LA POLITICA DELLA RAGIONEIo credo che quando i nostri nepoti parleranno di questa epoca bizzarra e tumultuaria, affermeranno come prima cosa inequivocabile che l'umanità in genere e quella italiana in ispecie, è uscita dalle lotte della guerra in uno stato di vera follia: sensibilità morbosa, che va da una eccitabilità allucinatoria ad una indifferenza di vera anestesia; affettività irregolare, che va dalla commozione infantile alla più cinica atonia emotiva, propria dei delinquenti; ideazione demente, che va dalle... parole in libertà, alla lenta e timida connessione logica delle idee... liberali; volontà ammalata, che dalle impulsività oratorie del Duce va all'abulia più completa di tutta una serie di uomini, che sopportano in silenzio gli avvenimenti e le parole più gravi. E' tutto un campionario su cui un Max Nordau avrebbe largamente da mietere per nuovi studi di patologia sociale. Il Rensi, in un suo libro recente, ha dimostrato che la ragione è una illusione... irrazionale e di questo paradosso, dopo di cui non ci sarebbe che da starcene silenziosi in attesa degli eventi, si sono impadroniti alcuni politici del nuovo regime, per combattere la democrazia, in nome dell'irrazionale e per giustificare il partito, che ci guida con tanta soavità, ma con altrettanta mancanza di principii direttivi. Né per questo si può dire che la lotta contro il rigido logismo dei principii sia un ritorno ad un giovanile e capriccioso romanticismo: perché contro il vecchio e tenero romanticismo ha scagliato le sue quadrella il fascismo, per la penna di Suckert e di Soffici. Dunque? Caos completo! Da che politica è stata politica, i discorsi giustificativi sono sempre stati i preferiti, per accettare i fatti compiuti, per accomodar la propria coscienza ad ogni nicchia, ma oggi non si ha neppure il pudore di volersi giustificare: si muta di casacca dall'oggi al domani, per scampare una bastonatura, o per avere un posto in Senato e non si perde tempo a spiegare, a giustificarsi: siamo in epoca di dinamismo. Vi è chi parla troppo, come il Duce, e muta opinione ad ogni tappa dei suoi viaggi, v'è chi non parla affatto come Giolitti, come Orlando, come Salandra, e fiancheggia la più mutevole politica che mai si sia vista. "Diffidare della ragione raziocinante, ecco il verbo dell'avvenire"; tale è la ricetta, che ci appresta il generale Filareti, che non ha guidato mai nessun esercito, ma ha fiancheggiato la marcia su Roma. Loda l'era dei sovrani assoluti, perché allora non v'era possibilità di girellismo e, guarda caso, mai girellismo è stato tanto in auge, come da quando il nuovo dispotismo in Italia ha detronizzato la sovranità popolare. Giustificare il relativismo della politica d'oggi, col metafisico presupposto che il mondo stesso è un mistero irrazionale, potrà piacere a tutti coloro, che oggi fanno getto delle loro idee, per rassicurare o riempire le tasche proprie, ma è certo un principio, che offende l'uomo nella sua più nobile natura, nel suo pensiero, che vuol dire coerenza. Mostrare tutte le malefatte della politica è cosa facile, tanto se si prenda in esame quella dispotica quanto quella parlamentare; ma dire che la politica è in antitesi con la ragione, perché è realtà in atto, val quanto dire che è reale, se è... irrazionale, se è folle, se è bestiale. Ora una responsabilità della politica c'è come di ogni azione umana; e se nel vecchio regime (e nel nuovissimo), essa era solo intesa a soddisfare il capriccio di un despota, sul cui viso ogni suddito atteggia il proprio, nel nuovo regime, cioé in quello democratico solo chi sa far valere le proprie ragioni in libera discussione può reggersi e progredire. La politica dell'irrazionale cos'è, se non la politica del caso, del capriccio, dell'arbitrio; politica senza legge, senza fine, senza base in cui la difesa del proprio tornaconto si chiama difesa degli interessi nazionali? I mestatori trionfano e restano tranquilli sui loro scanni, avvolgendosi d'un pirotecnico apparato di forme e di frasi, che bea e beffa i cortigiani plaudenti. Consigliar la politica dell'irrazionale val sempre dunque quanto consigliare di non far politica, ciò che è sempre piaciuto - ieri come oggi - ai despoti d'ogni calibro. E' follia o è urlo di disperazione di fronte al male così profondo che sta corrodendo questa Italia, sulla cui giovane vita stanno oggi affiorando le roseole delle mille infezioni ereditate da tante e così vane vicende di servaggio? Ragionare non vuol dire perdersi in ma e se, ma vuol dire volere un fine, volerlo nella realtà e contro la realtà se essa è quotidiana offesa alla coscienza morale, all'umanità. E oggi ragiona più il tenace bracciante di Molinella che l'erudito professore: quegli sente la dignità della sua persona ch'egli difende anche affrontando la fame; questi, avendo perduto nelle vane esteriorità della vita, il senso della sua vera dignità interiore, per non perdere il posto o per far carriera, accetta il regime, cui appresta sacrifizi ed apologie. La ragione non è solo la fredda madre dei concetti e non s'oppone all'immediata originalità dell'intuizione. Certo la ragione dell'intellettuale, che oggi dimostra come qualmente egli possa indulgere al despotismo, pur essendo stato, puta caso, socialista rivoluzionario, è piuttosto comodo sofisma, vano come la spuma del mare. E' ragione invece, e vera espressione d'umanità la rigida intransigenza del semplice uomo di lavoro, che oppone con fierezza tutto il suo spirito al regime chel'offende e l'opprime. La voce d'umanità è sfuggita agli accomodanti ceti intellettuali ed è espressa dalle aspirazioni delle masse lavoratrici, che veramente sanno quale politica diritta possono compiere. Avulsa dalla considerazione delle masse, la politica ridiventa superficiale dilettantismo come nel vecchio regime. E' la politica del cortigiano che non soffre e non ha da lottare per sanar sofferenze: egli serve e servendo si arricchisce. E son tanti i modi di servire! Invece nel mondo moderno il lavoratore sa che nella politica si tratta di cosa sua, di interessi suoi, della sua vita, della sua libertà; egli ha una politica reale da svolgere, attaccato al suo buon senso, e che non è cosa di lusso, né irrazionale. ALFREDO POGGI
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