Vita MeridionaleL'ETERNO ERROREQualche quotidiano del Mezzogiorno e tutt'i settimanali calabresi non lasciano passare occasione senza rivolgere premure al Governo per gli ormai famosissimi milioni stanziati per costruire strade in Calabria. D'altra parte, è da notare come si scalmanino meno che altri, i meridionalisti, che pur tengono tanto a cuore i bisogni del Mezzogiorno. A essi sembra in certo senso irrilevante se i famosissimi milioni si daranno o no; se le strade si costruiranno o non si costruiranno. Gli è che i rattoppamenti e le mezze misure ripugnano ai cervelli serii e concreti, alle coscienze serene e disinteressate. Il Fascismo, con non minore semplicismo dei passati Governi, non ha visto nella questione meridionale che un mero fatto di lavori pubblici e, più specialmente, un mero fatto di viabilità, di mezzi di comunicazione. Se la questione meridionale consistesse in un fatto di viabilità, in vero si potrebbe ritenere per gran parte risoluta da un pezzo. Quello della viabilità del Mezzogiorno non è ormai che un problema di manutenzione. Basterebbe cioè che le ferrovie secondarie e le strade rotabili fossero meglio tenute. Infatti, se al di fuori d'ogni fantasticheria, si osserva l'attuale bisogno di scambi della regione, possiamo dire di averne abbastanza di mezzi di comunicazione e di trasporti nel Mezzogiorno... E' ammissibile che ne occorrano altri, sia pure molti altri, e certo sarebbe strano e sciocco negare in linea generale la necessità d'una maggior rete stradale, per es., in Calabria. Quel che si disconosce nel modo più reciso ed assoluto, gli è che sia bene spendere centinaia di milioni per la risoluzione di problemi secondari, marginali, com'è quello delle strade in un paese povero, prima di affrontare i veri, gli assillanti, radicali problemi della regione; prima di dar luogo, attraverso un aumento di ricchezza, alla possibilità d'una più intensa frequenza di traffici e di scambi. Tal che non si può non deplorare che si provveda ad altre costosissime ferrovie secondarie (l'attività d'alcuna di esse poi é destinata a non resistere alla concorrenza dell'asino), e che si chiedano nuove strade rotabili (delle quali poi alcune finiscono col non servire se non alla passeggiata del Sindaco), e si trascuri per converso di provvedere a qualche cosa di ben più pregiudiziale e fondamentale; a valorizzare cioè la vera ed unica ricchezza del Mezzogiorno e delle Isole, l'agricoltura che ancor oggi si esercita e si svolge con sistemi preadamitici; a far pressione per la costruzione ai tutt' i laghi montani, che porteranno un profondo rivolgimento nell'economia del Mezzogiorno; a creare un ambiente adatto e possibile per una seria organizzazione industriale e commerciale a base agricola, - per il cui libero e razionale esplicarsi, le strade e ferrovie secondarie, finirebbero di essere uno stupidissimo e costosissimo lusso, per diventare una vera necessità. Di pari passo allo sviluppo industriale, agricolo e commerciale di una regione, vengono su quasi inesorabilmente, seguendo dati principii di razionalità, strade e ferrovie. E di simili errori purtroppo se ne sono avuti a josa in ispecie da parte dei signori deputati che hanno deliziato il Mezzogiorno dalla costituzione del Regno ad oggi. In un paese privo di risorse come il Mezzogiorno, per le così dette classi colte (povera cultura!), non esiste felicità al mondo oltre il medaglino! E le ferrovie secondarie, le strade rotabili costituiscono un ottimo mezzo per cattivarsi l'amicizia e la gratitudine di molti sindaci e di molti appaltatori... Un destino triste e inesorabile e sistemi messicani di Governo han fatto sì che dal Mezzogiorno, salve pochissime eccezioni (Fortunato, Nitti e qualche altro) non andassero al Parlamento gli uomini migliori e più adatti. D'altra parte da un popolo tutt'altro che adeguatamente sorretto da confacenti e propizi sistemi di Governo; oppresso dall'esoso spirito feudale dei latifondisti, genìa tirannica di usurpatori vagabondi, traviato da una piccola borghesia la quale vive di piccole rendite, di parassitismo, di servilismo, di piccinerie e di boria; da un popolo composto di contadini analfabeti e rincretiniti dagli stenti e dalla malaria, non si vorrà pretendere la conoscenza perfetta o approssimativa... della questione meridionale. Il contadino nella sua faciloneria mistica, crede nei discorsoni che in pompa magna gli si fanno, da qualunque parte vengano, e crede anch'esso "per due o tre legislature" che la strada rotabile, la quale d'altronde non gli distrugge le accorciatoje, gli porterà la ricchezza e il benessere. I veri mali del Mezzogiorno e delle Isole, dai quali tutti gli altri si originano, sono due soli; la malaria e la ricchezza che fa difetto. I problemi massimi adunque del Mezzogiorno e delle Isole, si risolvono in una questione d'igiene e una questione d'economia. E qualunque cosa si faccia a favore del Mezzogiorno, prescindendo da quei problemi è puro spreco, è pura perdita di tempo. La malaria è un flagello, mina alle basi la stessa esistenza della razza. Nella sola Calabria calcolava l'on. Nitti, perisce di malaria