrapposto nella lotta che Trozchi ha durato con se stesso. Nel 1903 egli era menscevico, nel 1904 abbandonò i menscevichi per tornarci l'anno dopo. Nel 1906 se ne staccava al principio dell'anno, e li seguiva di nuovo sulla fine. Da allora in poi, a fino al 1917 quando s'uní ai comunisti, egli segnava il giusto mezzo tra menscevichi e bolscevichi, ma questa è la sua caratteristica, si trovava sempre al posto buono quando sopravveniva una crisi. Fu uno dei capi dell'abortita eppure notevole rivoluzione del 1905 e ebbe il timone di quella del 1917; non si può dire lo stesso di Zinoviev e di Kamenev. Essi fanno un gran chiasso intorno alla poco chiara condotta di Trozchi e si dimenticano che se mai fu più che riabilitato dalla sua opera del momento culminante, quando essi, che s'eran messi alle calcagna di Lenin per quindici anni avanti, mancarono completamente di decisione. Questo "sbaglio" di Zinoviev a di Kamenev sta al centro della controversia.

    La prefazione del recente volume di Trozchi di cui si è già detto, intitolato "Lezioni d'ottobre". (1), vuol indicare la lezione che i comunisti stranieri hanno da imparare dalla rivoluzione Russa. Di fatto si presenta come un atto d'accusa contro Kamenev, Zinoviev e degli altri compagni di destra che, durante il decisivo semestre che precedé il colpo fortunato, s'opponevano insistentemente a Lenin e tentavano di dissuadere i bolscevichi dall'impadronirsi dei poteri. Trozchi assai fondatamente afferma (e qui lo sorregge il parere di Lenin) che la rivoluzione non sarebbe avvenuta se si fosse seguito il consiglio di Kamenev e degli altri. E, naturalmente, dal punto di vista comunistico non si può dare crimine peggiore. Kamenev, Zinoviev, Rikof, Noghin, Miliutin arrivarono al punto di dare le dimissioni dal Comitato Centrale dopo che il governo dei Sovieti era già instaurato, e insisterono su una coalizione coi menscevichi e coi socialisti rivoluzionari, tradimento questo ben più grave che non fosse la saltuaria appartenenza di Trozchi ai menscevichi durante il periodo polemico dell'emigrazione. Lenin scagliò su loro i suoi fulmini. Scriveva nella Pravda: "I compagni che ci hanno abbandonato hanno agito come dei disertori... Ricordatevi, compagni, che due di questi disertori, Kamenev a Zinoviev, anche prima del sollevamento di Pietrogrado apparvero come disertori e crumiri, votando nell'assemblea decisiva del Comitato Centrale, il 23 Ottobre del 1917, contro l'insurrezione. Cada la vergogna su quelli che si lasciano spaventare dalla borghesia... Noi non ci sottometteremo agli ultimati di piccoli gruppi d'intelletuali che di fatto s'appoggiano soltanto sui koruilovisti, sui savinkovisti, e sui "junkers ".





    Trozchi, in quell'ora, lavorava a tutt'uomo con Lenin.

    Trozchi s'è magnanimamente astenuto dal riportare queste e altre simili parole di Lenin contro i suoi oppositori, ma essi non si son fermati di fronte a nulla nello sforzo di compromettere Trozchi agli occhi del partito. Se si fossero attenuti a segnare le differenze teoriche tra il leninismo e il trozchismo non sarebbero riusciti a commuovere il pubblico, che non le capisce o le trascura.

    Forse, in fondo a tanta confusione, sta il capriccioso, stravagante individualismo di Trozchi. Al triumvirato è parso duro lavorare con lui, poiché non gli si volea sottomettere. Trozchi è capace di far nascere una tempesta in un'assemblea e poi di andarsene via tutto adirato soltanto per il gusto di mandar ogni cosa a rotoli; non accetta prontamente la disciplina del partito, come dovrebbe fare ogni comunista. Si aggiunga l'incubo che gravava sul triumvirato non molto autorevole a cagione dell'abilità, della popolarità e del magnetismo personale dì Trozchi e si capirà perché mai i leninisti si adoprano a rompere la resistenza di quest'uomo. La vogliono rompere, perché poi egli possa servire la rivoluzione di nuovo.

LOUIS FISCHER

[Il Ficher è il corrispondente della "Nation" americana a Mosca. L'articolo è datato: Mosca, Decembre 1924, a fu pubblicato nel numero 3107 della "Nation", 21 Gennaio 1925].