Il patto di garanzia

    C'è nel patto di garanzia il pericolo che esso possa servire sopratutto a rendere durevole l'arbitrio. Né LondraGinevra l'hanno dissipato.

    Si comprende bene come i paesi vincitori dicano: non parliamo più di ciò che è accaduto. I vinti hanno dichiarato di essere responsabili della guerra e dovranno pagare indennità, sia pure in proporzione assai meno grande delle previsioni. Anche se sono stati commessi errori e violenze non è possibile turbare la pace con rivendicazioni sia pure fondate. I trattati, ha ripetuto anche Herriot, non si discutono: e la Società delle Nazioni ha il solo scopo di applicarli.

    Ma si comprende bene come i vinti non si rassegnino a questo discorso, che è discretamente cinico e dicano a loro volta: - Noi dobbiamo parlare di ciò che è accaduto. Noi dobbiamo anche discutere le responsabilità della guerra. Un riconoscimento fatto per forza non ha nessun valore. Devono essere riparate le più grandi ingiustizie e le più grandi violenze e ciò che è più immorale nei trattati e che più contrasta con le proposizioni di Wilson, che dovevano essere il piano di una vera pace, deve essere riveduto.

    Così i due punti di vista sono singolarmente opposti e non vi sarà mai la pace fin quando l'equivoco durerà. Possiamo entrare soltanto in un nuovo periodo di illusioni di insincerità: periodo più modesto del periodo della violenza cui segue, così per le idee di maggiore saggezza che vi sono diffuse, come per la preoccupazione della crisi che si è determinata.





    Il trattato di mutua garanzia proposto e discusso tanto largamente dalla stampa è non solo dunque un errore ma un pericolo nuovo assai più grande.

    Infatti esso si basa sul criterio che sia possibile garantire da parte di tutti, anche con le armi, ciò che esiste per opera dei trattati.

    Molte cose che esistono non possono invece essere difese a lungo: devono finire e noi vogliamo che finiscano, se anche ciò deva costare nuovi sacrifizi.

    La Germania è stata smembrata senza criterio, o solo con lo scopo di romperne l'unità. E' il solo Stato del mondo diviso in due parti e il corridoio di Danzig è la più grande assurdità morale che esista nella storia. Non è possibile che Danzig, interamente tedesca, sia tolta alla Germania, per comodità della Polonia: non è possibile che il territorio tedesco sia diviso. Devono tutti gli Stati garantire di accordo questa assurdità?

    L'Alta Slesia è stata divisa contro il trattato e contro il plebiscito e non ostante la resistenza della Gran Brettagna. Quando i tedeschi saranno in condizione di rivendicarla, devono tutti i paesi correre in difesa della Polonia? E se gli Stati Uniti di America facessero l'errore di entrare nella Società delle Nazioni devono mandare i loro soldati a difendere un atto che quasi tutti gli americani ritengono illegittimo e tutti ritengono immorale?

    La Polonia mantiene a viva forza la Galizia, che ha solo una minoranza polacca, quando gli abitanti della Galizia insorgeranno (ciò avverrà prima o dopo) e richiederanno l'aiuto della Russia, i soldati britannici, americani e italiani, dovranno difendere la Polonia e marciare contro la Russia?





    La Russia non ha mai accettato il confine di Riga e la perdita della Bessarabia. Quando si sarà sbarazzata delle sue difficoltà interne e rivendicherà gli antichi territori, noi manderemo i nostri soldati contro la Russia? e ci trasformeremo in difensori della integrità del territorio della Romania contro l'Ungheria e contro la Russia?

    L'Ungheria è stata inutilmente mutilata e le sue popolazioni sono state divise a caso fra la Ceco-Slovacchia, la Romania e la Jugoslavia. Non vi é nessun uomo in Ungheria, ricco o povero, conservatore o socialista, dall'arcivescovo di Budapest al più umile contadino, che accetti quanto è avvenuto. L'Ungheria attuale è soltanto un'assurdità geografica e politica e coloro che l'han voluta così mutilare han vergogna della loro opera e ognuno attribuisce ad altri la responsabilità. Un'Ungheria ridotta a meno di 8 milioni di uomini con una capitale di quasi un milione non può vivere e sopratutto non vuol vivere, così mal ridotta e tormentata. Devono, quando l'Ungheria potrà e vorrà liberarsi della sua servitù, le truppe inglesi incaricarsi di difendere lo statu quo?

    L'Austria è un'assurdità non meno grave. Come può vivere così come è stata ridotta? Con una capitale di poco meno di 2 milioni di abitanti e una popolazione complessiva di poco oltre 6 milioni e mezzo, ha bisogno di soccorsi e di aiuto e soffoca nei suoi ingiusti confini. Una formula ipocrita del trattato di Versailles la difende da ogni unione con la Germania, cioè impedisce a un popolo tedesco di unirsi spontaneamente ad alcuni popoli tedeschi. Se domani l'Austria vorrà rinunziare all'iniquo divieto, camuffato come protezione, devono i soldati di liberi paesi come l'Inghilterra, intervenire per la difesa dell'arbitrio?





    E come vi può essere l'illusione che l'America si carichi il peso di queste assurdità? E come si può credere su una pace a buon mercato basata sulla ingiustizia? e perché gli Stati Uniti di America senza essere obbligati da alcuna necessità, dovrebbero caricarsi il peso di tutte le discordie europee e accettare la possibilità di guerre ingiuste fuori del loro territorio? Perché dovrebbero costituirsi come gendarmi di trattati di pace che il Senato nella sua saggezza non ha approvato e che la coscienza pubblica ha respinto?

    La riduzione degli armamenti in Europa viene sopratutto come una necessità economica: è la conseguenza della crisi. Viene anche per un fatto morale: dopo dieci anni di violenze la stanchezza è in tutti. L'idea di arrivare alla pace senza una definitiva sistemazione delle Riparazioni, senza la fine degli eserciti di occupazione e senza la revisione delle più gravi ingiustizie dei trattati, è soltanto un'assurdità. Londra e Ginevra sono soltanto due tentativi di ragionamento dopo una cattiva ubbriacatura. Ma il ragionamento che può convincere e agire noi lo attendiamo ancora.

    La Gran Brettagna e gli Stati Uniti di America possono con il loro atteggiamento, agire utilmente in favore della pace. Ma occorre che d'ora in poi ogni discorso sulla pace sia spogliato del frasario di retorica e di falsità che dura ancora.

FRANCESCO NITTI