una quantità doppia d'individui di quanti non ne muoiano in tutti gl'Imperi Centrali. Le condizioni economiche sono peggiorate. Con i limiti imposti al movimento emigratorio, la vita nel Sud si è fatta quasi impossibile. La guerra oltre il dolore e il sacrificio, non ha apportato nulla ai meridionali; né milioni di sapore pescecanesco, né nuovi mercati. Il Sud ha perduto per la guerra, dei mercati che gli erano utilissimi. Privo di qualunque organismo industriale, continua a essere paziente e umile cliente del Nord. La terra frutta poco ed è invece gravata di tasse fantastiche. La popolazione è pletorica. Le libere professioni intristiscono in un disagio insuperabile. Le verità c che se non si limitano le cause di malessere e di povertà sì che al contadino si dia la possibilità della sicurezza del pane quotidiano e sì che possa sorgere una piccola borghesia agiata e indipendente, peggiorerà il depauperamento della razza, aumenterà l'analfabetismo del popolo, cresceranno l'ignavia, la ciarlataneria e il servilismo delle classi dette, non senza qualche ironia, colte. E' perfettamente vano aspettarsi miracoli da un popolo che intristisce nella povertà. Per il Mezzogiorno e le Isole, occorre prima d'ogni altro, risanare le non poche plaghe malariche prosciugando i terreni paludosi, creando un sistema d'irrigazioni razionali e ricoprendo, nei luoghi ove è necessario, di chiomati alberi, le colline che nelle loro fessure profonde e umidicce dànno anch'esse vita alla zanzara avvelenatrice. Tanto più ciò è da considerarsi opera fondamentale - e vorrei dire pregiudiziale -, in quanto forse non è esagerata né fuori del vero la previsione che il risanamento delle campagne meridionali, più che sfollare, attraverso la possibilità delle case coloniche, spopolerà molti paesucoli, che oggi stentano una vita grama e quasi impossibile a picco di sterili e brulle colline, ove pur tuttavia giunge la tremenda terzana. Il fenomeno dell'esistenza di una moltitudine di paesi di tremila, cinquemila abitanti, in località assurde, è proprio delle regioni malariche, e si osserva appunto e sovratutto nel Mezzogiorno, nelle Isole e nella campagna romana. Con lo sfollarsi di quei paesi, molti problemi ad essi inerenti e che ora sembrano urgenti, naturalmente verranno meno. Bisogna rimuovere le cause del disagio economico, dell'indigenza. Bisogna cioè valorizzare la terra. E la terra si valorizza, distruggendo il latifondo per lo meno mediante l'enfiteusi obbligatoria. Si valorizza e se ne decuplica il rendimento, attraverso le sistemazioni idrauliche (bonifiche, irrigazioni, rimboschimenti), attraverso l'istruzione tecnica e facilitando gli scambi col Nord e le esportazioni. Sono stati stanziati per la sola Calabria, cinquecento milioni per nuove strade. Pensare che con una somma eguale bene spesa, si potrebbe invece bonificare, irrigare, risanare, incivilire tutta la Calabria! La costrizione dei laghi dai quali molto attende l'economia del Sud, è in certo senso connessa ai lavori di sistemazione idraulica. E' necessario che si tenda a una migliore organizzazione dell'economia locale. Ciò che s'impone fin d'ora, per es., è un maggiore sviluppo da dare alle Casse di risparmio prettamente locali, evitando così che i depositi dei risparmiatori vadano a finire in banche di speculazione tutt'altro che meridionali. I progressi fatti dal Sud, nel campo del commercio, dell'industria, della produzione, dal '60 a oggi, non sono di nessuna importanza. I tributi invece che già furono considerati di proporzioni fantastiche subito dopo l'unità, e che succhiarono le ricchezze del Mezzogiorno in poco tempo, si sono andati sempre più appesantendo. Oggi si sono centuplicati e son resi insopportabili. Il Sud d'Italia non può più a lunga tollerare il loro peso. Persiste adunque e s'è inacerbito il problema tributario, che bisogna rimuovere decisamente. Occorre inoltre far vive pressioni perché si risolva l'assillante e annoso problema doganale. Dev'essere concessa al Mezzogiorno la massima libertà d'importazione, di quanto serve all'agricoltura e per converso, é necessario impedire che una politica di privilegio con l'esagerata protezione dell'industria settentrionale, chiuda le porte dei mercati esteri ai prodotti agricoli del Sud. Se si pensi (quante cose non si potrebbero pensare e dire in proposito!) per es., che l'esportazione delle sole arance della Sicilia, le quali pur non pesano sotto nessuna forma sul bilancio dello Stato, dànno un introito che supera quasi del doppio quello delle esportazioni di tutte le automobili d'Italia, nessuno vorrà ritenere, eccessiva la richiesta d'una politica doganale meno tirannica nei riguardi del Mezzogiorno. La questione meridionale si risolve in una questione di perfetta e stretta attinenza all'agricoltura. Oggi invece lo stesso Ministero d'agricoltura, forse in odio a Nitti che sosteneva dovesse considerarsi più importante del Ministero dell'Interno, è stato ridotto a Sottesegretariato. Gli stanziamenti per le bonifiche e le irrigazioni sono stati portati quasi a zero! GIUSEPPE CAPPA
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