Nella Città dolenteSenza voler menomare e neppure menomamente discutere "la più fascistica delle riforme", ci sia permesso, solo per un bisogno spirituale, di esporre come noi, oramai passatisti, comprendevamo la riforma della scuola media. Si sarebbe trattato secondo noi, modestissimi, di una riforma di una semplicità addirittura... meravigliosa. Le scuole, come ordinamento, diciamo la verità, erano tutt'altro che quelle che si è voluto, o per ignoranza o per malafede, dipingere; dico in particolare delle scuole medie. I difetti, le manchevolezze, se mai, non erano nel loro ordinamento: sarebbero bastati dei ritocchi, di cui qui esponiamo i principali. Il ginnasio classico, anzi il classico, l'antico glorioso ginnasio sarebbe dovuto diventare la scuola media inferiore "unica", di quattro anni, anziché di cinque. Alla fine del quarto anno si sarebbe conseguita la licenza ginnasiale, ossia la licenza della scuola media inferiore unica. Con tale licenza si sarebbe avuto l'accesso in tutte le scuole medie di secondo grado, e cioè: al liceo classico di quattro anni (passando la V ginnasio attuale a I liceale); al liceo scientifico; alla Ragioneria, al Commercio, all'Agrimensura, alla Elettrotecnica, ecc. Le attuali scuole medie di commercio si sarebbero potute abolire, istituendole accanto all'attuale sezione di Ragioneria, che è anche di "Ragioneria e Commercio". Si sarebbe dato così alla scuola media di grado superiore molto dell'attuale ordinamento universitario: un solo Istituto con tutte le diverse sessioni (così come le diverse Facoltà universitarie), un solo ufficio di segreteria, un solo Preside con tanti Vice-Presidi quante le sezioni; un solo corpo di bidelli; unificati e migliorati i gabinetti, le biblioteche, ecc. Le antiche scuole tecniche abolite, o, per dir meglio, trasformate, con relativa facilità e con relativo dispendio, in ginnasi (di quattro anni), ossia in scuole medie di grado inferiore. Si sarebbe avuto così, oltre il vantaggio della vera scuola unica inferiore, l'altro vantaggio del più gran numero di esse a disposizione di ogni più modesto Comune e della più povera gente. Aggiungiamo che la licenza del grado inferiore, ossia del ginnasio quadriennale, si sarebbe dichiarata "titolo" non solo per l'ammissione a qualunque scuola o sezione del grado superiore, ma altresì quale titolo per determinati pubblici impieghi (poste, telegrafi, ferrovie, esercito, ecc. ecc.). E' inutile fare della... filosofia, e chiudere gli occhi alla realtà: sono pochi, pochissimi quelli che studiano per formarsi un passaporto per salire nelle nuvole, come quel mattacchione del Signore di Bergerac, o per assurgere alla contemplazione della "idea pura". D'altronde, molti padri di famiglia mandano i loro figli a scuola con la speranza di spingerli il più avanti possibile; se vengano loro meno le forze, che possano almeno i loro figli utilizzare i quattro anni di studi inferiori, quando non riesca loro facile, per tante e tante ragioni, di tornare indietro a scegliersi ed imparare un mestiere manuale. A sua volta la licenza del grado superiore, di qualunque sezione, essendo stata preceduta dalla licenza ginnasiale, con la relativa sufficiente conoscenza del latino e di un tantino anche di greco, darebbe adito a qualsiasi Facoltà universitaria, così come ora la licenza liceale. Chi saprebbe indicarmi la ragione per la quale un licenziato dal liceo possa essere ammesso perfino ad una Scuola superiore di Commercio e di Agricoltura e un licenziato in Ragioneria non possa essere ammesso alla Facoltà di Giurisprudenza, pure avendo tante nozioni di Scienze giuridiche ed economiche? Quando nei quattro anni di ginnasio si studiasse il latino, così come... si studiava una volta..., se ne saprebbe già a sufficienza per le necessità, del resto assai limitate, degli studi universitari. La Scuola normale si sarebbe potuta abolire: ogni diplomato della Scuola media superiore potrebbe benissimo fare l'insegnante elementare, con l'aggiunta della Pedagogia e di qualche anno di tirocinio. E, dopo questo, non sarebbe occorso altro in linea principale. Problema capitale sarebbe stato invece e sarebbe la diminuzione coraggiosa dei lunghi orari scolastici, connessa, naturalmente, con lo sfrondamento dei programmi. La scuola anche media, segnatamente quella di secondo grado, dovrebbe avere come compito fondamentale quello d'insegnare il metodo, di segnare l'indirizzo. Non si dovrebbero avere più di cinque giorni di scuola alla settimana; il giovedì destinato completamente alla educazione fisica e militare. In ognuno dei giorni di scuola non più di quattro ore di lezioni, divise in due periodi di due ore ciascuno, con un intervallo di qualche mezz'ora. Alle ore 13 tutti a casa! - pranzo, passeggio e ore di studio a casa o presso Istituti privati (questa sarebbe la vera utilità e importanza dell'insegnamento privato, aiutare, integrare l'insegnamento pubblico). Con le attuali cinque e sei ore di scuola, che, volta e gira, tengono occupati o preoccupati gli alunni dalle 8 1/2 fin verso le 16 a che si riduce lo