L'eroe fanciullo

    Ecco che nell'agone politico, dopo tante male parole e tanti gesti apparentemente brutali, il più giovane dei figuranti riesce a toccare una nota di tenerezza. Era un pezzo che si sapeva. Ponzio di San Sebastiano, medaglia d'oro autentica, sventolatore di bandiera ideale su la cima del Solarolo che spuntava in quel giorno oltre la vita, bravo e assiduo studente, modesto bibliotecario al Senato, accorato e silenzioso gregario dell'Associazione Combattenti, e oratore nei congressi trepido di timida gioventù e d'inesperienza, tra le fortune dei fascisti era passato, rarissimo esempio, come se non se ne accorgesse, benevolo e guardingo, incolume e fidente; strumento non conscio e idealizzatore senza retorica. Se i tempi fossero trascorsi, gli eventi fossero maturati in relativa tranquillità, dopo un certo numero d'anni il probo Ponzio, addestrato ad una realtà più triste, stanco degli uomini rudi o finti, avrebbe potuto ricordare tutte le sue faticose intenzioni e i fatti, così staccati della sua immaginazione, sul metro dell'elegia. Ma c'è nell'aria un'empietà che non rispetta e non riconosce né le assunzioni di responsabilità precise, né questi riposi spirituali. C'è un'animosità paurosa, insofferente e dell'effettuale opposizione che le si erge contro con la forza, e della purità che non distingue, si associa e perciò compromette, si fa un'arma quasi micidiale col candore della sua debolezza. Il fato tragico è la ricompensa che sola dal fascismo poteva esser resa al valore di Matteotti; ma di quell'insegnamento eran degni soltanto gli animi disperati. Tutti gli ingenui, che paventano le idée e non sanno raffigurarsi la dura catena a cui esse costringono la vita, riconoscono invece in Ponzio un loro fratello, e adesso finalmente capiscono che razza di galera, per loro, fosse il fascismo, e in quale vellutata schiavitù s'impigliasse la loro fede.





    Se c'è un raffinato martirio morale è proprio questo: convertire l'elegia in tragedia. Nella prosa il Ponzio voi sentite come il disperato sforzo di raggiungere il tono in cui l'han fatto precipitare, e l'inadeguatezza dell'anima che si trattiene in un paese che non gli sembra ancora vano, che assiste al tramonto d'una fantasia bella come un amore e non se ne consola. C'è troppo residuo di fede perché lo schianto sia completo e non rispuntino nel fluire della parola, suo malgrado, le impossibili speranze; e ricorre ai partiti più personali e più penitenti questo povero figliuolo che trova l'accento d'un colpevole per rimproverare le malefatte altrui. Desidererebbe di chiuder gli occhi, di partire; l'esilio, la menzogna più tosto di questa chiara certezza.

    Le cose sono più grandi di lui; ma almeno si può dire a suo discarico che non volle misurarsi con esse e chi lo adescò alla prova forse ebbe un presentimento del disastro crudele. Accaparrato, attorniato, giunto a pregustare gli onori e a quel punto dove l'ebbrezza comincia appena e non ha nulla di ripugnante ma anzi una gaiezza che invita, quale virtù l'ha saputo trattenere e gli ha insegnato la via dove la sua moralità si salva ? Per la prima volta, forse, osserviamo la guerra, in sé, senza echi retorici, benefica; è l'eroismo dimostrato un bene e una dignità vitale, un valore umile che accompagna e organizza un uomo, preservandogli quasi divinamente la sua giovinezza.

    Al "fanciullino"che Pascoli amò, alla purità che non è mai un nome vano, ci si fida con perfetta letizia. Se tutti si imparasse a mettere nelle polemiche e nell'ironia che ci serve un po' di considerazione e di rispetto per gli uomini in quanto puerili, sarebbe un gran bene. Dai nostri occhi non sanno più cadere le lacrime; o ce le ribeviamo in segreto come un'ignominia. Ma chi ha il coraggio di piangere in pubblico, noi dobbiamo innalzarlo su la nostra stima; e ci possiamo per un momento convincere che fra tanti logici e pazzi egli possa aver ragione.

U. M. DI L.



    In questa nota si tocca con una simpatia che non condividiamo di una questione di psicologia ma il nostro giudizio sul fenomeno politico che vi si connette è già stata dato pur con tristezza e senza troppe indulgenze.

(N. di R.)