PISTOLA AD OMERO
Al reverendo Padre PISTELLI
Professore all'università, di
FIRENZE
Che foste, e da tempo, dalla parte opposta della nostra, lo sapevo: e non mi meravigliavo. Lo studio indefesso dei papiri egiziani, in cui voi eccellete, è una cosa diversa e lontanissima dalla politica: potrebbe giovare, tutt'al più, ad ottenervi il voto plurimo, ma non giova, di per sé stesso, a far comprendere qualche cosa della vita italiana. Lessi anche, su Battaglie Fasciste, gli ammonimenti che voi avete impartito ai professori vostri colleghi: in cui dichiaravate di "non aver più rispetto neanche per le persone", e che d'allora in avanti non avreste fatto più niente per impedire ai vostri giovani e impetuosi amici di bastonarli per bene. Io pensavo: la politica militante, ai papiriologi, gli piglia per questo verso.
Ma ora mi dicono che in occasione della solenne inaugurazione del rinnovato Ateneo fiorentino, avete fatto di più. Mi dicono, che, mentre S. E. Fedele rotondamente parlava, si vedeva il Padre Pistelli, cioè voi, additare a certe squadre di bastonatori gli studenti sospetti di essere ascritti alla Unione Goliardica per la Libertà:
"Quello e quello, e quell'altro ancora: giù, di santa ragione!". E quello, quello e quell'altro di santa ragione le presero: e voi, o dotto Padre, giravate per il cortile del palazzo di Piazza San Marco, reggendovi la tonaca sotto il braccio per esser più libero nei movimenti, contento meglio che se aveste trovato un nuovo rotolo di papiri egiziani, colla definitiva lezione del Protovangelo di Tommaso o di Jacopo o dello pseudo Matteo. Perché voi siete, sì, Padre delle Scuole Pie e ordinato sacerdote, ma specialmente vi dedicate allo studio dei Vangeli apocrifi: e questo spiega tante cose nella vostra vita. Nei Vangeli apocrifi non si trova più il Gesù Bambino benedicente, ma un altro Gesù Bambino, irascibile e manesco: nel Protovangelo di Tommaso, per esempio, il piccolo Gesù è un enfant terrible, che tira la pialla dietro ai compagni di giochi, è orgoglioso di possedere tutta la sapienza divina, e vuol convertire il mondo a suon di legnate. Voi, reverendo Padre, risentite forse l'effetto dei vostri prediletti studii; siete cristiano, imitate Gesù: ma non il Gesù dei Vangeli canonici, bensì quello dei Vangeli apocrifi, da voi con tanto sapienza decifrati.
L'ultima vostra impresa in difesa della patria è quella che mi induce a scrivervi. Voi non vi ricorderete più di me: ma io ho pur diritto a ricordarmi di voi.
Anni fa, quando Vamba faceva a Firenze il Giornalino della Domenica, parecchie migliaia di ragazzi, sparsi un po' per tutta Italia, attendevano di settimana in settimana le Pistole di Omero. Erano certe lettere, che un ragazzo fiorentino indirizzava al direttore, e in cui si canzonava un pò tutto: le scuole, gli esami, le Lectura Dantis, Guido Biagi e la sua bellissima pelliccia, Orazio Bacci "colla pelliccia anche lui ma non mica bella come il Biagi", le facce, "proprio leitterarie" delle signore intellettuali, le "mezze signorine" del "Galileo", e poi "un vecchio colla barba bianca che quando sta sedere si tira su i calzoni e gli si vedono i calzini bianchi, e ogni tanto dice: Bene! al conferenziere" e che doveva essere il toscanissimo e cruschevolissimo Isidoro del Lungo, insomma tutto il piccolo mondo accademico, tutta la fanciullaia dei ginnasi-licei, con riferimenti speciali alle figliolanze dei professori. Lettere vispe, scorbellate, pispoline; tirate giù nella parlata fiorentina, da non parer quasi neppure studiate: e firmate con uno scarabocchio, che voleva dire "Omero Redi". Omero Redi eravate voi, reverendo Padre: e sotto questo pseudonimo siete stato, da parecchi anni, uno degli scrittori più desiderati dal pubblico più ingenuo, più fresco, più pronto e sensibile, cioè dal pubblico dei ragazzi: di quelli che allora, tra il '905 e il '910, eran ragazzi.
