NITTI MERIDIONALISTANon si può pensare alla "quistione meridionale", senza ricordare con gratitudine segnatamente tre nomi: Giustino Fortunato, Francesco Saverio Nitti, Napoleone Colajanni. Napoleone Colajanni morto sulla breccia, non poco amareggiato, Giustino Fortunato oramai appartatosi, Francesco Nitti esule... Pare proprio il caso di dire... "simili a sè la terra gli abitator produce". - Destino avverso, quaggiù, alla terra ed agli uomini! Dedicandogli uno dei numerosi suoi libri sulla quistione meridionale, Francesco Nitti scriveva a Giustino Fortunato: "Io non posso, mio caro amico dedicare questo libro se non a voi; leggendolo, vi troverete una parte di voi stesso, sentirete che è in esso quello sforzo di verità che voi amate. In un tempo in cui la illusione fioriva voi siete stato l'uomo della realtà; ognuno di noi vi deve qualche cosa... Sono parecchi anni che la questione meridionale è l'oggetto di tutte le nostre ricerche e uno stesso spirito di redenzione della nostra terra ci anima: per diverse vie tendiamo alla stessa meta. Non senza tristezza tendiamo: perché, fra la nostra gente sopratutto, il linguaggio delle cose offende e il pregiudizio non è solo un errore, è una tradizione... Molte volte la mia voce fu ingrata: e l'aver cercato premurosamente, quasi tormentosamente la verità, l'averla detta sempre non fu senza dolore. - Che importa? - Quando io penso a tutte le cose buone che si possono fare, a tutto il male che si è fatto; quando vedo ciò che siamo e ciò che possiamo diventare, niuno sforzo mi pare eccessivo, niuna pena grande. Durerà forse a lungo questo regno dei mediocri? Saremo forse sempre gli schiavi degli stessi errori? - Oggi come ieri è tristezza, ma nell'aria sono i segni della riscossa e il malcontento, precursore della rinnovazione, comincia a conquistare gli animi... Se l'atmosfera è ancora fosca, questi rossi bagliori non sono un tramonto di sangue, ma un'alba di rinnovazione. - E noi vedremo il mattino, poi che l'abbiamo atteso con animo fidente". E uno dei meriti maggiori di Francesco Nitti nei riguardi della quistione meridionale è questo appunto: che essa non è stata per lui oggetto soltanto di studio, ma benanche di sincera passione e di fede sicura; per cui se molti potranno atteggiarsi a interpetri, a paladini, a benefattori di questa Terra, pochi, pochissimi, specie se quivi son nati e vissuti dolorosamente, potranno sentirne la vera, acre, tormentosa passione. Alla quistione meridionale in vero Nitti tra dedicata tutta la sua anima, tutte le sue energie, perchè l'ha considerata sempre come il più grande problema italiano, al pari di Cavour, che diceva: "Constituer l'Italie, fondre ensemble, les éléments divers dont elle se compose, mettre en harmonie le Nord et le Midi, offre autant de difficulté qu'une guerre avec l'Autriche et la lutte avec Rome". La libertà e l'avvenire d'Italia sono, secondo il Nitti, nella soluzione dei problema meridionale. Fra le tante teorie formulate per spiegare la inferiorità del Mezzogiorno, parecchi scrittori, con la loro teorica etnico-antropologica avevano creduto di pronunziare nei nostri riguardi una mortificante sentenza: in Italia vi sarebbero due razze diverse e gli abitanti del Mezzogiorno apparterrebbero alla razza inferiore, a quella mediterranea, la quale porterebbe in sè i germi della propria decadenza. Sarebbe vano quindi per noi meridionali lottare contro una triste invincibile fatalità! Ebbene il Colajanni prima e più particolarmente poscia il Nitti combatterono acutamente questa pseudo-teoria. "Niente è più dannoso, scriveva il Nitti, che, in nome di una falsa scienza, stabilire cause d'inferiorità che non esistono. Le attuali differenze fra il Nord e il Sud non hanno alcun carattere di necessità e di fatalità; esse sono l'effetto di parecchie cause, fra cui principali il regime finanziario e il regime doganale, che sono stati di grande vantaggio per il Nord e di grave danno per il Sud. - L'unità ha fatalmente tolte al Sud le sue maggiori risorse. Ma pure, in proporzioni di gran lunga minori di fronte al Nord, l'Unità - soggiunge lealmente il Nitti - ha, senza dubbio, assai giovato all'Italia meridionale, giacché le sue provincie, prima impenetrabili, si sono aperte al soffio di una vita nuova e più umana; vi è, infatti, un maggior numero di strade; la coltura media e la coscienza generale si sono più elevate; il popolo sopratutto è più libero". Lo sviluppo del Settentrione - continua il Nitti - è dovuto a cause storiche e alla sua posizione geografica. Per circa mezzo secolo è stato un drenaggio continuo, un trasporto di ricchezza dal Sud al Nord. Tale ricchezza ha permesso la formazione di grandi capitali che han reso possibile la educazione e la trasformazione industriale del Settentrione. La posizione geografica di quest'ultimo, l'essere cioè situato ai confini dei paesi più ricchi e colti di Europa, ha inoltre avuto la sua enorme e benefica influenza. Tutti questi elementi, uniti insieme, hanno determinato lo sviluppo della grande industria che, fino al 1860, mancava al Nord. - Nel 1887 è venuta la politica doganale e il Mezzogiorno, da colonia di contribuzione si è trasformato in colonia di consumo in favore dei produttori settentrionali. Al Sud non rimaneva che un solo privilegio: quello di pagare le maggiori imposte. Il governo prende le imposte e impone la corruzione politica. Si - perché tutta la penosa condizione del Mezzogiorno è