La Vita Internazionale

Atene la metropoli

    "Che vi pare di Atene?". - E' la domanda che più spesso si sente fare il forestiero in Grecia, e il sorriso trionfale che l'accompagna attende solo una risposta; a suscitare, poi, approvando, facili eloqui, si sentono affermazioni e confronti straordinari; Berlino Parigi, Londra; che è tutto ciò di contro ad Atene?

    E' uno dei punti deboli dei Greci; non ammettono contraddizioni; nell'argomento, la loro presunzione non ha limiti né freni. Atene, la più bella, la più ricca, la più gaia città d'Europa.

    Quando il provinciale, caduto dal paese nella capitale, si trova stordito nel chiasso polveroso di cento automobili che si rincorrono sulle vie mal selciate; o nel formicolio di tanti uomini che empiono a tutte le ore i marciapiedi, urtandosi, inciampando sui piedi di quelli che incrociano; o nel brusio dei grandi caffè sudici e fumosi, pieni dall'alba alla notte di fannulloni affannati in interminabili discussioni politiche e sognanti irreali paradisi; allora lo stupore lo coglie e pensa attonito che veramente nulla v'ha al mondo che eguagli Atene. Quando l'ateniese esce a passeggiare per le vie della città amata, si specchia nelle mostre dei negozi pieni delle penultime novità europee, contempla l'eleganza caricata e vistosa delle bellezze nazionali, constata che il numero delle automobili aumenta sempre, allora una facile sodisfazione lo riempie, va orgoglioso come d'un proprio merito, e accarezza cogli occhi la propria creatura, quella che fa grande la patria di fronte all'Europa (l'opinione dell'Europa, ecco la grande preoccupazione!).

    Atene, la città in cui nulla d'esotico manca, paradiso dei gaudenti, a cui il Falero schiude bische lussuose, e raffinati luoghi di divertimento; Atene, l'ipertrofica città verniciata all'europea , la città dai molti volti contrastanti, in cui un fervore superficiale ed a nessuna sostanza aderente cerca di celare il fondamentale vuoto.





    Si cerca che cosa essa rappresenti, che cosa s'accentri in essa, oltre a tutto ciò ch'è proprio d'una sede di governo, e a ciò che serve al forestiero in cerca di sensazioni tra i ruderi antichi, per giustificare il traffico vertiginoso, l'accumularsi di tanta gente nei quartieri interminabili di squallide casette e capanne, stesi a colmare la piana dell' Imetto fin quasi al Pireo affaccendato ed operoso; per capire la ragione dell'esistenza, di questa grande città nell'Attica arida ed assetata, e nella nazione Greca modesta di risorse e di attività.

    Abitandovi, si avverte che essa, è cresciuta ipertroficamente, quando nulla era preparato per accoglierla; nessun servizio pubblico vi è regolare e completo, dall'acquedotto sudicio ed infetto alla deficiente illuminazione, dal disordine delle comunicazioni interne al pietoso stato delle strade; si sente una frettolosità di iniziative private per supplire alle deficenze, che non arriva però a cancellarle.

    Questo enorme aumento di Atene risale a pochi anni or sono, alle guerre balcaniche; prima era una tranquilla cittadina, paradiso dei ricercatori di antichità, che ci trovavano l'ambiente idoneo per le illusioni che cercavano di far vive; piccola capitale di uno staterello di poche risorse e di scarso territorio. Solo dopo le guerre, e specie dopo quest'ultima, una quantità di gente si rovesciò dalla provincia nella capitale, cercandovi la ricchezza, la fortuna o il piacere; e l'ultimo aumento lo portarono le migliaia di profughi dall'Asia, che ancor oggi abitano, nei dintorni, sudici accampamenti o miserabili baracche.

    Ma in questo rovesciarsi della provincia nella capitale, in questo alternarsi dello scambio tra l'una e l'altra, c'è qualcosa di irregolare e di malsano, da esso è determinata l'instabilità, l'insincerità della vita d'Atene. C'è troppo di superfluo, di parassitario, nella città; c'è troppa gente che vive di espediente, di incerto; la si sente come una incrostazione che minaccia la sanità del fondamento; c'è tanta gente che non ha nulla di proprio, e che cerca affannosamente di servire, di coprirsi dell'altrui valore, che si precipita ovunque ad offrirsi, che si intromette nello scambio commerciale confondendolo, aumentando a dismisura la già lunga catena tra la produzione e il mercato, che inventa i modi più disparati di sfruttare la noia e la curiosità del pubblico; e insieme una incredibile quantità di sfaccendati, che empiono da mane a sera i caffè, o ciondolano come sonnambuli per le vie.





    Nei suoi mille volti, Atene non ne ha uno di proprio; un carattere distintivo, un'anima; accanto a ciò ch'è accattato allo straniero, si sentono le molte individualità, le province che compongono lo Stato; ma nessun valore complessivo. Le singole unità conservano il proprio carattere, l'ateniese è amorfo, senza sostanza; il provinciale che arriva alla capitale, finisce col perdere la propria particolarità, assumendo un tono ambiguo e artificioso. Una vita greca caratteristica e sincera c'è nel territorio; in Atene si trova solo la brutta copia di una città europea.

    C'è una gran febbre di imitare l'Europa ma d'essa ci son solo le forme più esteriori, nulla di ciò che ne costituisce il fondamento, della vita spirituale.

    Così, nell'animo dell'ateniese, di sotto all'attività esteriore e voluta, si trova uno sconfortante vuoto, un disinteresse pieno di sufficienza; come tutti gli inattivi, egli sprezza ciò che fanno gli altri, senza produrre nulla; un fondo di arido cinismo, che irride a tutto ciò che vede intorno.

    Questa è Atene, miraggio di tutti i greci; abitarvi, e vivere, sia pur di riflesso, solo per vedere, della sua artifiziosa vita, questo sognano i provinciali; pare d'aver l'orizzonte più largo, e di lì si schernisce il paese, onesto e sano, se ne deride la ristrettezza, come si possedesse chi sa quale grandezza. E i cittadini tanto le son legati, da non potersene staccare per nessuna ragione; la sognano sempre nella lontananza, e credono che solo in essa si possa vivere, solo in essa adeguano i desideri e i sogni di grandezza; che i destini della patria si compiano non lavorando a crearli lontano, nelle provincia o all'estero, ma discutendo o facendo politica nei suoi caffè e nelle sue vie.

    Atene, remora e malattia della Grecia.

PIERO MARCONI.