Molti, ce n'erano: ho sfogliato i vecchi volumi e dalle fitte pagine mi è venuta incontro una folla di vostri corrispondenti e di vostri ammiratori di allora: i più fervidi che abbiate mai avuto. Quella generazione fu, sui diciotto o vent'anni, sfornata calda calda per la guerra, e prese in pieno l'impeto della crisi, in cui ci troviamo tuttavia. Di quei nomi, molti sono ormai più alti di tutte le nostre discordie, né voi, reverendo Padre, potreste più farne bastonare i titolari, per nessuna ragione; molti altri si sono perduti nella folla anonima; ma un piccolo gruppo, solcando animosamente gli anni e la bufera degli avvenimenti, è pervenuto alla notorietà: non più quella ristretta del giornale per i ragazzi, ma quella larga dei giornali per i grandi, o quella pacchiana addirittura dei resoconti parlamentari. A tout seigneur tout honneur: da quella folla ne é uscito un poeta vero, Milly Dandolo; e poi due deputati fascisti e uno dell'opposizione, giornalisti a dozzine, comandanti di spedizioni punitive come lo Zamboni di Firenze, o commissari straordinari del Fascismo, come il Targioni di Livorno: tutti eravamo mescolati allora, di tutte le razze, e comunicavamo nell'ingenua ammirazione delle Pistole di Omero, cioè l'ammirazione di voi, che sapevate - allora - interpretare bene la spietata e corrosiva critica che i ragazzi esercitano sul mondo dei grandi. Fra noi, dietro a voi, lettore, certamente, anch'egli assiduo del vostro corsivo, e la fronte non peranco marchiata da una fama sinistra, c'era un altro ancora: colui che, più di tutti, doveva seguire a perfezione il Protovangelo di Tommaso, di cui anche voi siete seguace, ed uscire, una mattina, col pugnale alla mano, di tra noi, di tra dietro a voi: dico Amerigo Dumini. Lui, in persona. Il povero Vamba raccoglieva racconti ed aneddoti di biricchinate: e si vede che il piccolo Amerigo dovea essere un ragazzino di scarsa fantasia, perché, nell'Annata 1908, 1° semestre. N. 8, troviamo nella corrispondenza la seguente risposta:
AMERIGO DUMINI, Ivrea. - Grazie; ma io desidero invece delle barzellette vere. Accadono tanti episodi interessanti e curiosi nelle scuole e nei collegi, e si sentono tanti spropositi da ridere e anche tante osservazioni e risposte spiritose! Se ciascuno dei miei corrispondenti me ne mandasse qualcuna, si potrebbero mettere insieme delle pagine deliziose nel Giornalino!
Mai suggerimento più innocente cadde su animo più pronto ad accoglierlo e a svisarlo: il piccolo Amerigo ci deve aver pensato su, e sedici anni dopo si prese la sua rivincita: diventò lui il protagonista di un episodio "interessante e curioso", che diede materia da solo, a pagine intiere, se non precisamente deliziose, ai giornalini e ai giornaloni...
Voi vedete dunque, reverendo Padre, quanto fosse promiscuo il vostro pubblico di quegli anni, e quali diversi destini attendessero i vostri corrispondenti. Le scorbellature delle Pistole d'Omero produssero, in ciascuno di noi ragazzi, effetti diversissimi: e voi, poverino, non avete certamente colpa né degli effetti buoni, né di quelli cattivi. Può essere che il piglio sbarazzino delle vostre osservazioni abbiano indotto un filo ironico di più nel languore cinereo con cui Milly Dandolo ripensa e descrive continuamente la sua casa paterna di Castelfranco Veneto, e può essere che abbia rafforzato le convinzioni di quel tale individuo - che a me ripugna nominare dopo il poeta - sulla opportunità di sciogliere le questioni con due buone pugnalate. Può essere, che tutte le beffe contro la povera Lectura Dantis abbiano preparato in molti ragazzi d'allora quello stolto e rovinoso disprezzo della vecchiaia, quella sciocca esaltazione sistematica della giovinezza, che oggi contraddistingue, per esempio, l'on. Lando Ferretti e l'on. Araldo di Crollalanza, vostri lettori di un tempo; può essere, che quegli stessi scherni contro la scienza ufficiale ed accademica, e quelle sassate contro l'innocuo Biagi bonanima, abbiano predisposto tanti altri, come me, al disgusto per tutte le sagre e al sospetto contro il contrabbando nascosto dietro le parole rotonde e gli sbandieramenti. Infinite sono, reverendo Padre Pistelli, le vie del Signore: dico del Signore, secondo i Vangeli canonici: e nessuno più di voi, che avete parlato e insegnato a migliaia di ragazzi una dottrina suscettibile di tante, e così diverse interpretazioni, dovrebbe starsene spettatore in disparte, trepidando nel cuore.
