SPIEGAZIONI
al lettore troppo candido
Il mio tenue scrittarello, a scherzo, su Ojetti imbronciato, pubblicato nel n. 47 di Rivoluzione Liberale (1924), fu letto e divertì. Di questo ne, ero sicuro fin da quando lo scrivevo. Ma non prevedevo, allora, un altro caso: che cioè lo scrittarello canzonatorio sarebbe stato preso sul serio da molti lettori candidi, troppo candidi.
Ecco quanto è successo.
Da parecchie parti mi si sussurra o mi si rifischia, che dopo essersi divertiti alle spalle del mancato senatore Ojetti, molti fanno delle smorfie, o, come si dice anche delle"riserve", sul mio buon gusto, e sulla buona lega dello scherzo. "Si, va bene, ci piace. Ma però, quel G. A., lasciamo andare! Un po' di faccia, anche lui! Si fa invitare, si fa portare in automobile da Firenze a Arezzo, e l'altro gli offre ancora una colazione: e in tutto contraccambio, lui spiattella sul giornale le debolezze del suo grazioso ospite, e i discorsi fatti e ogni cosa. C' è un limite, perdinci, anche, per i giornalisti spregiudicati e scorbellati! Quel G. A. se ne è dimenticato. Sarà di moda, ma non mi piace".
Queste brave persone avrebbero ragione, se io avessi raccontato una gita vera. Ma resta ben stabilito e chiaro, invece, che tutta la mia automobilata con Ojetti è inventata da capo a fondo.
-Oh! Ma come?
Peggio per voi: io lo dissi ben chiaro nel tiloletto a occhiello: Cose mai viste. Mai visto Ojetti. Mai vista la villa di Ojetti. Mai visto l'automobile di Ojetti. Cose mai viste, insomma, nella piena e ingenua accezione della parola. - E del resto quasi arrossisco di dover spiegare a dei lettori di Rivoluzione Liberale una cosa così evidente, che traspariva, che lampava da tutto l'articolo.
- Ma certi accenti, certe impressioni di gesti che l'Ojetti li fa davvero:
Scherzi della penna. La penna mi piglia la mano. Non posso presentare un uomo incolore inodoro insaporo. Allora me lo immagino. Ferdinando Acton, che era un ammiraglio borbonico e un uomo di spirito - lo spirito, in Italia, è sempre borbonico - a uno scemo che gli chiedeva se conoscesse il tedesco, dispose così:
"No. Ma me lo immagino". Così rispondo io, debolmente imitando. "Conoscete Ojetti?" -
"No. Ma me lo immagino" E me lo immagino anche molto agevolmente. Ci sono degli uomini facilmente immaginabili. Ojetti, che crede senza dubbio, d'essere un tipo singolarissimo, di fare spicco, di avere dei caratteri e dei segni spirituali tutti suoi, è invece un italiano di tipo corrente. E' un'altra delusione che gli dò, lo capisco: ma ci sono stato proprio tirato dall'inverosimile candore dei suoi ammiratori. Di essere un originalissimo uomo, non può darlo ad intendere a noi.
Debbo aggiungere, per la verità, ch'egli è un cortesissimo corrispondente: almeno come il senatore Paolo Boselli, che a furia di rispondere puntualmente e gentilmente a tutte le lettere e a tutti i biglietti da visita e a tutti gli opuscoli di poesie inviatigli in omaggio, fini per diventare Presidente del Consiglio, ed ancor oggi tutti lo chiamano "venerando". Di Ugo Ojetti - che un giorno, certo, sarà chiamato "venerando" anche lui - io posseggo fra l'altro una lettera, singolare documento di affabilità. In questa lettera egli chiama il Mussolini "mio vecchio amico". E tanto basti, o troppo candidi lettori, a confermarvi quanto dicevo: che il monocolato ed elegantissimo scrittore è un italiano di tipo corrente. Anzi, dozzinale.
G. A.
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