TROZCHI E LA RUSSIA

    L'allontanamento di Trozchi dalle cariche ufficiali della Unione Soviettista conferma - senza tuttavia spiegare al pubblico occidentale scarsamente informato - l'esistenza di una divergenza tattica in seno alla nuova classe politica russa. Sulla portata del dissenso, sulle sue origini, e sulle possibili conseguenze, in confronto sia della compagine statale che della politica dell'Internazionale Comunista, i pareri sono discordi, ed anzi, per quella stessa deficenza d'informazione sopra deplorata (ed in parte certo dovuta alla censura ostruzionistica degli avversari di Trozchi), il pubblico conosce quasi soltanto le congetture dei politicanti più o meno cervellottiche e tendenziose.

    A prescindere dalla personalità di Leone Trozchi, che certo primeggiò sempre nel movimento rivoluzionario russo, e che è circondata ancora oggi - e forse più oggi - dalle vivissime simpatie di molti operai, russi e di tutto il mondo, l'importanza dell'episodio è superata da quella della situazione, dei fatti che attraverso la polemica trozchista si sono manifestati e che permangono, malgrado i provvedimenti presi o da prendersi contro la persona di Trozchi.

    Il dissenso di Trozchi ha un doppio aspetto: a) dissenso dai metodi interni d'organizzazione del Partito Comunista Russo e dalla tattica dell'Internazionale Comunista; b) dissenso sui problemi della politica dello Stato russo.

    Trozchi sostiene da oltre un anno che il Partito Comunista è minacciato dal male del burocratismo, che la sua "iniziativa è ridotta al minimo" con conseguenti "abitudini e metodi direttivi in fondamentale contraddizione collo spirito dell'organismo rivoluzionaria del proletariato". Egli vede che il potere nel Partito, e quindi nella Internazionale e nello Stato, che il Partito controlla, si va sempre più concentrando nelle mani di pochi uomini, della "vecchia guardia" rivoluzionaria, e non si dissimula i pericoli inerenti.





    In Russia si è andato manifestando il fenomeno generale del costituirsi di una piccola classe politica, ma, ciò che Trozchi deplora, è che tale classe non corrisponda ai quadri stessi del Partito, che si tratti di un potere irresponsabile e personale, di una oligarchia potente e pericolosa per gli stessi ulteriori sviluppi della politica rivoluzionaria russa. Le origini della polemica, e la vivacità con cui Trozchi vi ha partecipato, senza risparmiare colpi a nessuno, protestando contro i "burocrati mummificati" ed i "terrorizzatori del Partito" non potevano portare ad altro risultato che ad un sollevamento generale contro un importuno, temibile per l'innegabile ascendente personale sulle masse e per la viva sentita realtà degli argomenti polemici.

    Che Zinowieff, Kameneff, Bouckarin ecc. potessero avere ragioni personali di rivalità contro Trozchi è cosa di scarso valore per il significato del dibattito, ma conferma i timori di coloro che vedevano, colla morte di Lenin, scomparire il Capo riconosciuto della Rivoluzione, l'uomo tanto autorevole da poter comporre ogni dissenso pregiudizievole alla rivoluzione. Il fondo personalistico della campagna contro Trozchi è evidente, che non ci può riguardare, se non come una eloquentissima conferma dei mali dal Trozchi denunciati.





LA TATTICA COMUNISTA

    Trozchi rimprovera al Partito Comunista Russo il suo burocratismo che l'allontana dalle masse e che minaccia di disilludere tutta la nuova generazione comunista, tutti gli aderenti dopo la rivoluzione di ottobre. Egli riconosce le benemerenze delle vecchia guardia, ma ciò non gli impedisce di concepire il Partito Comunista in senso democratico, di invocare la possibilità per i giovani ed in generale per i nuovi aderenti di partecipare attivamente e coscientemente alla vita politica del Partito: "Bisogna che il Partito ritorni all'iniziativa collettiva, al diritto di libera critica; rigenerare e rinnovare l'apparato direttivo e fargli sentire che esso è soltanto l'esecutore della volontà collettiva". Solo colla collaborazione attiva e costante colla nuova generazione, nel quadro della democrazia, la vecchia guardia conserverà il suo carattere di fattore rivoluzionario". E per nuova generazione Trozchi intende non solo i giovani operai e contadini e gli studenti, ma genericamente le masse comuniste, aderenti da pochi anni al partito, cioè la grande maggioranza dei quadri del Partito.