Voi non fate così: arrivate perfino, invece, a farvi organizzatore di bastonature accademiche.
Povero Omero! Anzi, povera memoria d'Omero! Lo pseudonimo di un tempo è scomparso: si conosce ormai soltanto più il padre Ermenegildo Pistelli, delle Scuole Pie, docente nella R. Università di Firenze, ecc., ecc. Noi, i mille e mille ragazzi di venti anni fa, che voglia si aveva di sapere se proprio Omero Redi era il nome vero, e chi c'era dietro quel nome, e chi era quel "professore prete", di cui si parlava continuamente nelle Pistole: e di vederne il ritratto, di scoprire l'uomo di ciccia, insomma, dietro il ragazzo di carta: tutto un piccolo mistero editoriale e redazionale su cui migliaia di occhi e migliaia di cervelli si appuntavano a frugare! Adesso, più giovani di noi, cresciuti e arrivati all'Università, si cavano tutte le curiosità, davvero. Compare il Padre Ermenegildo Pistelli, col bastone in mano!
Omero Redi, invecchiando, s'è incattivito. Il patriottismo, l'irredentismo, il garibaldinismo, che in quegli anni delle Pistole si tenevan così per l'aria, sulle generali, hanno acquistato una piega settaria e legnaiola: si sono inciprigniti nelle vicende della lotta politica e nel turbine delle frasi: Omero Redi non ride più, non canzona più, non è più un padre delle Scuole Pie di maniera larga, amico del Dolfi e di Gigi Minuti e di un mucchio di frammassoni, spiritoso e buon compagnone; non parla più dei gelati di Castelmur e dei pasticcini del Gilli come di cose molto importanti, non si diverte più a combinare dispetti e burle con i bambini dei professori suoi colleghi, col Pimpi e col Riri e con Gigi di Vicchio, non fa più scampagnate a Pratolino con l'amico che "sonova l'ocarina che non pareva lui ma con la bocca perché la canna l'aveva rotta": Omero Redi, rivelatosi intiero in Padre Pistelli, papirologo insigne, piglia tutto sul serio, ha pronta una grinta lunga due palmi per ogni cerimonia e per ogni sagra, batte anche lui le mani a comando, e perde l'appetito solo a sentir nominare l'Unione Goliardica per la libertà: un nome - e una cosa - così ingenue, così giovanili, così "giornalineschi", Dio mio!
Spettacolo rattristante: di inaridimento, di accartocciamento, di vecchiaia, vecchio risecchito e astioso, stridente e cattivo come un papiro ritrovato negli scavi di Aschmunèm. Vi ho scritto questa pistola, per dirvi appunto tutta la pietà che mi fate. Quelle bastonature di piazza San Marco, e voi che segavate le vittime: che pena!
Vi voglio ripetere un aneddoto, che Vamba mi contò quando stava in via Salaria, a Roma: e se non vi salva l'anima questo, non ve la salva più niente.
In una gita di Vamba a Palermo, centinaia di giovani amici lo aspettavano al treno. Scende con lui un prete siciliano, suo occasionale compagno di viaggio. La voce che Omero Redi, il famoso autore delle Pistole, era un prete, si era già diffusa da tempo in quel pubblico singolare, che Vamba s'era saputo creare attorno: e bastò che i ragazzi vedessero quel. prete, perché cominciassero a prenderlo in mezzo con grandi urla di evviva, e certe mezze signorine a pigliarlo sottobraccio, e a dargli del tu come s'usava in quella repubblica giovanile: e Viva Omero!, Viva Omero!, quel prete dovette credere che tutta la ragazzaglia di Palermo fosse impazzita. Tanto eravate conosciuto allora, reverendo Padre, e voluto bene.
Ma ora, col bastone in mano; ora che gridate iroso i nomi dei ragazzi - ma si, sono ragazzi! - che volete far punire; ora, che siete il papirologo Ermenegildo Pistelli, e che combinate le rabbie isteriche del prete esacerbato e scontento della sua sorte, colla faziosità del toscano rinselvatichito, chi vi saluterà più? Avete un distintivo, avete una tessera: ma né i ragazzi di un giorno vi possono più riconoscere, né quelli di oggi vi possono più amare.
G. A.
|