REVISIONEL'Europa è troppo stanca, e troppo economicamente logora per fare subito nuove guerre: ma dopo il 1919 non ha fatto che prepararle. Gli autori del trattato di Versailles determinarono il caos: forse pensarono che anche la creazione nacque dal caos. Ma in realtà non fecero che il caos senza la creazione. Questo è un libro di amarezza e di sincerità e niuna cosa ho voluto tacere di quanto potevo dire senza venir meno ai miei doveri di uomo di governo e di capo politico. A me, e dopo di me a Lloyd George, è stato rimproverato di aver rivelato al pubblico fatti e documenti che non erano destinati alla pubblicità. L'accusa non è giusta, in quanto le nostre pubblicazioni sono venute fuori dopo quelle di Tardieu, di Baker, di Lansing e di molti altri uomini politici, che hanno fatto, nell'interesse delle loro tesi, pubblicazioni di documenti assai più gravi. D'altra parte non è possibile che un uomo politico, lasciando il governo, non sia obbligato, nell'interesse stesso delle verità e delle idee che difende, a dare gli argomenti di cui disporre, tanto più quando le parti avverse pubblicano ciò che giova alle loro tesi e spesso volontariamente ignorano o mutilano ciò che è contrario. E' difficile dire a chi spetti la responsabilità della guerra. E' stato, come Lloyd George ha riconosciuto, un poco di tutti: siamo inciampati nella guerra quasi senza accorgersene. I documenti pubblicati a Mosca e a Berlino, e anche in paesi neutrali, ci mettono in grado di affermare che la responsabilità unica della guerra attribuita alla Germania e ai suoi alleati dal trattato di Versailles è una falsità storica. Ormai vi sotto tutti gli elementi per giudicare le responsabilità rispettive della Russia imperiale e della Germania e l'azione della Francia nel contrasto fra i due più grandi gruppi europei. Se è difficile dire a chi spetti la responsabilità della guerra, è facile dire a chi spetti la responsabilità della pace, considerata come modo di continuare la guerra. Tutti i tentativi sono stati fatti per dissolvere la Germania e per romperne la unità: questi tentativi hanno avuto per effetto di rovinare tutta l'economia continentale, di creare un'Europa balcanica e di compromettere gravemente la situazione dei vincitori. Dopo sei anni di errori e di colpe, la politica dei trattati e il sistema delle riparazioni come modo di distruggere i vinti, sono in completo fallimento. Per non precipitare essi stessi, i vincitori nel continente sono costretti a rinunziare a tutti i loro programmi. La revisione dei trattati non ostante tutte le manifestazioni in contrario, diventerà inevitabile. La vita stessa per gli uomini intelligenti non è che un continuo processo di revisione e una opera che pretese sistemare tutta l'Europa e che riescì solo a dissolverla, non può non essere riveduta. Sono del resto i fatti che s'incaricano ogni giorno della revisione. In qual modo deve compiersi? E' possibile arrivare senza nuovi e più formidabili urti? Molti sintomi di ravvedimento si sono manifestati e molte speranze dei profiteurs de guerre e della reazione sono cadute; ma l'orizzonte è ancora fosco e non sarà sereno fin quando le verità fondamentali non saranno riconosciute e non cesserà il pregiudizio che attribuisce a una sola parte la responsabilità della guerra. E' perciò che nell'interesse della pace io ho cercato di contribuire alla conoscenza ed alla diffusione della verità e sono lieto se i miei libri e i miei articoli, diffusi in tutto il mondo in moltissime lingue, hanno contribuito a questo scopo. Questo libro più che i precedenti riassume le mie idee e i miei propositi. Esso è stato scritto nella solitudine della mia villa di Acquafredda sul Tirreno, durante l'estate del 1923. L'ultima parte è stata rifatta a Zurich, in Svizzera, nel settembre del 1924, tenendo conto degli avvenimenti che si sono succeduti e sopra tutto delle conferenze di Londra e di Ginevra. Dopo che nell'autunno del 1922 i fascisti italiani con una spedizione armata, occuparono Roma e s'impadronirono del governo, io non volli più partecipare alle riunioni del Parlamento, né volli mai riconoscere il fascismo come governo legale. Il capo del fascismo che è stato fino a pochi anni or sono comunista e rivoluzionario, assumendo la direzione del governo, aveva dichiarato il più grande disprezzo per il Parlamento, aggiungendo che dell'aula sorda e grigia della Camera dei deputati poteva fare un bivacco per i fascisti e che la Camera poteva mantenere a suo piacimento due mesi o due anni. Aveva manifestato anche ripetutamente la sua avversione per la democrazia e commemorato il cadavere putrefatto della libertà. La libertà di stampa, la libertà di riunione e le prerogative parlamentari sono di fatto abolite in Italia. In novembre del 1923 la mia casa di Roma è stata assalita e saccheggiata dai fascisti armati di rivoltelle e bombe a mano ed agli ordini dei funzionari dello Stato, senza che gli autori del reato siano stati puniti e anche per molto tempo soltanto ricercati. Io non ho voluto mai dunque riconoscere il fascismo se non come un governo di fatto, ma non come un governo di diritto; ma ho voluto astenermi dal combattere per non contribuire a determinare larghi movimenti rivoluzionari in Italia. Ho preferito in questo periodo destinare tutta la mia attività all'opera di Pace e di ricostruzione dell'Europa, convinto che l'Italia dovrà tornare presto, spontaneamente, alle sue tradizioni di democrazia e di libertà. Il fascismo si è dichiarato nazionalista e imperialista, due cose che in realtà si escludono. Ma il suo imperialismo è piuttosto una espressione letteraria, perché non potrebbe essere rivolto che contro la Francia, la Gran Brettagna e l'America: ciò che è non solo difficile, ma estremamente ridicolo. In quanto al nazionalismo, si tratta della più stupida e perversa dottrina, frutto d'ignoranza e frutto di pregiudizio, che se è dannosa a tutti i popoli, è funesta per l'Italia, che ha piccolo territorio, grande popolazione, mancanza di materie prime e quindi ha più bisogno di libertà, di scambio e di sicurezza nel mercato internazionale del lavoro di qualsiasi altro popolo d'Europa. Qualcuno troverà forse che in questo libro vi è un'ombra di pessimismo: eppure nessuno più di me é convinto che, dopo tanti errori, si dovrà andare verso una generale revisione del passato e preparare con la unione doganale degli Stati europei la futura e forse non troppo lontana Federazione politica. Al punto in cui noi siamo giunti, o l'Europa dovrà continuare nei suoi errori e inabissare; o dovrà mutare strada, sotto la pressione della necessità e orientarsi verso vaste unioni economiche e politiche. Molti sintomi lasciano sperare che il cambiamento d'indirizzo sta per prodursi. Bisogna alimentare queste nuove forze di vita e combattere gli elementi della reazione e della violenza: e questo è il grande compito riserbato agli anglosassoni, che come furono nella realtà i vincitori della guerra, devono sentire l'inestimabile orgoglio di potere con un'azione decisa e continua, essere i veri vincitori della pace. Ma perché qualunque opera di rinnovazione sia possibile è necessario sopra tutto distruggere i pregiudizi e fare, anche con il sacrifizio personale, opera di verità. NITTI.
Rivoluzione Liberale pubblicando lo scritto originale che precederà l'edizione inglese della Tragedia dell'Europa offre per prima in Italia un documento del pensiero di Francesco Nitti dall'esilio. |