studio camerale, specie per quei giovani, e sono moltissimi, che vanno avanti e indietro, con ferrovie tramvie, quotidianamente, in tutte le ragioni l'Italia, dal piccolo Comune alle Scuole del Capoluogo? Mi è ognora vivo nella mente uno scritto come sempre magistrale del Prof. Einaudi contro gli orari lunghi. Eppure quando il Prof. Einaudi scriveva contro gli orari lunghi, egli non immaginava neppure l'assurdo orario cui oggi si è giunti per via della più fascistica delle riforme proprio nell'insegnamento delle sue Scienze economiche. Oggi - incredibile ma vero - un Insegnante di Scienze economiche deve fare fino a venti ore di lezioni alla settimana (mentre per colmo di... giustizia un Insegnante di Scienze giuridiche, nella stessa scuola e a parità di compenso, ne fa dodici soltanto - incredibile, ma... vero!). - Che direbbe ora in proposito speciale il Senatore Einaudi? - Un altro Senatore, che fu come l'Einaudi insegnante di Scienze economiche nei R. Istituti tecnici, dichiarava: "venti ore d'insegnamento nelle discipline economiche, quando vi si attenda con la dovuta coscienza, rappresentano una fatica improba e logorante; non si esce dal dilemma: o ci si rimette la salute o ci rimette la scuola!". E che dire dei poveri Insegnanti di Matematica e di Fisica, costretti, con due materie diverse, a ventidue ore settimanali, mentre vi sono Insegnanti di Disegno perfino con sei ore soltanto alla settimana? E insegnanti di Francese nei RR. Istituti tecnici inferiori con 24 ore di obbligo alla settimana, quando i loro Colleghi del ginnasio ne hanno quindici soltanto? E gli Insegnanti di materie letterarie (italiano e storia) dell'Istituito tecnico superiore, che hanno venti ore alla settimana, mentre i loro colleghi dell'Istituto inferiore ne hanno fino a tredici semplicemente? Ebbene chi non sa che le ultime ore pomeridiane di scuola sono, peggio che una perdita di tempo, un disastro addirittura per lo stomaco e pel cervello, per il corpo e per lo spirito? O si rimane digiuni fino a quelle ore, sia da parte degli alunni che da parte degl'insegnanti, e si soffre d'inedia, o si mette qualche piccola cosa nello stomaco e... stabis aut leniter ambulabis... E dire che si predica tanto altresì per la igiene del corpo, per la ginnastica, e si chiacchiera tanto altresì per la igiene dello spirito, mentre poi con gli orari lunghi, barbarici, si demolisce tutto e... peggio! Quando i nostri posteri leggeranno i vigenti ordinamenti scolastici, non potranno fare a meno di dichiararci... pazzi. Un Insegnante di condizioni normali, che non sia uno sterratore o un facchino di porto, non può fare più (massimo) di 3 ore al giorno, e per cinque giorni della settimana (oltre le ore per correzioni di compiti, preparazione di temi e di esercizi, ecc.); eccezion fatta, s'intende, degl'insegnanti di materie grafiche, di lavori donneschi, ecc., nei quali né la testa, né i poveri polmoni sono sottoposti a così dura prova, con tutto il resto dell'organismo. Si fissi perciò un orario d'obbligo pari per tutti, col relativo stipendio "base"; quegl'Insegnanti i quali vogliano, o, meglio, abbiano bisogno di guadagnare di più, siano pur favoriti, si facciano fare loro fino a 20 ore (abbiamo già detto che dovrebbe essere questo l'orario massimo scolastico, cioè 4 ore al giorno, per cinque giorni alla settimana) - pagando loro, a parte, le ore in più, oltre quelle di obbligo. Quell'Insegnante invece che per l'ordinamento della propria disciplina possa rimanere con un orario inferiore a quello medio, su cui è calcolato lo stipendio "base", lo si lasci tranquillamente libero a suo agio e gli si detraggano dallo stipendio le ore in meno delle obbligatorie, computandole alla stessa misura, allo stesso importo pagato per le ore in più dell'orario d'obbligo. E' così semplice e chiaro! - eminentemente logico ed equo, senza danno per chichessia! Anzi col vantaggio dell'insegnante studioso e quindi della scuola e della cultura nazionale! Non è con gli orari da forzati che si eleva la cultura nazionale e la scuola; in questo modo si riduce, soltanto, l'insegnamento a... un mestiere qualsiasi, e le lezioni, senza entusiasmo, a sfiatate... grammofonate. Si risolverebbe così anche, per molti, o almeno per alcuni, l'altra grave questione, e relativo... tormento, degli abbinamenti di discipline. Se un "insegnamento" da solo importi un numero di ore inferiore all'orario "base" e l'Insegnante, piuttosto che subirsi l'abbinamento, si contenti della riduzione dello stipendio, per le ore in meno, lo si accontenti. Non è tanto facile trovare persone che per la testa sacrifichino la tasca; se se ne trovino, pochi o pochissimi, non si osteggino, sarà sempre tanto di guadagnato per la coltura personale e quindi, ripeto, per la scuola e per la stessa coltura nazionale. Questi i capisaldi di una riforma, che noi abbiamo qui esposti, ripetiamo, come un bisogno dello spirito; sono modesti e pii pensieri, che, più che agli uomini, noi affidiamo umilmente a... Dio. GIOVANNI CARANO-DONVITO
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