    I pericoli che Trozchi vede e denuncia sono conosciuti anche dai suoi avversari, dai capi dello Stato e del Partito. Contro il burocratizzarsi del Partito, sono tutti concordi, ma con spirito diverso. C'è chi lo vede come un semplice problema interno d'organizzazione, mentre per Trozchi si tratta d'un problema di vita, di difesa rivoluzionaria, di rispondenza alle correnti nuove che si manifestano nella vita politica russa.





    "Noi siamo il solo partito del paese, e, nel periodo attuale della dittatura, non potrebbe essere altrimenti. I differenti bisogni della classe operaia, delle masse rurali, dell'apparato statale, dei suoi effettivi agiscono sul nostro partito, per mezzo del quale cercano di trovare un'espressione politica. Le difficoltà e le contraddizioni inerenti all'epoca nostra, la temporanea discordanza degli interessi delle diverse parti del proletariato, o del proletariato e del ceto rurale, agiscono sul Partito per mezzo delle sue cellule operaie e contadine, dell'apparato statale, dei giovani studenti. Le differenze di veduta, le divergenze di pensiero episodiche possono esprimere la pressione lontana d'interessi sociali determinati e, in certe circostante, trasformarsi in gruppi permanenti".

    Così, mentre Zinowieff, vedendo il movimento comunista minacciato da una crisi non sa trovare altro rimedio che l'aspro attacco personale agli oppositori, Trozchi riconosce come "inevitabili le divergenze di vedute in un Partito con un milione di aderenti e che dirige il paese in condizioni eccezionalmente complesse e penose". "E' in ciò la contraddizione che risiede nella situazione stessa del Partito della dittatura proletaria, ed alla quale non si può sfuggire con dei semplici espedienti".

    Trozchi è contro le frazioni, contro lo scissionismo, contro ogni azione che prescinda dal Partito Comunista: è egli stesso contro ogni speculazione, contro il cosidetto trozchismo. Non vuol frazioni, vuole la libera discussione nel Partito, che si esprimerà in modo consono alla gravità della situazione se potranno discutere e decidere le forze nuove rivoluzionarie: "L'esperienza dimostra che non basta dichiarare pericolose le frazioni per impedirne l'apparizione. Esse non si preverranno se non con una politica giusta, adatta alla situazione reale".





LE CONDIZIONI ATTUALI DELLA RUSSIA

    Trozchi affronta decisamente il problema delle direttive politiche ed economiche in confronto della situazione russa:

    "Nous vivons sous le régime de la Nep, dont le danger est encore accru par le ralentissement de la révolution mondiale. Notre action pratique journalière de gestion de l'Etat, action de plus en plus délimitée et spécialisée, recèle un danger de rétrécissement de notre horizon, c'est-a-dire de dégénéressence opportuniste. Il est évident que ce danger s'accroît à mesure que le commandement des "secrétaires" tend à se substituer à la direction véritable du Parti".

    Ma il chiaro riconoscimento del valore del dibattito sul trozchismo lo troviamo in una pubblicazione polemica di comunisti ortodossi:

    "Il vero dissenso non era sui problemi di tattica del Partito. Era nelle soluzioni divergenti preconizzate per risolvere la crisi economica russa, caratterizzata da una pericolosa differenza tra i prezzi industriali ed i prezzi agricoli, differenza che rischiava di rompere l'alleanza di 100 milioni di contadini con 10 milioni di operai russi.