dovuta non solo alla configurazione topografica, alla politica economica e doganale, ma anche e specialmente alla politica interna. Cavour aveva intuito che la rigenerazione del Mezzogiorno dipendeva in gran parte dalla forza e dalla onestà del Governo; ed invece, sopratutto dopo il 1876, l'Italia meridionale è stata considerata come un "feudo politico", come il paese destinato a formare le maggioranze ministeriali. I Prefetti quasi non hanno avuta altra funzione che di fare le elezioni; intere regioni sono state abbandonate a clientele infami; in molti paesi il Governo non è apparso che sotto le forme della violenza e della prepotenza; spesso solo il carabiniere e l'agente delle imposte hanno rappresentato lo Stato. Inoltre, la rappresentanza politica del Mezzogiorno, fatte poche eccezioni, è stata per lo più formata di persone che han fatto servire il medaglino a procurare affari, a rendere piccoli favori e a corrompere la giustizia. Può il Mezzogiorno risorgere? - La depressione del Sud - risponde il Nitti - non deriva da alcuna necessità, ma da condizioni che possono e devono mutare; gradualmente, però, lentamente, anzi penosamente. La salvezza è negli stessi meridionali, nel loro spirito di opposizione, nella insofferenza dell'abuso, nel più grande spirito di solidarietà; la quistione del Mezzogiorno non é solamente una quistione economica, ma è anche una quistione di educazione e di morale. Degne altresì di particolare menzione sono le sue pagine e suoi pensieri sulla nostra emigrazione, di cui, pur mettendo in luce i meravigliosi risultati, non tace gl'inconvenienti; è il fior fiore della nostra gente quello che emigra; quello fra i 20 e i 45 anni; è quindi come un fiume di gioventù e di forza che l'Italia riversa all'estero, "Noi speriamo - egli disse quindi alla Camera, subito dopo la guerra, nel famoso discorso del 26 novembre 1918 - di conservare all'Italia, con un vasto programma di lavoro e di opere, la più gran parte dei lavoratori; ma vogliamo che sia ben chiaro per i nostri amici di Europa e fuori di Europa, che noi consideriamo ogni emigrante d'Italia come una forza perduta pel nostro paese e come una ricchezza acquistata dagli altri. E però noi pensiamo che all'antica emigrazione povera sia necessario sostituire una emigrazione di qualità; noi desideriamo che il tipo di lavoratori in cerca di modesti salari e spesso in concorrenza con gli operai dei paesi più ricchi, debba sparire. Ma sopratutto Nitti vuole che il nostro paese si trasformi da esportatore di uomini, in esportatore di merci; che esso diventi, cioè, un grande paese industriale. E non di lieve momento, nei riguardi della questione meridionale, fu la attivissima partecipazione di Francesco Nitti alla Inchiesta Parlamentare del 1907 sulle condizioni dei contadini nelle provincie meridionali e nella Sicilia; alla quale il sottoscritto collaborò quale Delegato tecnico. Nitti fu il Relatore per la Basilicata e la Calabria e i due volumi che egli scrisse formano una vera miniera di acute osservazioni e di saggie proposte, che non solo ogni meridionale, ma ogni italiano dovrebbe leggere e ponderare, per convincersi quanto la quistione meridionale sia quistione pienamente italiana. Per l'Italia meridionale - egli scrisse e ripetè nei suoi discorsi parlamentari - e sopratutto per la Calabria e per la Basilicata, il problema più importante è di aumentare la produzione. Ricostruire il territorio: questo è il punto essenziale. Una politica di acque e di boschi sovrasta come utilità ogni altra forma di attività; combattere la malaria è problema vitale. Il rimboschimento deve costituire la base di qualsiasi rinnovamento economico, giacchè è opera folle far precedere le opere di bonifiche che i torrenti e la malaria si curano di travolgere o di inutilizzare. Il Nitti suggerisce quindi la formazione di un vasto demanio forestale, ritenendo che in simile materia sia del tutto insufficiente l'iniziativa privata. Di questo demanio boschivo nazionale, per rompere il ricomposto latifondo, dovrebbero far parte, dopo la relativa ricostituzione, anche i demani comunali. Si potrebbero rimboscare circa 800.000 ettari e i capitali occorrenti non potrebbero trovare un migliore e più sicuro investimento. E ciò senza tener conto che il rimboschimento della Basilicata potrebbe anche avere la sua influenza sulla fertilità e sulla distribuzione delle acque della troppo densa Campania e della troppo arida Puglia. E suggerisce ancora la formazione di un grande demanio delle acque. La Calabria, per le sue immense energie idrauliche, potrebbe diventare una grande regione industriale. Nelle due regioni esistono molti luoghi adatti per la costituzione di grandi laghi artificiali. La Sila, da sola, potrebbe dare il più grande impianto idroelettrico di Europa. In queste regioni, dice il Nitti, piuttosto che introdurre lavoratori esotici, bisogna introdurre il capitalista e l'acre piacere delle lotte economiche: lo spirito capitalistico è sempre nelle società moderne la sola scala per cui si sale alla ricchezza. In uno dei suoi ultimi discorsi Egli disse: "Il Mezzogiorno ha avuto tutti i dolori della guerra e niuno dei benefizi che si sono largamente diffusi nelle zone industriali. Le popolazioni meridionali hanno tutto dato e nulla avuto, e non è possibile che non venga anche per esse un giorno di giustizia e di luce". GIOVANNI CARANO DONVITO
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