Del popolo grecoSe ad Atene le infinite sovrastrutture e la falsità delle imitazioni dall'estero impediscono di percepire una sostanza profonda ed unitaria, che costituisca il carattere della nazione, ciò è più facile conoscendo la vita della provincia, studiando l'animo e le manifestazioni del popolo nelle varie regioni. Qui, mentre la semplicità impedisce tuttavia all'artifizio di celare il reale sentire, il tenace spirito conservativo perpetua le immediate espressioni popolari. Alla smania di modernità di Atene, si contrappone dunque lo spirito delle provincie. Per la loro stessa posizione, isolate dal mare o da alte montagne, poveramente comunicanti una coll'altra, ristrette ciascuna in sé da una economia rudimentale e completa, producendo ogni regione quasi tutto il proprio necessario e poco abbisognando di scambio, esse hanno vissuto sempre una vita raccolta, limitata allo stretto ambito dell'isola o della vallata, lontana da contatti e da influenze, ed hanno così salvato la loro particolare individualità, mentre negli abitanti si foggiava un carattere fiero, contento di sé e ostile ad ogni novità. Ogni provincia ha così un suo tono spirituale, e se ne avverte la differenza passando da una all'altra; la Laconia morbida e sensuale, l'Arcadia rude e inospite, la Beozia tarda e neghittosa, Creta forte e generosa, la Focide astratta e crudele; e conserva con cura gelosa il patrimonio tradizionale, siano canti e danze, siano costumi e fogge d'oggetti, siano le costumanze rituali che richiamano a volte alla mente di chi contempla ricordi di antiche età; anche se son cose cui la praticità e le nuove esigenze della vita consiglierebbero di rinunciare. C'è un bisogno di non abbandonare questo patrimonio, quasi si fosse consci di perdere con esso la propria anima fresca e immediata, e di cadere nell'uniformità della vita moderna. C'è un fresco arcaismo, un basare su pochi valori solidi ed elementari; quello che vantano con nostalgia i lodatori dell'ingenua vita del campo. Pare da principio che in questo restringersi in sé d'ogni piccola regione, respingendo ogni intromissione estranea, sia una delle manifestazioni dello spirito individualista dei Greci; e che pertanto, oltre il legame regionale, nessun altro più largo cementi tutte le provincie; fare che ciascuno viva per sé, e consideri tutti gli altri estranei, anziché unire solidariamente a sé tutti i compatrioti; né il contatto col cittadino di Atene disinganna, perché, sotto le parole patriottiche e i retorici richiami all'antico non c'è alcuna volontà di sacrifizio e sommissione a un comune dovere, ma ciascuno si considera estraneo al dovere che vorrebbe imporre agli altri. Ma ci si accorge poi che nella provincia la cosa è diversa: un senso di patria, anche incompleto e rudimentale, esiste, ed è vivo in tutti. Realmente un legame sincero stringe tutti questi uomini dall'eguale lingua; qualcosa assolutamente naturale e irrazionale, quasi fisico, ma efficente; quale ch'è vivo in tutti e risponde generosamente a toccarlo; è il senso della stirpe, acuito dalla lotta contro lo straniero, esacerbato dall'aspirazione alla libertà. Lo si capisce, constatando come sia presente in tutto il popolo, in qualunque luogo, il ricordo delle guerre per l'indipendenza. Fatti che la fantasia ha ingenuamente travisati, resi leggenda meravigliosa, sono sempre vivi nella memoria; non v'ha casa in cui manchino i ritratti degli eroi nazionali; non paese dove non si mostri con orgoglio il luogo in cui gli avi combatterono, vincendo in cento su migliaia di turchi; da allora data il senso di patria, e pare che di lì cominci la reale storia del paese, perché quello fu il primo sforzo comune; anche più sentito delle recenti guerre, che sono nelle menti pallide ed estranee, solo ricordo di terrore; dovere penoso e doloroso, solo dovere, mentre le prime vero atto di volontà di cui rimane eterno l'orgoglio. Ma questo legame vale più di fronte agli altri che in sé stessi; uno spirito che rinasce solo in cospetto dello straniero, ma che nella vita interna non è valido e non consiglia. E' fatto di ricordo, né ha un volere, una linea definita per il futuro. E' un legame negativo, da cui può nascere una resistenza, anche una reazione, ma non una azione tutta nuova; legame conservativo, materiato di passato e di tradizione, ma che non sa trarre voci per il futuro: lo si vede negli ultimi anni. Esso è troppo naturale e rudimentale; non è diventato ancora cosciente, non s'è fatto legame spirituale, interiore, con una tradizione di coltura, con una meditazione della propria storia, con un esame cosciente della propria realtà; così non dà alcun senso di solidità e d'equilibrio; è incerto e fantastico, paramento popolare. Nell'azione il buon fondo si smentisce; esso è estraneo specialmente alla vita politica, che ridesta altre molle e solo su esse fa base. Si ha così l'assurdo di una bontà non efficente, che resta inespressa, o ristretta solo a poche forme, incapace di respiri più ampi. Ci sono due campi assolutamente estranei; in uno essa domina, all'altro è estranea, e ci spadroneggiano l'egoismo, la furberia, la retorica. Questo cozzo di due rigidi opposti, questo passare da una bontà troppo istintiva e quindi incapace di volere, ad una vita d'artifizio, priva di sostanza e di valore, tessuta di sforzo retorico, senza una soluzione media, si può raffigurare nell'opposizione tra Atene e la provincia: due incompletezza irreducibili da cui risulta la vita della Grecia. PIRRO MARCONI.
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