    "L'opposizione russa che s'era unita in una offensiva vigorosa contro il C. C. sulla piattaforma della democrazia operaia, dimostrò di essere un blocco disparato di diverse opposizioni nei confronti delle grandi questioni politiche ed economiche.

    Radeck e Krassin preconizzano maggiori concessioni al capitale straniero; altri, come Ossinsky, presero partito per l'introduzione di merci estere concorrenti coi prodotti dell'industria russa ; altri attaccarono il principio stesso della Nep. Trozchi continuò ad essere in disaccordo col C. C. sull'applicazione del piano di concentrazione industriale.

    La concentrazione industriale non può sboccare alla chiusura di officine come quelle di Pontiloff occupanti 8000 operai e che costituiscono, a Leningrado, uno dei pilastri più solidi della dittatura proletaria".





    La situazione russa, lo stato dei rapporti di classe, è illustrato efficacemente nel discorso di Rykoff al VI Congresso sindacale:

    "La plus grande difficulté dans le relèvement de la métallurgie c'est que nous ne pouvons compter sur le marché et n'avons pas la ressource d'entreprendre de grands travaux, d'utilité publique. Notre métallurgie est trop dépendanee du marché rural. Elle souffre du blocus financier".

    "A l'automne de 1923 nous avions une crise de vente et l'écart entre le prix des produits agricoles et ceux de l'industrie était de 3,10; les produits de l'industrie étant plus de 3 fois plus chers que ceux de l'agriculture. La paysannerie risquait d'être détachée du proletariat. - L'écart n'est plus que de 1,46 et c'est un gros succès. En ce moment notre industrie ne parvient pas à suffire à la demande du marché paysan, si bien qu'elle a les plus belles perspectives du développement".

    Si delinea, insomma, un contrasto tra gli interessi della campagna, della massa rurale, che produce in proporzione maggiore dell'industria, e che da questa non ottiene i manufatti e gli attrezzi di cui ha bisogno. Per evidenti ragioni economiche lo squilibrio porta ad un rincaro dei prodotti agricoli, cui si risponde calmierando il prezzo del grano:

    "Noi non possiamo pagare i prezzi alti richiesti dai contadini perché tali prezzi determinano in gran parte i salari, che alla loro volta determinano i prezzi dei prodotti dell'industria".

    D'altra parte, il ritmo della produzione industriale è ancora lento. La parte maggiore è costituita dalle estrazioni di carbone e petrolio ed un miglioramento si nota nell'industria pesante. Ma la metallurgia ritarda: le previsioni più rosee fanno sperare di raggiungere nell'anno 1924-25 il 30 % sul 1914. Per contro si semina l' 88 sui dati d'anteguerra. "La campagna è la vera base dell'economia russa".





L'AVVENIRE DELLA RIVOLUZIONE

    Inserita la polemica trozchista nel quadro della reale situazione russa, sfrondata dell'acredine personalistica, ci appare semplicemente un Trozchi quale è sempre stato: studioso acuto dei problemi della rivoluzione russa ed internazionale, preoccupato di illuminare certi errori del passato per evitarne il ripetersi avvenire, milite disciplinato e fedele, capo conscio di responsabilità, nemico delle frazioni. Accusare di napoleonismo un uomo che invoca la democrazia nel partito; ed una maggior partecipazione delle masse alla vita politica del paese, è non solo esagerato, ma tradisce l'ostinazione del personalismo, ove si tratta di un problema di rapporti di interessi di classi e di categorie.

    Noi non vogliamo oggi assumere la posizione di giudici della situazione russa, e del trozchismo che ne è la manifestazione esteriore più appariscente. Ci siamo preoccupati soltanto di fissare nei suoi termini reali un dissidio che, in quanto ha di personale, è meno importante.

    Allontanato Trozchi dalle cariche ufficiali permane il trozchismo, non solo come tentativo di facile speculazione di tutti i nemici dello Stato soviettista e del movimento comunista, ma come situazione reale, già espressa con preoccupazione da Trozchi, ma necessariamente destinata ad esprimersi altrimenti. Ciò che Trozchi voleva avvenisse nell'interno del Partito, ne viene quivi impedito con severità domenicana da Zinowieff e dalla coorte di censori che lo segue ed incensa, ma nessuno potrà evitare che esploda all'esterno. Ma allora è il Partito comunista che perderà la funzione conservata fino ad oggi nella rivoluzione russa: il Partito non saprà più dare nel suo seno un'espressione politica ai differenti bisogni dei vari ceti sociali.





    E' quindi la lotta di classe che riprende e non solo tra un blocco proletario compatto da una parte e la grande borghesia dall'altro. I rapporti, dopo il 1917, si sono mutati. C'è la nuova borghesia della Nep, ma c'è forse anche un nuovo stato d'animo nelle masse contadine verso il proletariato urbano, si delinea un più deciso contrasto d'interessi tra produzione agricola ed industria.

    Zinowieff ha riconosciuto che due pericoli minacciano la dittatura proletaria in Russia: "I) pericolo di deviazioni piccolo-borghesi dei comunisti e di separazione del partito dall'apparato amministrativo, col rischio di perdere la direzione della vita economica; 2) pericolo della separazione del partito dalle masse". Ma il metodo da lui suggerito per allontanare il pericolo maggiore ("liquidare i resti della vecchia discussione e non ammettenti delle nuove") potrà essere fatale per il Partito Comunista Russo: potrà veramente allontanarlo dalle masse.

    Solo la storia potrebbe dire se sia meglio, per l'avvenire della Russia, che il potere resti in mano di una oligarchia di uomini rappresentanti gli interessi della minoranza operaia industriale; oppure si venga formando, forzatamente fuori del Partito Comunista, una democrazia a fondo rurale. I comunisti hanno delle idee abbastanza precise al riguardo, ed il semplice dubbio è per loro peccato d'eresia. Ma è chiaro che, per evitare un urto così grave, nel significato se anche non immediatamente sul terreno della lotta politica, era necessario non chiudere gli occhi dinanzi al pericolo ed anzi affrontarlo decisamente come suggeriva Trozchi.





    E' ben vero che la massa contadina non vede i problemi della Rivoluzione Russia come il proletariato industriale; è probabile che l'instaurazione di sistemi democratici in seno al Partito Comunista porterebbero ad una evoluzione in senso democratico anche nello Stato, e che ciò significherebbe forse un acceleramento del processo economico che, partendo dalla NEP, non si può prevedere a qual punto si arresterà, verso il ritorno al capitalismo. Ma è pur vero che la classe operaia industriale russa, vive una vita d'artificio nell'economia e nella politica russa, sacrificante gli interessi dell'agricoltura e delle masse rurali per la protezione all'industria urbana.

    Zinowieff esagera evidentemente quando sostiene raggiunto dal proletariato industriale un alto livello di maturità politica; mentre appar chiaro che solo l'esistenza di un Partito organicamente forte, ideologicamente preparato ed omogeneo, ha permesso alla Rivoluzione Russa di svolgersi fino al grado di sviluppo oggi raggiunto. Il piccolo gruppo della "vecchia guardia", impedendo al Partito di esaminare la reale situazione, di valutare le tendenze che esistono e non possono arrestarsi per loro natura, ha forse perso il necessario contatto con alcune delle forze che operano nella vita sociale della Russia, e che dovranno quindi necessariamente assumere forme imprevedibili di sviluppo e di lotta. Anche se per ora non sembra probabile che il Partito Comunista debba perdere il potere politico in Russia, è certo che, teoricamente almeno, esso non è più l'unico Partito della classe operaia russa e che in esso non si esprimono più tutte le tendenze e tutti gli interessi degli operai industriali ed agricoli dell'Unione Soviettista.

ANDREA VIGLONGO.